Miart 2021: i 10 migliori stand in fiera
Avete già visitato la fiera milanese? Ecco la classifica dei 10 migliori stand che partecipano alla venticinquesima edizione di miart, secondo Artribune.
La fiera milanese dedicata al contemporaneo ha aperto finalmente le sue porte dopo un anno di stop, e rimane visitabile fino a domenica 19 settembre 2021 negli spazi di Fieramilanocity. Un’edizione particolare, che riparte con prudenza – il numero degli espositori è leggermente inferiore rispetto a quello degli scorsi anni – ma anche con la voglia di tornare a incontrare il pubblico e i collezionisti, e con proposte di qualità. Quest’anno, la classifica dei top stand di Artribune è dominata in gran parte da gallerie italiane e soprattutto milanesi, ma non mancano espositori da altre città, come Bologna, Firenze e Brescia. Abbiamo voluto premiare, in particolare, stand che hanno deciso di presentarsi a miart con mostre personali dedicate ad artisti affermati e mid carrier di particolare rilevanza, presentando approfondimenti che ne ricostruiscono al meglio il percorso. Troverete, tuttavia, anche dialoghi a due, collettive, nuove proposte e in piccola parte gallerie straniere, in attesa che la situazione sanitaria globale permetta di tornare a godere di un’edizione internazionale così come eravamo abituati. Non perdetevi in questi giorni anche i numerosi eventi e mostre che riempiono la città di Milano durante l’art week: per rimanere sempre aggiornati, consultate e scaricate la nostra Agendissima.
-Giulia Ronchi
BUILDING, MILANO
Building esordisce a miart e lo fa in grande stile. La galleria milanese, nata nel 2017, partecipa per la prima volta alla kermesse con Il silenzio delle radici, un’installazione creata appositamente da Remo Salvadori (Cerreto Guidi, 1947) assieme a una selezione di importanti frammenti tessili antichi del XV e XVI secolo provenienti dalla collezione della Galleria Moshe Tabibnia. L’antico e il contemporaneo dialogano grazie alla ricerca artistica di Salvadori, incentrata sulla natura delle sostanze, sui sette metalli della tradizione storica, sull’uso dell’oro e dell’argento, sulla luce e sul senso di atemporalità che pervade la sua produzione. A caratterizzare lo stand, inoltre, è la grande parete curva su cui sono allestiti i lavori di Salvadori (mentre le opere tessili sono collocate a terra) che conferisce un maggiore senso di apertura spaziale e trova una soluzione alternativa al consueto layout da fiera.
ENRICO ASTUNI, BOLOGNA
Se passate per lo stand della galleria Astuni potreste imbattervi in due restauratori – con tanto di camice e strumenti da lavoro – intenti a trasportare quadri dal retro della galleria e appendendoli alla parete rosa (in alternativa, potrete osservare l’azione sul video proiettato a fianco). Si tratta di una performance di Christian Jankowski (Gottinga, Germania, 1968) – per la quale sono stati coinvolti alcuni studenti dell’Accademia di Brera – fondata sul processo di esposizione-rimozione dell’immagine. La memoria e la sua cancellazione sono temi ricorrenti nella mostra Dimenticare ad Arte, curata da Lorenzo Bruni per lo stand di Enrico Astuni a miart 2021. Un fil rouge comune anche alle opere di Steven Pippin (Redhill, Regno Unito, 1960) che presenta una serie di macchine fotografiche analogiche ancora funzionanti che sono state modificate da elementi esterni. Della collettiva fa parte anche Maurizio Nannucci (Firenze, 1939), con il grande neon LOVE fatto da lettere sovrapposte che diventano quasi illeggibili, una forma di poesia visiva. Infine, Øystein Aasan (Kristiansand, Norvegia, 1977) infine, installa su diverse mensole disegni di bunker realizzati a memoria, accanto a immagini di opere d’arte scomparse durante la Seconda Guerra Mondiale e ricoperte di cera.
IL PONTE, FIRENZE
Di forte impatto sono le sculture composte da coleotteri di Jan Fabre (Anversa, 1958) presentate da Il Ponte di Firenze, che porta a miart un solo show dell’artista belga. Seppur con un allestimento che non convince del tutto (alcune opere come il grande abito, nascoste dal pannello anteriore e schiacciate contro il muro, finiscono per essere poco valorizzate), lo stand riesce a cogliere tappe importanti della produzione di Fabre, affiancando le installazioni a un autoritratto del 1988 – una stampa cibacrome di grande formato, pezzo unico – e tre grandi opere su carta, ad acquerello e penna bic, dei primi anni Novanta. La galleria collabora già da diversi da anni con l’artista: risale al 2015 la personale Knight of the Night – che ha anticipato di un anno quella tenutasi a Palazzo Vecchio di Firenze.
GIOVANNI BONELLI, MILANO
La maschera vista da due prospettive molto differenti: è il punto di partenza dello stand di Giovanni Bonelli, che a miart 2021 porta un confronto tra le opere di Luigi Ontani (Grizzana Morandi, 1943) e quelle Gonçalo Mabunda (1975, Maputo, Mozambico). Da una parte, l’immaginario magico e vitalistico di Ontani dà origine a forme surreali e variopinte, a tratti ispirate al volto dell’artista e rese lucenti dall’uso di pigmenti naturali provenienti dall’Indonesia. Le maschere, che a un primo sguardo sembrano realizzate in ceramica, sono in realtà in legno dipinto. Dall’altra parte, le opere di Mabunda – che ha rappresentato il Mozambico alla Biennale di Venezia del 2019 – evocano la tragica situazione sociale e politica dello stato africano, pesantemente segnato da sanguinosi conflitti: per comporre le sue maschere, infatti, l’artista utilizza armi usate e proiettili veri recuperati sul campo di combattimento. Le sue maschere, cupe e dall’aspetto ancestrale, si caricano in questo modo del dolore di un popolo martoriato e diventano grido di denuncia.
