Artissima 2021: le 10 opere da non perdere in fiera
Emergenti, internazionali, attenti alle urgenze della contemporaneità: la fiera torinese ha proposto al pubblico una selezione di artisti di qualità. E la classifica di Artribune non poteva essere da meno.
Anche quest’anno Artissima ha offerto ad appassionati e addetti ai lavori una fiera dal carattere internazionale, audace e attento ai temi più urgenti della contemporaneità (la decolonizzazione, il cambiamento climatico, l’attenzione alle minoranze solo per citarne alcuni). Come d’abitudine ci siamo cimentati nell’esercizio di trovare 10 opere da segnalare sopra tutte le altre. Compito arduo vista la quantità di lavori in mostra sparsi in 155 gallerie partecipanti. Nel risultato finale convivono installazioni imponenti e lavori microscopici e delicatissimi, opere pittoriche e tecniche innovative. Ma soprattutto, la selezione è dominata dalle artiste, alcune delle quali emergenti, a significare forse il cambio di passo di un mercato pronto – questo è l’auspicio – a sostenere professionalmente e concretamente anche il versante femminile dell’arte.
– Giulia Ronchi
MARINELLA SENATORE – MAZZOLENI
Impossibile non soffermarsi sulla grande luminaria esposta sulla parete esterna della galleria Mazzoleni ad Artissima, Dance First Think Later, realizzata con la collaborazione di artigiani pugliesi. Un messaggio lampante, pieno di energia, che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni e che si riallaccia alla pratica artistica di Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, Salerno, 1977) e della sua School of Narrative Dance, con la quale, dal 2012, porta nel mondo situazioni di performance collettiva e narrazione su tematiche sociali, politiche e culturali, offrendo al pubblico spunti di riflessione per generare cambiamenti.
NICOLA LO CALZO – PODBIELSKI
Non tutti sanno che San Benedetto il Moro, patrono di Palermo, nacque da schiavi africani agli inizi del Cinquecento nei dintorni di Messina: detto “Binidittu”, non solo è stato eletto a protettore sia degli afro-discendenti in America Latina sia dei Palermitani, ma è diventato anche icona di riscatto ed emancipazione a livello mondiale. A questa figura si ispira l’omonimo progetto di Nicola Lo Calzo (Torino, 1979), ospitato la scorsa estate presso Camera di Torino in una mostra realizzata in collaborazione con Podbielski Contemporary, galleria milanese specializzata nella fotografia politica. In Binidittu, l’artista ripercorre le principali tappe biografiche della vita del santo riattualizzandole e utilizzando come soggetti fotografici i migranti di oggi, raccontando la storia del passato e del presente attraverso una prospettiva decoloniale.
MARCO BRUZZONE – GALLERIA SUNDY
“Get over yourself!”: la serie CIAO MONDO di Marco Bruzzone (Genova, 1974) rappresenta un incitamento non solo a cambiare se stessi, ma a sovvertire – letteralmente – il mondo. E l’artista lo fa immergendo le proprie opere sotto la superficie del mare (dove restano fruibili per tre settimane), dando vita di fatto alla prima protesta sottomarina. Alla fine di questo periodo le tele vengono recuperate e lasciate ad asciugare, finché sulla loro superficie non restano visibili residui di organismi e alghe marine. Un invito ad abbandonare il tradizionale punto di vista antropocentrico che sta distruggendo il pianeta come unica strada percorribile.
GILLIAM BRETT – C+N CANEPANERI
Anche l’artista francese Gilliam Brett (Parigi, 1990) si interroga sui problemi relativi all’inquinamento e a un cambiamento climatico prossimo al collasso. Così la serie Smart food: better for you and the planet parte dalla domanda: come pensiamo di risolvere i problemi causati dalla sovrapproduzione e dalla tecnologia con la tecnologia stessa? Un tema su cui si interroga da anni, ma che risulta attualissimo soprattutto in questi giorni in cui è in corso la Cop26 di Glasgow, già considerata come un fallimento dagli attivisti ambientali. Allo stand di C+N Canepaneri è allestita quella che sembra a primo impatto una macelleria distopica, con salsicce e kebab – tra i prodotti più impattanti dell’industria alimentare – fatti di scarti di dispositivi elettronici tenuti assieme con una resina. Un effetto inquietante e al tempo stesso scenico, soprattutto grazie alla retroilluminazione che mette in risalto ogni dettaglio dell’opera.
