Goethe a Vienna
Nel panorama internazionale della ViennaFair 2013 appena conclusa, dove l’Austria si era riservata meno del 30% degli stand, la Galleria Goethe di Bolzano era l’unica presenza italiana. Davvero poco per un grande Paese confinante, quando la sola Germania ne aveva venti.
È anche vero che, provenendo dall’Alto-Adige/Südtirol, dove vige un rigoroso bilinguismo, la Galleria Goethe ha stretta familiarità con la cultura di lingua tedesca. Un vantaggio indiscutibile, anche se l’identikit è italico fin dalla fondazione. “L’anno prossimo celebriamo il cinquantenario della nascita”, ci dice Alessandro Casciaro, figlio del fondatore e ora direttore artistico, lui perfettamente a suo agio nel contesto plurilinguistico della fiera viennese, padroneggiando tedesco e inglese. Qualche anno fa è nata la Goethe 2, ci racconta nel pieno del secondo giorno di fiera. “Ed è stata concepita con lo scopo esclusivo di esplorare i linguaggi più attuali della creatività artistica, seppure la galleria storica persegua anch’essa una politica di rinnovamento”.
In questa ViennaFair 2013 la presenza della Galleria Goethe significa un ritorno dopo l’assenza dello scorso anno. Un ripensamento?
L’assenza nella scorsa edizione era dovuta a una coincidenza di date con la fiera di Mosca. Ci piaceva l’esperienza di nuovi mercati. Comunque Mosca, che non è una grande fiera internazionale, presenta problemi logistici con prezzi proibitivi che rischiano di far sballare tutto. Pertanto siamo tornati alla ViennaFair e questa è la nostra quarta partecipazione. Per noi Vienna è un posto estremamente interessante, dato il legame dell’Alto Adige, da cui proveniamo, con il mondo austriaco; tra Bolzano e Vienna c’è un filo rosso che ci lega culturalmente. Ma c’è un ulteriore motivo: abbiamo enorme interesse a relazionarci col mercato internazionale.
Da sempre c’è una migrazione di artisti e designer altoatesini, cioè italiani, verso Vienna per studiare, viverci e lavorare. Sono certi di trovare un ambiente più favorevole?
Penso proprio di sì. Riguardo all’arte contemporanea, in Austria c’è la volontà e la capacità di creare situazioni di investimento a tutti i livelli, dallo Stato fino alle varie associazioni imprenditoriali. Mi rincresce dirlo, ma da noi tutto ciò non esiste.
A quali fiere italiane ha partecipato quest’anno la galleria Goethe?
Solo a Bologna, che considero la migliore fiera italiana e che, nonostante le pessimistiche previsioni, ha funzionato anche a livello commerciale.
Quali artisti hai portato a Vienna?
In prevalenza altoatesini, compresi giovani artisti. Ma vedi, in realtà è difficile considerare questi artisti semplicemente come altoatesini. Prendi Leander Schwarzer, in questo momento vive negli Stati Uniti. Sissa Micheli, altoatesina di nascita, vive da sempre a Vienna. Molti dei nostri artisti girano ormai in un circuito internazionale.
Oltre quelli che hai nominato, alle pareti vedo opere di altri artisti…
Ho portato anche artisti tedeschi, come Giovanni Castell, che è nativo di Monaco e vive ad Amburgo. Kinki Texas è di Brema, nord della Germania.
Quanti italiani sono venuti a visitare il tuo stand, visto che per Vienna se ne incontrano tantissimi e in tutte le stagioni?
Finora solo una coppia, con cui ho conversato, che però chiedendo di dove erano, mi hanno detto di vivere a Vienna. In compenso mi ha fatto visita l’ambasciatore italiano.
Come hai trovato l’accoglienza organizzativa della ViennaFair, soprattutto ora che è passata nelle mani di una società russa?
Più o meno, tutto è andato per il verso giusto. Hanno dimostrato anche di riuscire a catturare il pubblico, un pubblico variegato, internazionale. Qui si è parlato non solo tedesco ma anche molto l’inglese, e questo aspetto è la radiografia di una fiera.
E come costi?
Non sono esagerati, neanche bassi ovviamente.
Rispetto a Bologna, per esempio?
Rispetto a Bologna sono inferiori. Ma c’è da dire che, a parte le grandissime fiere internazionali, i costi sono ovunque inferiori rispetto a Bologna. O Milano. Anche se a Bologna nelle ultime edizioni hanno cercato di venire incontro ai galleristi. Hanno capito che non è il caso di spremere più di tanto.
Torniamo all’Alto Adige. Secondo la tua esperienza, qual è la situazione nel mercato dell’arte contemporanea?
L’Alto Adige è visto da sempre come un’isola felice nel panorama italiano, ed effettivamente lo è, tuttavia ultimamente anche da noi la crisi sta colpendo e le cose sono cambiate. La gente frequenta la galleria, questo sì; chiede, si informa, però ammette anche di non potersi permettere acquisti. Insomma, è iniziato un vero e proprio circolo vizioso. Speriamo di poterlo bloccare rimboccandoci le maniche e studiando nuove strategie.
Franco Veremondi
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