I migliori 10 stand della fiera Drawing Now Paris dedicata al disegno
Tornata a Carreau du Temple, la grande fiera d'arte contemporanea dedicata al disegno offre un interessante spaccato su un medium rigoroso ma anche di sperimentazione e gioco. Ecco cosa ci ha colpito di più

Nata nel 2007, Drawing Now Paris è la prima fiera d’arte contemporanea interamente dedicata al disegno in Europa. Oggi apre le porte alla sua 18esima edizione che torna a Carreau du Temple, antico mercato coperto del XIX Secolo, situato nel Terzo arrondisement. Fino a domenica 30 marzo si possono visitare le gallerie di riferimento che presentano la scena del disegno contemporaneo degli ultimi 50 anni.
La fiera è suddivisa in tre settori: al piano terra c’è GÉNÉRAL, dedicata alle gallerie che presentano un focus su un artista per il 30% della superficie totale del loro stand; al piano meno uno il settore INSIGHT, che ospita opere di uno o due artisti francesi o internazionali, e PROCESS, che accoglie progetti che combinano il disegno con diversi media, in cui il disegno si ibrida mettendo alla prova il suo stesso supporto. Durante la visita in fiera si possono notare Les Parcours(i percorsi) che ci guidano in fiera: Les coups des coeur de Pierre Yovanovitch (stand segnalati con un cuore disegnato a mano), i preferiti dall’architetto Yovanovitch, che dal 2001 ha la sua agenzia di architettura e interni caratterizzata da un’estetica haute couture; Parallaxe selezione a cura di Joana P.R. Neves (direttrice artistica della fiera), Claudine Grammont (direttrice del Dipartimento di Arte Grafica del Centre Pompidou) ed Elsy Lahner (curatrice per l’Arte Contemporanea dell’Albertina di Vienna) che evidenzia un occhio per quei lavori che a prima vista sembrano sfuggire alla definizione di disegno; e infine Light Leak, percorso curatoriale della critica e curatrice indipendente Claire Luna, che esplora la ricerca della luce nel disegno contemporaneo.
In questa edizione si trovano i big dell’arte contemporanea, come Templon, Galerie Lelong & Co. e Richard Saltoun, ma anche realtà più piccole e di ricerca come 22,48 m² e Galleria Tiziana Di Caro. Molto frequentata, ma in un clima più disteso e riflessivo Drawing Now Paris ci mostra dove guardare attraverso un supporto così sottile che non si fa solo simbolo di rigore e tecnica, ma anche di sperimentazione e gioco, imitando per esempio altri media, come la fotografia o i suoi supporti o le copertine delle riviste.
Galerie Univer/Colette Colla

Appena entrati in fiera, ben segnalata da Parallaxe, ci accoglie la galleria parigina Galerie Univer/Colette Colla con un solo show dedicato alla scultrice francese Marinette Cueco (1934), mancata nel 2023. Lo spazio si rivela un intreccio di giunchi e di fili dall’attraente fragilità: Cueco lavorò molto intrecciando e annodando l’erba, sfruttando la resistenza e giocando con la sua morbidezza e i vuoti e i pieni che l’imperfezione del verde inevitabilmente provoca. Forme come cerchi e triangoli annodati donano l’impressione di guardare un labirinto dall’alto, senza trovare alcuna possibilità d’uscita. “Marinette Cueco scrive con le erbe un linguaggio astratto, una calligrafia molto sensibile che esalta la specificità di ciascuna: questa traccia una grafica secca e angolosa, quella ondulata, polverosa e soffice, si diffonde da lontano a lontano, a ogni estremità del quadro, Sempre rigoroso e geometrico, è la fine di un sogno”, dicono dalla galleria.
Purdy Hicks Gallery