SASHA PIROGOVA – GALLERIA TRIANGLE
Il frusciare delle pagine, lo sbattere delle nocche sulla copertina, il ritmo che si fa via via più calzante: nell’opera video BIBLIMEN, Sasha Pirogova (Mosca, 1986) dà vita a una danza collettiva in cui i corpi dei performer diventano tutt’uno con la Biblioteca di Stato russa, infrangendone per la prima volta le rigide norme che ne regolamentano l’accesso e celebrando un rituale magnetico, ipnotico, meraviglioso.
BARTI KHER – HUB INDIA
Hub India è l’assoluta novità dell’edizione 2021 di Artissima che, in collaborazione con Emami Art, presenta un focus geografico in fiera e nei musei della città offrendo una ricognizione su gallerie, istituzioni e artisti attivi in un’area d’importanza capitale. Si parte con l’India: tra le opere esposte all’interno del progetto curato da Myna Mukherjee e Davide Quadrio, abbiamo scelto le mappe di Bharti Kher (Londra, 1969), che ridefinisce l’assetto geopolitico del mondo applicando sulla superficie degli atlanti numerosi bindi indiani, l’elemento decorativo tradizionale che si mette sulla fronte a significare il “terzo occhio” spirituale, ma porta con sé anche valori legati all’età e allo status sociale.
JUAN PABLO MACIAS – GIAN MARCO CASINI
Scrivere con e attraverso la natura: è il caso di Syntax is the arrangement of the army (John Cage) del 2020 di Juan Pablo Macías (Puebla, Messico, 1974), presentato in fiera dalla galleria Gian Marco Casini di Livorno, in cui linguaggio, poesia, installazione e performance si fondono in una ricerca che tende verso l’anarchismo come critica della rappresentazione. L’opera fa parte di una serie nata nel 2020, quando l’artista ha cominciato a vedere delle lettere nei rami degli ulivi durante la potatura, fino a comporre dei testi, ripresi dalle citazioni di grandi autori del passato. L’installazione, che mette assieme l’immaterialità del linguaggio con la materialità dell’elemento naturale, è concepita come un anti-neon.
MARCO ANDREA MAGNI – LOOM GALLERY
“La vita è ciò che si produce nell’atto stesso dell’esercizio come una delizia interna all’atto, come se a furia di gesticolare la mano trovasse alla fine il suo piacere e il suo uso, l’occhio a forza di guardare s’innamorasse della visione, le gambe, piegandosi ritmicamente, inventassero la passeggiata”. Così dice Marco Andrea Magni (Sorengo, Svizzera, 1975) a proposito del suo lavoro, che ad Artissima si distingue con Oratorio, i due vasi in creta cruda e sabbia di clessidra esposti allo stand di Loom Gallery. Sculture fatte di “terra fragile, di ascolto e di tempo”, capaci di assorbire il suono e lo sguardo di chi si ferma ad osservarle cercando di estrapolare i molteplici rimandi incastonati nella materia.
DANIELA ORTIZ – LAVERONICA
Il polittico, formato da quattro lavori, riscrive una pagina di storia occidentale in senso anti colonialista, adottando il linguaggio artistico tradizionale delle vetrate istoriate gotiche. Europe will kneel to receive the anti-colonial spirit, 2019, di Daniela Ortiz (Cuzco, Perù, 1985), rappresenta una rilettura dell’iconologia del trionfo di Re Leopoldo III raffigurata nella Cattedrale di Saint Rumbold: non più un trionfatore, ma un usurpatore, che ha causato violenza e morte al popolo congolese.
MARTA NATURALE – FRANCESCA ANTONINI
Che ore sono nelle tele di Marta Naturale? Dove sono collocati questi luoghi, chi li abita? Tangibile è il mistero che anima le composizioni pittoriche di questa giovane artista, nata a Mirano, Venezia, nel 1990, la cui mostra è attualmente in corso da Francesca Antonini a Roma, esposta per la prima volta in una galleria. Scene dipinte a lente di ingrandimento, di sapore innegabilmente magrittiano, in cui la luce non indica un momento preciso della giornata ma una condizione straniata dello sguardo, in cui le forme delle case e delle siepi sono solide ma non rassicuranti e in cui l’assenza di persone raffigurate non esclude la presenza dell’umano. Raffigurazioni in cui la fissità suggerisce un’inquietudine in divenire.
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