Arte e mercato. Notizie buone e meno buone da Maastricht
L’Italia è il Paese della cultura e dell’arte. Purtroppo non del mercato. Perché i collezionisti sono sfiduciati dalle nostre leggi troppo restrittive, che vincola al parere del Ministero della Cultura la possibilità di esportare opere con più di cinquant’anni. Ovvero, risalenti a prima del 1964! Abbiamo analizzato il Rapporto Tefaf presentato di recente a Maastricht.
L’Italia è il primo Paese al mondo per quota di beni artistici tra gli investment of passion, ovvero tra gli investimenti in beni non finanziari, dove vi sono vini, gioielli, orologi, antiquariato ecc. Purtroppo però si spende poco, la media è meno di 6mila euro per pezzo. Siamo gli ultimi: Uk quasi 70mila euro, Cina e Usa 55mila, Francia 14mila. Nonostante la recessione, tuttavia i ricchi milionari in Italia continuano ad aumentare (così come i poveri). Sebbene i dati rilevati dalle varie fonti riportino quantità diverse, tutte convergono nel constatarne la crescita, anche importante: si parla di oltre il 4% tra i più pessimisti (World Wealth Report 2013) e di un ceto che annovera centinaia di migliaia di persone. Certo nel mondo i milionari sono diverse decine di milioni e la crescita è stata del 10% nel solo 2013. Insomma, il mondo gira più in fretta di noi anche per il mercato dell’arte.
Tutto questo emerge dal rapporto Tefaf 2014 presentato a Maastrischt. Dal fronte (internazionale) arrivano tutte buone notizie, consoliamoci. Il mercato globale dell’arte e dell’antiquariato è quasi tornato ai vertici straordinari pre-recessione, alimentato dagli Usa e dalla Cina, oltre che dalla crescita dei prezzi dei maggiori artisti del dopoguerra e dei contemporanei. Le compravendite nel 2013 sono state di oltre 47 miliardi di euro, con un incremento dell’8% rispetto all’anno precedente. Il record si era avuto nel 2007, prima della crisi, mentre nel 2009 si era “sprofondati” a poco più di 28 miliardi di euro. Insomma: good news.
Si sta tornando anche alle vecchie leadership. L’anno scorso gli Stati Uniti hanno avuto il 38% del mercato mondiale (+5%). La Cina, che nel 2011 li aveva superati e che poi era pesantemente scesa nel 2012, ha avuto anch’essa una ripresa del 2% in valore. La sua quota di mercato globale si conferma comunque al 24%. Il Regno Unito rimane al terzo posto con il 20% (anch’esso in leggero calo del 3%), mentre l’Unione Europea è al 32%, con un calo del 3% sul 2012. L’Italia è l’1% del mercato mondiale e il 3% di quello europeo. Siamo considerati un source market, in primis dalle grandi case d’asta (Christie’s, Sotheby’s ecc.). Ciò che si può, si prende e si vende altrove, dove ci sono i compratori importanti e un’Iva agevolata. Il primo mercato, gli Usa, sono per il 50% arte d’importazione. L’80% di questa viene dall’UE, il 10% dall’Italia (al quarto posto tra gli europei). La nostra bilancia import/export vale un miliardo l’anno. Nel mercato globale le esportazioni crescono del 25% l’anno, l’Italia vi contribuisce solo per l’1%. Siamo davanti a un segmento che continua a non attirare l’attenzione della politica italiana, dove invece facilmente si potrebbe alimentare imprenditoria e occupazione.
Nel mondo ci sono due milioni e mezzo di occupati diretti, oltre 400mila nell’UE, quasi 600mila negli Stati Uniti e 300mila in Cina. In Italia operano 170 case d’asta e poco più di 6mila dealer (rispettivamente l’8% e il 12% del totale europeo e l’1,5% e il 2% del mondo). Gli occupati italiani sono 4.400 nelle case d’asta e 42mila tra i dealer (rispettivamente il’5% e il 15% del totale europeo e l‘1,2% e il 2% del mondo). Siamo una grande opportunità.
Anche la Rete gioca la sua parte nel mercato. Non c’è asta che si rispetti che non abbia integrato il canale web per fare offerte e valutare i lotti. Le vendite online nel 2013 valgono due miliardi e mezzo di euro, quasi il 5% del mercato. Si stima possano crescere a un ritmo di almeno il 25% l’anno.
Abbiamo già accennato a quanti milionari ci siano nel mondo. Sembra che almeno 600mila di essi siano collezionisti di medio o alto livello. Qui c’è una bad news: nel 1990 il 3% dei collezionisti mondiali era in Italia, nel 2013 sono diventati meno dell’1%. Sebbene i ricchi, come detto, continuino ad aumentare e siamo al primo posto per investment of passion.
La proliferazione della musealizzazione degli ultimi decenni in Italia sicuramente è un segnale positivo, si tratta di un pezzo importante per la creazione di un mercato dell’arte e di un pubblico a essa attento e interessato. Si può facilmente fare di più e liberare energie, partendo dalla legislazione nazionale, almeno adeguandola alle direttive europee. Speriamo nell’imminente riforma del ministero.
Fabio Severino
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