La galleria di Londra offre un panorama ampio proponendo cinque artisti molto differenti tra loro. L’artista belga Pierre Bergian (1965) che nei suoi ultimi lavori su carta si incentra su architetture d’interni, in particolar modo queste pareti piene di dipinti, sculture e dettagli ornamentali di fronte a una stanza quasi vuota; Jonathan Delafield Cook (1965) formatosi come disegnatore di architettura in Giappone, la cui produzione si concentra sui dettagli più minuziosi, come un fiore completamente schiuso che attende l’appassire dei suoi stessi petali; Jatinder Singh Durhailay (1988), sempre londinese, realizza un’unione tra la cultura Sikh e quella contemporanea. Poi Alice Maher (1956)mostra la sua chioma realizzando letteralmente una montagna di capelli che ostacolano l’uomo a causa del loro ingombro; esposte da ultimo su fondo verde scuro della parete di destra, un focus dedicato a Ciara Roche e Christelle Téa (1988). Quest’ultima artista visuale che ci regala dei piccoli pezzi di torta o delle prove di cappelli dalle fantasie audaci.
Lullin + Ferrari

La galleria svizzera nata nel 2008 con base a Zurigo e fondata da Corrado Ferrari e Etienne Lullin ci immerge nell’universo di Slawomir Elsner (1978). Ci si trova di fronte alla capacità di reinterpretare dipinti antichi e moderni con la tecnica del pastello, però senza riconoscere cosa stiamo vedendo: si guarda ma non si vede. In occasione di Drawing Now Paris vengono esposti dei disegni che rimandano alle opere dell’artista francese Edouard Manet. Sono state scelte quelle opere che non si trovano in musei francesi, ma esteri. Manet torna in patria attraverso i disegni allusivi di Elsner. Si cerca di indovinare: Nanà e Au Cafè sono solo alcuni dei dipinti richiamati alla memoria. L’immagine ha perso i suoi contorni e la vediamo mossa e poco definita, disegni a pastello sfocati, l’immagine è come se fosse in messa a fuoco o in fase di caricamento.
Richard Saltoun Gallery

La galleria londinese ci attrae con una ritmicità e un dinamismo invidiabili. Nel pomeriggio il sole di Parigi passa attraverso le vetrate del tetto e illumina i 10 pannelli di carta di Simryn Gill (1959),dal titolo Thistle and Friends. Morning Glory. L’artista malese, residente a Sidney, crea un disegno in bianco e nero che riproduce una pianta rampicante che dona leggerezza e delicatezza, ulteriormente accentuale dai raggi primaverili. Alla fragilità della carta sospesa si contrappongono due pareti, una tendente al lilla e una vinaccia. Sulla prima il focus sull’artista Juliana Seraphim (1934 – 2005), palestinese pioniera della scena dell’arte medio-orientale. Seraphim non ha mai rappresentato esplicitamente la sua lotta alla causa palestinese, ma nella sua dimensione quasi surrelista ha sviluppato un unico vocabolario visivo caratterizzato da una sensualità ben resa tramite i disegni di questi fiori danzanti che sembrano personificati. Attualmente l’artista è stata inclusa in due recenti grandi mostre in Francia: Arab presence: Modern Art and Decolonisation, Paris 1908-1988 al Musée d’Art Moderne nel 2024 e Beirut and The Golden Sixties alla Biennale de Lyon del 2022. Accanto Bertina Lopes (1924 – 2012), pittrice e scultrice italiana di origini mozambicane, che manifesta nella sua produzione l’influenza del nazionalismo del Mozambico, ma anche quel gesto che ricorda in alcuni casi l’Espressionismo e in altri il Surrealismo più onirico.
22,48 m²

Giovane galleria di Romainville, dedicata agli artisti emergenti e estremamente innovativa. Prende il nome dalla superficie in metri quadrati del suo spazio. Si notano subito nella parete centrale dei gratta e vinci, ma man mano che ci si avvicina si coglie che siano minuziosamente disegnati. Lo stand è interamente dedicato a Mayura Torii (1977), artista giapponese che vive e lavora a Marsiglia. Lei ama giocare con l’arte contemporanea e creare queste discrepanze visive e di contenuto. Esposte opere recenti come anche la serie Versus in cui Torii riproduce i disegni del figlio di otto anni, non tanto per riprodurli fedelmente ma per tentare di andare oltre, sottoponendo anche il problema dell’immaginazione dell’artista quando si paragona con la creatività spensierata di un bambino. Per concludere si trova la serie ESREVNER (“renverse” al contrario) in cui riproduce riviste erotiche ma viste da dietro, al contrario, sul retro di un foglio di carta Arches. Così lo spettatore visualizza delle pose che paradossalmente donano una percezione quasi di intimo nascondimento e non si ostentata sessualità.
Galerie Eric Duport