KAUFMANN REPETTO, MILANO
Fotografia, pittura, disegno e arte tessile: la personale che la galleria Kaufmann Repetto di Milano ha dedicato ad Adrian Paci (Scutari, Albania, 1969) nel proprio stand di miart abbraccia un’ampia varietà espressiva della sua produzione. Dalle opere più conosciute (come The Walk, still tratto dall’attualissimo video sulle migrazioni Centro di Permanenza Temporanea, girato in California nel 2007), a quelle meno note, come gli oli su tela che raffigurano immagini ispirate a video o film d’autore. Intense sono le due opere tessili (Untitled) segnate da un codice linguistico personale e intraducibile, ovvero le pagine del taccuino di una persona autistica che l’artista ha incontrato durante una visita nella comunità di Sant’Egidio a Roma.
NOME – BERLINO
Visualizza questo post su Instagram
Tecnologia, innovazione e sostenibilità ambientale sono al centro della mostra allo stand di Nome di Berlino, che presenta in un solo show i lavori di Marjolijn Dijkman (Groningen, Paesi Bassi, 1978). La ricerca dell’artista si pone al confine tra documentario e fiction, incentrandosi su una narrazione artistica che si fonde con la verità scientifica. Come accade in Reclaiming Vision, un film in 4K realizzato al microscopio in collaborazione con Toril Johannessen in cui forme di batteri e microparticelle acquatiche, contaminate con sostanze inquinanti, prendono vita in una sorta di coreografia. Intensa anche l’opera Earthing Discarge in cui l’artista sottopone diversi oggetti a scariche elettriche, producendo suoni e giochi di luce differenti a seconda degli oggetti impiegati. Un lavoro che porta con sé una forte denuncia sociale nei confronti dello sfruttamento dei paesi del Terzo Mondo, in cui metalli come il litio e il cesio vengono estratti per la costruzione di dispositivi tecnologici, impoverendo e impattando sulla popolazione locale.
MARCOROSSI ARTECONTEMPORANEA, MILANO
Si intitola Collage anni ’80 lo stand monografico dedicato a Marco Tirelli (Roma, 1956) dalla galleria MARCOROSSI artecontemporanea: si tratta di un grande collage di carte montate su tela che formano un’opera unica datata 1980, già esposta al MART di Rovereto nel 2009. Il lavoro affonda le sue radici alla fine degli anni Settanta, quando viene cominciato dall’artista senza mai essere concluso. “Il pensiero va alle cattedrali romaniche che, partendo da frammenti di pietre dalle storie più disparate, ridona ad essi un senso universale”, racconta Tirelli a proposito di questo lavoro. Il collage è composto da frammenti di opere, avanzi di materiali, residui di carte stese su tavoli da lavoro, e racchiude il senso di un decennio speciale (gli anni Ottanta, appunto), in cui l’artista ha visto la consacrazione della propria opera in Italia e nel mondo, grazie a importanti momenti come la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia nella sezione Aperto 82 con una sala personale.
PACI CONTEMPORARY, BRESCIA
Ritratti di nudo, ambientazioni domestiche, giochi di prestigio: il surreale e la follia entrano nella vita di tutti i giorni negli scatti di Leslie Krims (New York, 1942), esponente della fotografia americana presentato da Paci Contemporary a miart 2021. Numerosi scatti di varie dimensioni, che risalgono al periodo tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, sono esposti alle pareti arancioni dello stand in fiera, svelando il gioco ironico e irriverente del fotografo che ritrae il lato più recondito e destabilizzante di un’America “unofficial”. “Quello che ho fatto è stato ironizzare sugli aspetti più̀ radicali di una cultura”, scrive Krims. “Ho messo in chiave assolutamente sarcastica comportamenti e tendenze estremiste. Non sorprende se le mie immagini sono più accettate in Europa che negli USA ma a volte non capite in quanto critica culturale”.
LABS CONTEMPORARY ART, BOLOGNA
È delicato e silenzioso il dialogo tra le opere di Giulia Marchi (1976) e Greta Schödl (1929) presentato dalla galleria LABS Contemporary Art di Bologna, che partecipa a miart 2021 all’interno della sezione Generations. Una raccolta incentrata sul tempo, sullo spazio (fisico, mentale, architettonico) e caratterizzata dall’uso della parola, superficie di un universo stratificato. Tautologico è l’elemento linguistico nelle sculture di Schödl, che incide infinite volte la parola “marmo” su una lastra di marmo: un gesto che diventa quasi ossessione, rituale, registrazione del passare del tempo e della mutevolezza del sé. Antichi specchi e opache superfici riflettenti sono invece il supporto su cui Giulia Marchi riporta parole e stralci di brani tratti dall’opera teatrale Manfred Meditation dell’ultimo Nietzsche. Spazio anche a performance, scultura e opere su carta, in cui riferimenti al Labirinto di Borges e al mito di Ulisse raccontano una storia universale di spaesamento, dubbio, limite, errore e tutto ciò che connota le umane debolezze.
UNNO GALLERY – CITTÀ DEL MESSICO
Storia, contemporaneità, arte, design e architettura si fondono nello stand di Unno gallery, che partecipa a miart all’interno della sezione Emergent presentando un piccolo stand molto curato e dall’allestimento elegante. Il progetto prende il nome de La ciudad perdida (La città perduta) raccontando, attraverso le opere di C.S. Nuñez e Deceres Studio poste in dialogo, le origini ancestrali di una Città del Messico di epoca precolombiana. Come sarebbe stato oggi il volto della città se non ci fosse stata l’intromissione, politica e culturale, del colonialismo?
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati