Il report delle vendite alle fiere d’arte Frieze e Frieze Masters a Londra: parlano i galleristi
In un momento difficile per il mercato dell'arte Frieze London ha puntato tutto sul coraggio di cambiare, o di tornare a essere quello che era, e sulla volontà di promuovere un ecosistema artistico all'insegna della ricerca e della pluralità
Tornare all’identità originaria: sembra essere stato questo l’obiettivo dell’ultima edizione di Frieze London 2024. Recuperando un focus dritto sulla ricerca più contemporanea, quella che può arrivare solo da una metropoli più che all’avanguardia, come Londra continua a essere tuttora, e che può avere anche molto senso mostrare e promuovere proprio qui, con intorno uno dei più dinamici e strutturati network di gallerie, musei e centri d’arte. “Una fiera non può avere successo se non partecipa all’ecosistema”, commentava sul tema la direttrice artistica di Frieze London Eva Langret qualche giorno fa. E il recupero di questa matrice identitaria diventava allora necessario non solo per riaffermare una traiettoria specifica, ma anche per resistere a una crisi globale, che ha fatto perdere quasi il 30% di fatturato alle case d’asta e portato alla chiusura tantissime gallerie a Londra e non solo, ma anche all’incalzare della concorrenza di Art Basel Paris, che rischia di drenare via, insieme alle complicazioni post-Brexit, le opere e i collezionisti migliori e di far saltare il passaggio londinese alla comunità internazionale dell’arte.
Il nuovo layout di Frieze London promuove le gallerie emergenti accanto ai giganti
Un nuovo layout della fiera ha rimescolato intanto le carte, o meglio gli stand delle 160 gallerie (una decina in meno rispetto all’anno scorso), tenendo compatti al centro del percorso espositivo i grandi mercanti blue chip – Gagosian, Zwirner, White Cube, tra gli altri –, disseminando tutto intorno le gallerie più giovani con quelle mid e riservando un’ottima visibilità alle sezioni curate, che si sono dimostrate, soprattutto nel caso di Focus, assolutamente all’altezza della nuova posizione, grazie a proposte più che convincenti. “Il layout più funzionale ha agevolato il passaggio di persone e incontri interessanti”, ha commentato Alessandra Minini. E sono d’accordo anche da P420: secondo la galleria di Bologna il nuovo percorso “ha rinfrescato l’edizione di Frieze London e ha aiutato a stabilire nuove connessioni con collezionisti privati e istituzioni”. Quello che sembra però essere andato a rilento, nonostante il piglio e il rilancio, è stato proprio il lato commerciale della faccenda. Alla preview non sembra si siano rincorsi gli acquisti, come pure non si erano distinte per entusiasmi, nelle stesse ore, le aste di Christie’s, Sotheby’s e Phillips. Per dire che il momento è quello che è, le tendenze dell’economia dell’arte sono debitrici dell’incertezza mondiale e di configurazioni stagnanti e recessive che rendono difficile, quando non impossibile, ogni slancio collezionistico.
Com’è andata Frieze London 2024
Ad aprire Frieze London non era dunque quest’anno un gigante come Gagosian, piuttosto due progetti ricercati e con dei buoni quozienti di innovazione presentati rispettivamente dalle gallerie 47 Canal, di cui vi parlavamo qui, ed Experimenter, di Kolkata, con disegni e fotografie dell’artista di origini pachistane e di base a Berlino Bani Abidi. Prodotti in relazione al dramma del conflitto israelo-palestinese, tre dei lavori in mostra, in un range entro i $200,000, pare siano stati acquistati dalla Tate. Non ha aspettato nemmeno che asciugasse la pittura il collezionista che ha acquistato un dipinto realizzato da Billy Childish durante le sessioni di live painting nello stand di Lehmann Maupin, con i due figli nella parte degli apprendisti di studio, per di più. Oltre alla folla costantemente attirata dal fatto che, finalmente, a una fiera accadesse qualcosa, nella prima giornata pare che la galleria abbia venduto una decina di lavori tra $50.000 e $100.000, a collezionisti inglesi, americani e italiani anche. Da Hauser & Wirth, con uno stand interamente dedicato all’artista concettuale Charles Gaines sono state vendute almeno 5 opere, tra $180.000 e $200.000, nella prima giornata di preview. Più alte le cifre raggiunte per portarsi via un dipinto di Lisa Yuskavage da David Zwirner, che ne ha venduto uno per 2,2 milioni, insieme ad altri lavori di prezzi inferiori, il primo giorno, ma pare il gallerista non si dichiarasse così soddisfatto dell’avvio della fiera.