La galleria parigina con sede in Rue du Temple ci accoglie con i suggestivi panorami dell’artista polacca, residente a Parigi, Katarzyna Wiesiołek (1990). In un’illusione quasi fotografica veniamo catapultati nei tramonti di fine estate, nei chiari di luna, nelle albe e nelle aurore boreali in un piccolo formato, quasi come se si potessero portare con sé per i momenti di sconforto. Una bella vista non guasta mai. Lo sguardo però tende verso dei volti che guardano. Alcuni ci guardano negli occhi come si scruta uno sconosciuto, mentre altri non ci concedono nemmeno la cortesia e distolgono lo sguardo. Sono i disegni di Roméo Mivekannin (1986), nominato per il Drawing Now Award 2025. La serie Vera Icona esplora gli orizzonti di memorie condivise tra Africa ed Europa. Al volto di Cristo vengono sostituiti dei volti di donne di colore che però vengono realizzati in una maniera tale da sembrare dei volti le cui tracce sono rimaste su un panno, come nella storia della religione cattolica, la leggenda di Veronica, la pia donna che asciugò il volto di Cristo con un panno ritrovano poi su di esso la “vera icon”.
Labs Contemporary Art

La galleria di Bologna è l’unica ad aggiudicarsi il cuore di Yovanovitch e l’occhio di Parallaxe. Labs Contemporary Art è una piccola stanza delle meraviglie in cui, quando si entra, non si sa bene dove guardare. Cinque gli artisti presentati quest’anno. La serie di acrilici di Elvira Amor (1982) segue un flusso di colori nella ricerca di un linguaggio pre-verbale che si rifà agli studi dell’arte astratta. “Mi interessa l’atmosfera che un gruppo di pezzi emana l’impatto che hanno sulle persone e sullo spazio”. Marco Emmanuele (1986) proviene da una formazione come ingegnere, proprio per questo lui conferisce molta importanza alla capacità dell’uomo di trasformare profondamente l’ambiente in cui vive. La sua ultima produzione è realizzata tramite pigmenti realizzati attraverso la miscela di colla e vetro raccolto dai detriti sulla spiaggia suddivise seguendo le diverse cromie. Si crea così una complessa matericità tra la delicata immanenza del carboncino e la solidità del composto vetroso. Dario Picariello (1991) unisce al disegno forme espressive diverse. Il suo lavoro si ricollega alla tradizione dei canti popolari del Sud Italia. A partire da ricerche sui canti vernacolari e riferimenti iconografici del rispettivo contesto storico, Picariello realizza il disegno, ma poi a questo segue una seconda fase manuale che prevede il ritaglio e l’inserimento di strisce di carta prese da libri che posseggono un legame con la scena ritratta. Elisabeth Scherffig (1944), artista tedesca residente a Milano, ha sempre lavorato con le strutture dello spazio urbano, poiché per lei sono un’entità in costante mutamento. Negli ultimi anni ha realizzato dei calchi del suolo della città per poi assemblarli in strutture trasparenti o installazioni. Di recente ha realizzato delle opere che avevano come tema le mappe e attraverso la sovrapposizione di strati solleva la questione della memoria e dell’importanza della storia della città in cui si trova. Infine Greta Schödl (1929) lavora sulla ripetitività dei simboli fino a renderli dei linguaggi astratti. I segni si intrecciano con le parole su superfici differenti come pagine di libri botanici, mappe, carte o foglie risemantizzando l’opera stessa.
Galerie Wagner

