Antiquariato, arte, design. Le tante anime di Mercanteinfiera a Parma
La storica fiera parmense dedicata all’antiquariato e al vintage si appresta a inaugurare la sua 42esima edizione, tra tradizione e novità. Ce ne parla in questa intervista Ilaria Dazzi, Marketing manager di Mercanteinfiera
Con i suoi oltre 40mila metri quadrati e circa mille espositori in arrivo da tutte le piazze antiquarie europee per mostrare le proprie scoperte a migliaia di visitatori, professionisti, collezionisti e cultori dell’arte e della memoria, apre il 30 settembre 2023 alle Fiere di Parma la 42ma edizione di Mercanteinfiera (con preview per gli operatori nei giorni 28-29 settembre 2023 e chiusura l’8 ottobre). Dal progetto nato nel 1981 da un’idea di Stefano Spagnoli – artista, intellettuale, esponente della cultura parmigiana –, la manifestazione è passata dagli 80 espositori degli inizi ai circa 300 delle edizioni successive, fino al migliaio di operatori oggi. Una fiera che nel tempo ha saputo creare un dialogo con le istituzioni e che crea un indotto di peso per l’intera città di Parma. Di tutto questo e altro abbiamo parlato con Ilaria Dazzi, Marketing manager di Mercanteinfiera.
Intervista a Ilaria Dazzi di Mercanteinfiera
Ilaria, come si organizzano e gestiscono 60mila presenze, 6.000 compratori e 1.000 espositori?
Un’edizione inizia a nascere circa sei mesi prima in termini di preparazione, i contatti utili a definire le strategie invece si avviano anche un anno prima; io parto cercando di capire e condividere con i colleghi le strategie da applicare all’edizione, i contenuti su cui vorrei focalizzare l’attenzione, e da lì si costruisce il percorso della comunicazione.
Qual è il lavoro che sta dietro a questo progetto?
La parte commerciale segue una logica differente: le adesioni, per la maggior parte, avvengono sull’annualità, mentre un’altra parte di espositori viene raggiunta anche nei tre, quattro mesi precedenti. Lo staff è composto di risorse commerciali, di segreteria, quelle dedicate al marketing e all’incoming. E poi c’è il comparto tecnico per sicurezza, accessi, allestimenti, e gli uffici SATE che gestiscono la relazione con gli espositori dal momento dell’arrivo in fiera. Una collaborazione importante ci viene dall’ufficio stampa e dall’agenzia che monitora i canali social sulla base delle nostre indicazioni.
Come si fa a far funzionare la macchina, anche nelle sue componenti meno visibili, e quanto conta il “capitale umano”?
C’è tutta una parte che non è evidente, ma che riguarda direttamente l’attività fieristica e le maestranze che vi operano, così come la ricaduta sul territorio: hotel, ristoranti, esercizi commerciali, che in quei dodici giorni sono al centro di una vulcanica esplosione collettiva. È impensabile conteggiare tutte le forze lavoro coinvolte complessivamente, ma anche questa “enormità” dà la misura della grandezza, anche in termini di business, della manifestazione.
Parliamo delle novità della passata edizione, ovvero la Live stream commerce, di cosa si tratta?
Della volontà di dare un’opportunità anche a chi non può raggiungerci in fiera di avere una vetrina che permetta il networking continuativo tra operatori. Dare continuità a questo evento, anche “a luci spente”, è un valore aggiunto che contribuisce alla nostra community.
Mercanteinfiera non è più solo una fiera, ma ha un corredo di mostre collaterali, premi, webinar. Perché aggiungere a una fiera tanti eventi collaterali?
Perché se gli operatori vengono con l’obiettivo di acquistare, in ragione della loro attività professionale, i visitatori, la stampa, i mezzi di comunicazione, si avvicinano (e appassionano) soprattutto per la presenza di contenuti, di storie, di racconti: una ricerca nei cassetti della memoria, un’esperienza che facilita il coinvolgimento. In questo modo riusciamo anche a dare una dimensione culturale a una manifestazione commerciale che affonda le sue radici nell’arte e nella tradizione.
L’arte, il design e l’antiquariato alla 42ma edizione di Mercanteinfiera
Chi sono gli espositori di Mercanteinfiera?
Tanto per iniziare accedono solo professionisti, con partita IVA e licenza specifica. I venditori contemporanei hanno inoltre una formazione e una consapevolezza più specifica, e sono sempre più focalizzati sui settori di competenza.
L’arte, il design, l’antiquariato sono un universo di valore da proteggere. Quali strumenti utilizzate per verificare la qualità degli oggetti in vendita?
Abbiamo un pool di periti che effettua controlli rigorosi e verifica la conformità tra quanto indicato nel regolamento sottoscritto e la proposta merceologica. Questo garantisce la capacità di mantenere alta la qualità della proposta e le promesse che facciamo al visitatore.
Ci sono consulenti specializzati che accompagnano i vostri ospiti nei loro acquisti?
In fiera è possibile avvalersi del servizio “L’esperto risponde”, in cui i periti danno un parere verbale gratuito all’utente che ne faccia richiesta.