Le gallerie italiane a Frieze London
Sul fronte delle gallerie italiane in fiera a Frieze London, Massimo e Francesca Minini mostravano in un unico stand condiviso una presentazione focalizzata su sei degli artisti rappresentati di origini sud-americane, con opere di Armando Andrade Tudela, Sol Calero, Elena Damiani, Daniel de Paula, Runo Lagomarsino e Wilfredo Prieto, che, ci ha raccontato Alessandra Minini, “ha incontrato l’entusiasmo dei collezionisti, con ottime vendite durante i giorni di preview, in un range di prezzo tra i 20 e i 35mila euro per opera”, mentre a fiera ancora in corso erano aperte “le conversazioni con due collezioni importanti per un pezzo speciale: il ‘daybed’ di Sol Calero, oggi grande protagonista alla Biennale di Venezia”. “La fiera è stata vibrante fin dal primo giorno”, per P420, “nel giorno di apertura abbiamo finalizzato sin da subito vendite significative per i nostri artisti emergenti: Victor Fotso Nyie, attualmente in mostra nel Padiglione Centrale della Biennale di Venezia, (prezzi tra 15 e 20mila euro) e Shafei Xia (10-20mila), le cui opere sono andate esaurite nelle prime ore, e il lavoro Thank for everyone, I did it (2024) acquisito dallo Spirit Now London Acquisition Prize, grazie al quale entrerà nella Women’s Art Collection dell’Università di Cambridge”. A questo si aggiunge poi un sostenuto interesse per Irma Blank, Adelaide Cioni, Alessandro Pessoli, June Crespo e Merlin James, e trattative imbastite “che speriamo di concludere entro la fine della fiera”. Buone vendite riportate anche dalla galleria Madragoa di Lisbona, fondata dall’italiano Matteo Consonni, per le opere di Jaime Welsh vendute in un range di 5.000-18.000 sterline a collezioni di Londra, Grecia e Stati Uniti.
Le gallerie italiane di Frieze Masters 2024
Attraversato poi il Regent’s Park, iniziava il viaggio nella storia dell’arte e della creatività con Frieze Masters, attraverso le proposte di 130 espositori, che pure ha riportato affari a rilento il primo giorno. Hauser & Wirth ha venduto Pelouse du champ de courses à Longchamp (1865) di Édouard Manet, per un asking price di €4,5 milioni, un Picabia per $4 milioni, un lavoro su tela di Arshile Gorky per $8,5 milioni – la vendita più costosa comunicata in questa preview 2024 – e uno di Lucio Fontana per €520.000. Nella sezione Studio Pace ha venduto otto dipinti di Nathalie Du Pasquier tra i €40.000 e €60.000. Seppure in un momento non facilissimo, la fiera resta, secondo i galleristi, una piattaforma importante per riportare l’attenzione su artisti meno noti e storie meno battute, che non devono necessariamente arrivare dagli angoli del mondo più lontani da noi, ma possono pure essere tracce lasciate affievolire, a volte anche per scelta degli artisti stessi. È il caso ad esempio di Betty Danon, l’artista a cui era dedicato lo stand nella sezione Spotlight di Tiziana Di Caro, che di Danon (attualmente in mostra anche in galleria a Napoli, fino al 17 novembre) e della fiera ci ha raccontato: “Siamo a Frieze Masters con un’artista che nel 1979 è volontariamente uscita dal mondo convenzionale dell’arte. Dal 2017 a oggi l’attività di riscoperta ha portato risultati importanti. Qui sta avendo grande visibilità e l’interesse che sta riscuotendo è altissimo”.
Le vendite degli artisti e delle gallerie italiani a Frieze Masters
Era sempre nella sezione Spotlight il focus dedicato a Lucia Di Luciano dalla galleria 10 A.M. ART di Milano, partita col piede giusto, come ci ha raccontato, con vendite realizzate sin dalle prime ore a un collezionista svizzero e alla Panoptès Collection di Bruxelles, in un range di 10-32mila euro, mentre erano in trattativa e opzionate altre opere da un collezionista croato e uno di Seoul. Il venerdì poi una fondazione di Singapore ha aggiunto altri tre acquisti per lavori datati tra 1965 e 1969 e in un range di prezzi tra i 10 e i 22mila euro. E diverse sono state le trattative concluse anche sul finire della fiera a collezionisti londinesi. Partecipava a Frieze Masters per la prima volta la galleria con sede a Pescara e Milano Vistamare, che ha trovato la rassegna di qualità e nei giorni di fiera si è detta soddisfatta e “felice di aver portato il dialogo tra i due artisti italiani, Mimmo Jodice ed Ettore Spalletti, che sta ricevendo una risposta molto positiva”. Era un ritorno invece quello di Mazzoleni, che reputa la fiera “un appuntamento sempre privilegiato per gli incontri con i nostri collezionisti” in una città come Londra, arricchita da “un’ampia panoramica di eventi e iniziative culturali che la rendono protagonista”. In stand diverse le vendite concluse, tra cui due opere di Salvo tra 80 e 100mila dollari, in una più ampia presentazione che esplorava “la persistente influenza dell’antico sul canone artistico”, con opere degli artisti presentati dalla galleria torinese in dieci anni di attività a Londra.
Cristina Masturzo
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