Si chiama Mark Grotjahn, è americano di Pasadena ma risiede a Los Angeles, e ha 46 anni. La sua pittura, fatta di astrazioni psichedeliche, le sue Butterflies, colori brillanti, geometrie caleidoscopiche, non potete non ricordarla. Ha sicuramente catturato il vostro sguardo in fiere e mostre di tutto il mondo. E ha attratto anche i compratori, tanto che Grotjahn, solo nel 2013, è stato battuto nelle aste per un totale di oltre 22 milioni di dollari, con 26 lotti venduti, tanto da meritarsi il 78esimo posto nella classifica dei 500 artisti più quotati del rapporto Artprice 2013.§
Una carriera cominciata verso la metà degli Anni Novanta, che lo ha visto nel tempo entrare nelle collezioni più prestigiose, dal MoMA al Guggenheim di New York allo Stedelijk Museum di Amstedam, dalla Broad Art Fondation di Santa Monica alla Collezione Rubell di Miami, fino al San Francisco MoMA. Senza dimenticare le importanti mostre personali dedicategli alla Freiburg Kunstverein, al Whitney di New York, allo Hammer Museum di Los Angeles, per un curriculum prestigioso e molto americano.
Rare le occasioni italiane: la prima nel 2000, allo Studio Guenzani di Milano, in una collettiva dal titolo emblematico: Works on Paper from Los Angeles. Il ritorno avviene nel 2009 a Venezia, a Punta della Dogana, per Mapping the Studio. Ed è sempre Pinault, nel 2013, a riportarlo dalle nostre parti con Prima Materia.
Proprio il 2013 è un anno eccezionale per l’artista, che negli ultimi 24 mesi ha cercato anche la terza dimensione, come riporta un articolo del New York Times del 7 maggio, a firma di Jori Finkell. Da Phillips, nel novembre 2011, il suo Orange Butterfly Green del 2003 viene battuto per 3,1 milioni di dollari, a maggio un Untitled (Yellow Butterfly II 782) del 2008 è aggiudicato per 1,75 milioni. Ma il top lot dell’anno è sicuramente Untitled (Standard Lotus No. II, Bird of Paradise, Tiger Mouth Face 44.01) del 2012: da una stima iniziale di 1,5-2 milioni di dollari, a maggio 2013 da Christie’s raggiunge quota 6,5.
Santa Nastro
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #9
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