Nella sezione PROCESS la Galerie Wagner, segnalata nel percorso Light Leak, si struttura attraverso l’interazione con il digitale e anche con la luce in uno stand tutto giocato sul bianco e sul nero e sulle loro ombre e sfumature. Géraldine Wilcke (1980) è un’artista tedesca che assembla, scolpisce o posa semplicemente degli oggetti sulla carta, il matello o il plexiglass. A partire da lì la scena è pronta e a lei non resta che far agire i personaggi sul palco. Ombre e riflessi si prolungano, si rimpiccioliscono o si distorcono nella creazione di un’immagine che è sostanzialmente effimera, ma esiste grazie alla composizione dell’artista solo finché la luce la colpisce. Alain Longuet (1946) ha una lunga carriera legata alla Video Art, condotta fino agli Anni ‘80, ma è stato anche tra i pioniera a sperimentare molto con le prime tavolozze grafiche guidate da computer. Partendo così da forme geometriche semplici che ha disegnato, le persone si approcciano a uno schermo e in base a dove toccano la figura muta, si moltiplica, cambia di direzione in una via di mezzo tra un modus operandi minuziosamente elaborato e decisioni più casuali delegate alla macchina (o allo spettatore). Laurent Delebroix (1971) ha lavorato per vent’anni nella logistica industriale e inizia a studiare arte “solo” nel 2016 (anche se forse per questo non esiste mai un tempo). Il suo approccio all’arte segue un protocollo quasi clinico, forse per deformazione professionale, diciamo così. Nei suoi lavori l’atto del disegno è negato o cancellato, ne rimane il gesto nella sua forma o nel colore.
Jean-Marie Oger

Per la sezione INSIGHT, la galleria Jean-Marie Oger partecipa per la prima volta a Drawing Now Paris con un solo di Stéphane Belzére (1963) dedicato ai cosiddetti “Diaquarelles”. Da sette anni l’artista sviluppa una serie di acquerelli, basati su diapositive familiari, promozionali o fondi d’archivio, raccolti da parenti, amici o anonimi. Ormai queste immagini non vengono nemmeno più consultate perché sostituite dalle inesauribili possibilità del digitale. L’artista però pone nuovamente l’attenzione sull’analogico scegliendo quelle immagini più imprecise o perché sovraesposte o sottoesposte o mal inquadrate. Le “Diaquarelles” propongono un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso gli occhi di sconosciuti o di personalità. Vita familiare, ricordi di vacanze, pubblicità, archivi documentari, raccolte scientifiche, testimonianze storiche, immagini mediche in un patchwork retrospettivo delle persone che si rivela un punto di storia universale poiché è impossibile identificare il tempo o i luoghi, ma solamente i momenti vissuti.
Selebe Yoon

Sempre nella sezione INSIGHT alla sua partecipazione alla fiera la galleria di Dakar propone uno stand dedicato all’artista senegalese Mbaye Diop (1981). Nella capitale senegalese l’artista segue il percorso di un venditore ambulante di caffè, riconoscibile per il suo carretto rosso. L’uomo cammina e si fa strada in una città caotica e in continuo fermento in mezzo a delle architetture che rimandano alla storia coloniale del paese. Il disegno possiede un taglio filmico e nello spazio se ne sente il suono. È PoussPouss, l’ultimo film di animazione realizzato da Diop composto da migliaia di immagini e disegni che, con l’uso di un processo di trasferimento fotografico a base di acetone, vengono trasferiti su carta e poi assemblati con la tecnologia stop-motion. Baracche si alternano a edifici decadenti, simbolo di quell’antica nobiltà fuggita “Nel suo approccio sensibile alla città, Mbaye Diop riflette sulle traiettorie e sugli spazi abitati dai mercanti itineranti, che sopravvivono in un’economia quotidiana nota come ‘informale’, mentre il loro commercio è minacciato di divieto in Africa occidentale a seguito delle politiche di sfratto per rispondere all’imperativo della modernizzazione urbana”.
Elisabetta Pagella
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