Affordable 2012 a tele spiegate
Qualsiasi obiettivo l’organizzazione di AAF si sia posta, probabilmente è stato raggiunto. Comunicazione diffusa, scambi, contatti, young talents, laboratori. L’accessibilità richiede molto lavoro e molto lavoro è stato svolto. Facciamo qualche ipotesi sulle reazioni del pubblico.
Nel giorno di chiusura, le presenze sono numerose ad Affordable Art Fair; gente di ogni età si accoda al guardaroba. Le vendite fioccano come la neve domenica e certo non è un giochetto da nulla riuscire a portare tanti visitatori alla sola seconda edizione di un evento dedicato all’arte contemporanea. Che AAF sia giovane e soprattutto giovanile, non c’è alcun dubbio. Sulla sua capacità di comunicarsi, neanche.
Scorrendo gli stand, ecco una delle domande che ci si permette: l’offerta può solo rispondere coerentemente alla domanda o può anche assumersi la responsabilità di promuovere artisti di un certo calibro? Sembra che AAF punti molto sui numeri. Molte gallerie, molti artisti, molte opere, che talvolta saturano gli spazi senza un’intenzione precisa. Bisogna riconoscere che nella bolgia i lavori di spicco s’incontrano, forse inseriti, però, in un contesto più attento alla quantità di opere che alla qualità o all’intensità di lavoro presente alle loro spalle. Fra tanti, giusto per citare qualcuno, notevoli le fotografie di John Costa (Palma Arte, Alseno), quelle di Marc Harrold (Villa Del Arte Galleries, Barcelona) e del ceco Martin Stranka (L’art Industriel, Como di Rosazzo – Udine). Gianmaria Giannetti è presente con ben due gallerie: Orizzonti Arte e Ufofabrik. Il duo Off-Nibroll (Galleria Fumagalli) è degno di nota, così come le figure imperfette di Stefano Ricci (d046) e le cornici/contenuto di Sebastiano Balbo (Studio Ambre). Tra i giovani talenti è forse Isabella Mara quella che attrae i più, sentiremo che the verrà fuori dalle sue bustine.
Ascoltando qualche parere a caldo tra i galleristi, poche ore prima che l’evento chiuda le porte, pare che le gallerie di maggiore spessore siano state anche le meno fortunate in fatto di vendite, pur avendo guadagnato apprezzamenti. Non è una notizia nuova, forse rischia di non essere nemmeno più una notizia, ma dovrebbe esserlo. La differenza di qualità certo non va cercata solo nella dicotomia figurativo/astratto (come qualcuno tende a fare, e la figurazione ha trovato qui molto spazio), però da una fiera che il termine accessibile lo ospita nel nome evidentemente bisogna aspettarsi un’accoglienza determinata non solo dal limite di prezzo, ma anche da una maggiore comprensibilità delle opere proposte.
Spendere un massimo di 5.000 euro solo perché si tratta di un buon prezzo e non perché ciò che si compra vale quegli euro uno per uno può servire ad acquistare un lavoro artistico ma non sempre a riconoscerne il valore. E lì dove sono idee migliorabili, è opportuno che chi si propone di divulgare arte fecondi le possibilità di evoluzione. “La maggioranza di noi crede che i motori di ricerca siano neutrali. Ma probabilmente lo pensiamo perché sono impostati in modo da assecondare le nostre idee“, ha scritto il giornalista Eli Pariser in un articolo apparso su Internazionale lo scorso luglio. Assecondare le idee dei consumatori, tuttavia, è caratteristica che riguarda ogni ambito commerciale, non solo Internet. Anche il mercato dell’arte. Una piccola fiera per neofiti con tutte le carte in regola ce l’abbiamo, speriamo affini sempre più il criterio di scelta di ciò che offre.
“The eye is the measure of the man”, cantavano David Byrne e Bian Eno. Occhio. Giusto dare una misura al portafogli, ma diamola anche allo sguardo.
Lucia Grassiccia
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