Reportage dall’edizione 2023 della fiera Paris+ e l’ascesa del mercato dell’arte francese
Si consolida con la seconda edizione appena conclusa di Paris+ l'ascesa della capitale francese a nuovo hub del mercato dell'arte globale. E i riscontri di pubblico e le vendite delle gallerie italiane e internazionali confermano le potenzialità della nuova proposta targata Art Basel
A pochi giorni di distanza da Frieze a Londra, ma su una frequenza d’onda diversissima, la nuova fiera del gruppo di Art Basel ha raccolto a Parigi 154 gallerie, di cui 61 attive in Francia e 15 al debutto assoluto. Al Grand Palais Éphémère dal 20 al 22 ottobre si sono contati 38mila visitatori e intanto si guarda già alle date e ai traguardi della prossima Paris+, dal 18 al 20 ottobre 2024, quando la fiera dovrebbe finalmente trovare la sua casa definitiva al Grand Palais ora in restauro.
Vendite robuste sono state comunicate dalle gallerie per l’arte di XX e XI secolo esposta, con il favore dei tanti collezionisti arrivati da Europa, America e Asia e degli oltre 170 attori istituzionali. Pur in uno scenario che non era dei più promettenti, con il riaccendersi della crisi in Medio-Oriente che sconfinava anche in Europa e la Francia che alzava i livelli di allerta anti-terrorismo proprio alla vigilia dell’apertura di Paris+, in aggiunta a una diffusa incertezza economico-finanziaria tutta in corso. Facendoci sentire tutti abbastanza sciocchi, a esserci preoccupati solo qualche settimana prima per l’allarme a Parigi delle cimici dei letti.
Si torna invece così dalla capitale francese ammirandone non solo la bellezza sempre mozzafiato, ma anche e forse persino di più la consuetudine con la cultura e un tessuto di educazione costruito non oggi, che si trasforma in modo efficace anche in un bacino di interesse e domanda solidissimo per il mercato dell’arte. In grado di rendere plausibile e possibile un’offerta strutturata e varia, che non espone e non vende solo ottima pittura per splendide case alto-borghesi, per intenderci, ma conserva un’attitudine rigorosa e rispettosa per ogni tipo di ricerca artistica.
L’ascesa di Paris+ e del mercato dell’arte a Parigi
A pochi giorni di distanza da Frieze, dicevamo, sì, ma il cambio di passo tra le due fiere è stato evidente a prima vista, appena dentro Paris+, dove nonostante i limiti oggettivi di una sede provvisoria di qualità, dimensioni e servizi non all’altezza, gli stand davano respiro a opere di altissimo profilo e alle ricerche artistiche più contemporanee. In corridoio una advisor francofona commentava il primo giorno, con un efficace dono della sintesi: “Sono appena stata a Frieze, ma qui è tutto così migliore!”. Eppure questa polarizzazione a cui tutti stiamo facendo sempre più spesso riferimento, con la contrapposizione tra Londra e Parigi, non è l’unica questione sul tavolo. Prima di tutto perché, numeri alla mano, il mercato UK nel 2022 ha contato in ogni caso per circa il doppio di quello francese. E poi perché a preoccuparsi della crescita e della forma smagliante di Paris+ dovrebbe essere più che altro la sorella maggiore che fa base a Basilea. E con lo spostamento al Grand Palais che pure non ha una superficie infinita, forse solo la stazza preserverà il primato della Art Basel svizzera e le impedirà di essere cannibalizzata da questa nuova arrivata prodigiosa.
In termini di qualità le due fiere sembrano infatti sempre più equivalersi: una selezione delle opere migliori nella disponibilità delle più affermate gallerie internazionali, una certa attenzione diffusa ai progetti di stand e livelli di prezzo adatti agli alto-spendenti del globo, ma non solo. Il rischio all’orizzonte? Assomigliarsi troppo, di certo. E standardizzare la proposta su un’unica frequenza pervasiva e dominante. Intanto però di oggettivo c’è che le più forti gallerie e mega-gallerie stanno aprendo sedi e avamposti a Parigi, e questo sì che potrebbe cambiare tra non molto aree e numeri di influenza.
Le gallerie italiane a Paris+ e Paris Internationale
Tra le presenze italiane, per Alfonso Artiaco “la seconda edizione di Paris+ non ha deluso le nostre aspettative” e con trattative aperte su più fronti, “il bilancio è decisamente positivo, con la vendita di opere di Anri Sala, Sol LeWitt, Michel Francois, Diego Cibelli, Veronica Bisesti”.
La fiera si conferma anche per Raffaella Cortese “garante di altissima qualità sia per le gallerie che vi prendono parte, sia per i lavori che queste hanno proposto. Il pubblico, a sua volta, è molto interessante: è forte la presenza di direttori di istituzioni museali internazionali e di collezionisti, molti asiatici e americani. È bello poi vedere la grande presenza di artisti in fiera”. La gallerista di Milano ha sottolineato anche il valore della fiera come momento di confronto con i colleghi. E l’impronta curatoriale di qualità della fiera, evidente anche nell’individuare affinità e corrispondenze e rimandi possibili tra galleristi vicini. “Le vendite sono state più che soddisfacenti e avvenute in gran parte durante la prima giornata di fiera”, è il commento in chiusura.
Usciamo per un momento dal Grand Palais Éphémère per una rapida incursione a Paris Internationale dove la galleria bolognese P420, alla sua seconda partecipazione, ha realizzato vendite per tutti e tre gli artisti esposti, Monika Stricker e Francis Offman in dialogo con Piero Manai (Bologna, 1951-1988): “Siamo stati molto felici del riscontro ricevuto da parte dei curatori in particolare nei confronti di Piero Manai, artista ancora sconosciuto in Francia”.
Le vendite delle grandi gallerie internazionali
Sempre nei corridoi dell’ammiraglia, invece, il lavoro più costoso offerto a Paris+ a quanto pare è stato un dipinto di Mark Rothko (protagonista della grande retrospettiva alla Fondation Louis Vuitton) con un prezzo richiesto da Pace Gallery di 40 milioni di dollari, non venduto, sempre secondo indiscrezioni. Ma sembra contare più l’averlo presentato, anche a prescindere dal risultato, come segnale di estrema confidenza nella qualità della ricezione di questa rassegna. Dove comunque le vendite milionarie alle gallerie internazionali non sono mancate sin dal primo giorno di preview e sono state comunicate con il consueto entusiasmo dagli operatori internazionali, compreso lo stesso Pace che ha venduto sia Alicja Kwade, da poco aggiunta al suo roster, per $65,000, che un lavoro di Loie Hollowell, $450,000. Hauser & Wirth ha festeggiato la nuova mega-galleria parigina con uno stand sold out, compreso un dipinto da oltre $2 milioni di George Condo e uno di Lee Lozano ($450,000), protagonista alla Bourse du Commerce di Monsieur Pinault. David Zwirner ha venduto invece, a quanto riportato agli osservatori internazionali, l’opera forse più costosa della settimana, un dipinto di Kerry James Marshall per $6 milioni, insieme a due lavori di Alice Neel e Marlene Dumas ($3 milioni) e uno di Dana Schutz ($850,000), in mostra in questo periodo al Musée d’Art Moderne. Da Mennour Lee Ufan è stato venduto tra €700,000 e €800,000. Nello stesso range ha trovato un proprietario anche un dipinto di Anish Kapoor da Lisson Gallery.
Cristina Masturzo
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