A un passo dal museo. La performance ad Arte Fiera Bologna nel 1976
La curatrice della mostra “Praticamente Nulla da Vendere” nel Pad. 25 di Arte Fiera Bologna racconta perché la fiera è così intrinsecamente legata alla performing art. Andando con la penna a quel lontano 1976…
Il 29 aprile 1977 Gabriella Cardazzo, condirettrice insieme al fratello Paolo della Galleria del Cavallino di Venezia, scriveva ad Alan Sonfist: “this year I plan to stay in Bologna very little; there is a particular section of the fair for video and performances and we are not allowed to make performances in our booths”. La “sezione particolare” della Fiera menzionata nella lettera era, verosimilmente, la Settimana Internazionale della Performance curata da Renato Barilli, che quell’anno si sarebbe svolta nella prima settimana di giugno presso la vicinissima Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna e che non era affatto una sezione della Fiera, ma la più vasta rassegna di performance mai realizzata in uno spazio pubblico italiano. Eppure, la lettera di Gabriella Cardazzo esplicita ciò che molti galleristi avevano percepito, visto che proprio la Fiera, nel dissuadere i suoi espositori dal realizzare performance nei loro stand, li invitava a proporle al museo bolognese con due lettere datate rispettivamente 28 febbraio e 20 aprile. Un “dirottamento” intenzionale, dunque, che la Fiera sostenne con un determinante contributo finanziario, motivato – plausibilmente – da ciò che era accaduto tra i suoi padiglioni un anno prima, dal 22 al 30 maggio 1976.
L’edizione di Arte Fiera del 1976
Arte Fiera 1976 era stata infatti contraddistinta da due impressionanti sequenze di performance dal vivo, proposte distintamente da due coppie di gallerie: la stessa Galleria del Cavallino con la Ronald Feldman Fine Arts da un lato e la Pari Editori & Dispari con lo Studio Morra dall’altro. Sembra dunque probabile che il trambusto provocato, unito ad alcune trasgressioni, potesse aver suscitato, accanto a reazioni risentite di altri espositori, una certa apprensione tra i responsabili della Fiera.
Rosanna Chiessi della Pari Editori & Dispari e Peppe Morra, in particolare, avevano proposto una delle controverse Azioni di Hermann Nitsch, già espulso dall’Italia nel 1974 a causa di una performance eseguita proprio allo Studio Morra a Napoli. A questa si erano aggiunti un intervento di Heinz Cibulka, allora assistente di Nitsch, che contro ogni regola aveva cucinato nello stand di Pari Editori & Dispari; la nudità di Geoffrey Hendricks, intento a rovistare tra fascine di rami e a segare un tronco; il dissacrante corteo nuziale di Giuseppe Desiato che si snodava fuori e dentro gli spazi fieristici. Vi si erano affiancati, inoltre, il Gioco di Takako Saito, l’Esposizione in tempo reale n. 13. I sogni n. 3 di Franco Vaccari, gli strumenti musicali di Joe Jones e la distribuzione di misteriose buste con negativi fotografici del famosissimo Urs Lüthi, curiosamente l’unico, tra tutti questi artisti, a non essere incluso da Barilli tra gli invitati alla Settimana Internazionale della Performance l’anno successivo.
Le azioni ad Arte Fiera nel 1976
Si trattava di una significativa rappresentanza internazionale, con esponenti di Fluxus come Hendricks, Jones e Saito, e del Wiener Aktionismus come Nitsch e Cibulka, accanto ad alcune personalità singolari già conosciute nei circuiti della sperimentazione artistica.
Anche il Cavallino e Feldman avevano proposto performance di artisti già noti o emergenti sia in Italia che all’estero: dagli americani Alan Sonfist e Douglas Davis agli italiani Vincenzo Agnetti, Anselmo Anselmi e Mario ‘Piccolo’ Sillani Djerrahian; dai britannici Marc Camille Chaimowicz, Angelo Bozzolla e Jimmy Boyle ai croati Sanja Iveković e Dalibor Martinis. Presenze scaturite dai tanti incontri e contatti che Gabriella e Paolo Cardazzo intrecciavano in quel periodo viaggiando incessantemente tra gli USA, la Gran Bretagna e la Jugoslavia e dei quali la stessa partnership con Feldman era un effetto.
Benché alla base di entrambe le rassegne vi fosse un autentico impegno culturale, con galleristi che si comportavano più da mecenati e divulgatori che da mercanti, Paolo e Gabriella Cardazzo, a differenza di Chiessi e Morra, erano contestualmente impegnati ad esplorare forme di produzione che sottraessero queste opere al dominio dell’effimero, garantendo loro una maggiore diffusione e anche un possibile sbocco sul mercato. Durante la Fiera la Galleria del Cavallino produsse probabilmente almeno quattro opere video: Lezione di design di Agnetti, Reading Marx di Davis, Un jour violent di Iveković e The Bologna Tape di Sonfist, alle quali va, forse aggiunto Modern Prayer di Tom Marioni.
A questo episodio, già conosciuto ma ancora non sufficientemente approfondito, Arte Fiera dedica in occasione del suo cinquantenario la mostra “Praticamente nulla da vendere”. La performance ad Arte Fiera 1976 che, oltre a documentare le performance di quella straordinaria edizione di Arte Fiera, permette di illuminare un segmento dei molteplici circuiti che permisero alla performance – mentre era al suo apogeo e, tuttavia, prossima a una fase di temporaneo ma brusco declino – di compiere il passo che separava gli spazi commerciali della Fiera da quelli istituzionali della Galleria d’Arte Moderna di Bologna.
Uliana Zanetti
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