Chi è il vostro cliente ideale?
Non è uno solo. Può essere il collezionista, il commerciante di settore, ma anche l’arredatore.
Com’è cambiato nel tempo il profilo del visitatore e le sue motivazioni d’acquisto?
È diventato sempre più attento e ha maggiori strumenti per muoversi in questo settore. Con un interesse per l’investimento economico, ma anche più motivato a cercare pezzi che suscitino emozioni, raccontino storie, diano un valore aggiunto e non siano semplicemente un complemento di arredo o un accessorio. Sono cambiati gli spazi abitativi e sono cambiati i gusti: questo non può non influire, al netto dei budget disponibili, sulle scelte di acquisto. Una minor abbondanza di mezzi ma una maggiore consapevolezza e una preparazione culturale più ampia hanno dato un impulso significativo a un cambiamento sulle scelte degli acquirenti.
Il mercato dei beni da collezione è in forte espansione, anche come strumento di investimento alternativo a quelli tradizionali. Cosa pensi di questa trasformazione?
Che è la diretta conseguenza di una maggiore consapevolezza e di un profilo culturale in evoluzione di coloro che acquistano. Si tratta di una necessità, ma anche di una volontà di fare scelte più mirate rispetto a un tempo.
Mi sembra che uno dei vostri obiettivi sia aumentare l’attenzione internazionale sul sistema del collezionismo italiano.
Assolutamente sì. È da più di 10 anni che promuoviamo un programma indirizzato a collezionisti e operatori esteri per far loro conoscere Mercante e “insegnare” la strada da percorrere per tornare autonomamente. Oltre a questo, stiamo cercando di lavorare sulla comunicazione puntando in modo specifico sui Paesi di nostro interesse.
Quali sono le principali problematiche nell’organizzare questa fiera in Italia?
L’Italia sperimenta da sempre il problema dell’esportazione dei beni culturali all’estero, che è fondamentale nella relazione con i compratori e che vorremmo potesse essere affrontato con consapevolezza anche dalla politica. Le restrizioni volte a tutelare il patrimonio artistico possono avere ricadute negative sul piano economico. La legge italiana prevede per tutti i pezzi che hanno più di 70 anni di avere un attestato di libera circolazione rilasciato dalle Sovrintendenze. Per aiutare i nostri operatori mettiamo a disposizione in fiera un servizio per tre giorni, con un esperto a nostro carico che prepara la documentazione per l’autorità, che verifica i pezzi e con grande collaborazione, nell’arco di trenta, quaranta giorni al massimo, restituisce le pratiche.
E all’estero come sta andando?
L’estero ha meno vincoli dal punto di vista dell’esportazione, ma non sempre la stessa potenza nell’esporre e nell’esportare brand di storia e successo come succede per l’Italia.
In primavera avevate anticipato l’apertura a Parigi di Mercanteinfiera, poi non se ne è fatto più nulla. Cosa è successo?
Abbiamo riscontrato importanti problematiche burocratiche e amministrative, a cui si è aggiunto purtroppo il problema delle sommosse cittadine che si sono verificate in primavera a Parigi e che su alcuni espositori hanno avuto un effetto abbastanza dirompente, frenando adesioni che davamo per scontate. Quindi, piuttosto che trovarci in una situazione di criticità, abbiamo preferito rimandare il capitolo temporaneamente e valutare di muoverci, non nel 2024 (quando a Parigi si terranno le Paralimpiadi), ma per il 2025.
La tecnologia e i social hanno cambiato la fiera?
Molto. Hanno permesso una maggiore vicinanza tra operatori e hanno definito ulteriormente una vera community con cui abbiamo stabilito connessioni profonde e che ha avvicinato alla manifestazione anche una fascia d’età più giovane, senza contare il linguaggio che ne è derivato nella comunicazione del prodotto.
Quali sono le tendenze di oggi rispetto al passato?
Sempre più attenzione al modernariato e al vintage, ma anche ai pezzi iconici che posseggono uno storytelling; oggetti fatti di storia, di vita vissuta. Il mix tra le tendenze, tra i periodi vince, rispetto a quello che io chiamo “mono-stile”.
Che ruolo ha il Mercanteinfiera nel sistema dell’arte?
In trasparenza, il ruolo di una fiera unica in Europa per numeri e varietà di proposta, che da quarant’anni raccoglie due volte l’anno in una città oltre 50.000 persone tra esperti e non. Io credo che il ruolo di Mercante sia significativo e credo che abbia davvero dato una forte spinta al settore.
Un oggetto che ti viene subito in mente tra quelli esposti alla prossima edizione?
Ne ho due. Un completo vintage appartenuto a una diva del cinema di qualche decennio fa, facile da riconoscere, e un pezzo di arredo che animerà la stanza di una star della canzone italiana dei giorni nostri. A dimostrazione che è il senso di appartenenza, la storia di un percorso, a farci sentire parte di uno storytelling come quello di Mercanteinfiera.
Rischa Paterlini
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati