Un calcio agli stereotipi. L’arte contemporanea nel pallone
Cafoni, burini, ignoranti, superficiali, alieni a qualsiasi forma d’arte che vada oltre i tatuaggi con cui molti di loro si ricoprono da capo a piedi; affascinati da un mercato del lusso che contribuiscono ad alimentare spendendo e spandendo in orologi e auto sportive, gioielli spesso sobri come quelli dei più disinvolti rapper americani. Le dichiarazioni del dopogara e le gesta extra-sportive che rimbalzano qua e là sulle pagine dei rotocalchi non mancano di rinforzare l’immagine peggiore del calciatore, etichettato come personaggio estraneo alle più limpide forme di sensibilità. La realtà è però ben più articolata…
![Un calcio agli stereotipi. L’arte contemporanea nel pallone](https://www.artribune.com/wp-content/uploads/2014/07/David-Beckham-1024x651.jpg)
Strettissima la liaison, il più delle volte vissuta in un modo tanto riservato da sfiorare la pudicizia, tra il mondo del pallone e quello dell’arte contemporanea: perché se è vero che i campioni guadagnano cifre esorbitanti, è altrettanto vero che non le spendono tutte in frivolezze. Anzi. Non manca chi in arte investe, e con oculatezza. Il caso forse più noto riguarda l’ormai ex centrale del Milan Alessandro Costacurta, indirizzato al mondo del collezionismo dallo storico dirigente rossonero Ariedo Braida (tra le sue passioni: Alighiero Boetti, Grazia Toderi, Wim Delvoye), assiduo frequentatore al pari del presidente onorario dell’Inter Massimo Moratti della galleria di Renato Cardi. Dove Costacurta si è avvicinato alla Transavanguardia, acquistando i primi pezzi di De Maria, Paladino, Chia; arrivando poi a mettere in carnet Peter Wuthrich e Greg Colson, David LaChapelle e Tom Sax, Julian Schnabel e anche le icone Andy Warhol e Gino De Dominicis. Alcuni trattenuti, altri rivenduti, nel rispetto di una visione da accorto investitore.
La lista degli assi del pallone, di ieri e di oggi, è lunga: partendo dalla punta romanista Marco Borriello (tra i suoi acquisti, Domenico Bianchi) e arrivando all’ex centrocampista francese Olivier Dacourt (Arman); passando per il direttore generale del Torino Antonio Comi, che condivide la passione del presidente granata Urbano Cairo e annovera nella propria collezione più opere di Salvo. Per uno che è stato ritratto da David LaChapelle, era inevitabile finire per essere anche collezionista: vale non meno di 40 milioni di sterline la serie di capolavori messi insieme nel corso degli anni da David Beckham. Che possiede opere di Tracey Emin e Sam Taylor-Wood, dell’immancabile Banksy e dei terribili Jake e Dinos Chapman e può permettersi di commissionare a Damien Hirst un lavoro per la cameretta della figlia Harper.
![Billy Costacurta](http://www.artribune.com/wp-content/uploads/2014/07/Billy-Costacurta-480x309.jpg)
Billy Costacurta
Ai tempi della militanza come commissario tecnico dell’Inghilterra, la stampa britannica stimò la sua collezione attorno ai dieci milioni di sterline: anche Fabio Capello è un amante del contemporaneo, gli si attribuiscono opere di Chagall e Kandinsky, Mondrian e Klee, oltre a diversi pezzi dell’amico Pizzi Cannella e a un Giacomo Balla comprato, si dice, al tempo del passaggio alla Juventus. La passione per l’arte trova posto anche in panchina, e don Fabio non fa certo eccezione: in una vecchia intervista rilasciata a Il Foglio,Cesare Prandelli confessava che da ragazzo avrebbe voluto frequentare il liceo artistico e diventare architetto, immaginando un giorno di mettere alle pareti di casa uno dei maestri della Transavanguardia. All’epoca bazzicava per i campi di provincia, oggi che allena la nazionale – e che appare ogni anno ad Arte Fiera – non è da escludere abbia coronato il sogno.
Non manca chi con l’arte si è scottato. Come un altro milanista doc, Franco Baresi, coinvolto in un’inchiesta per truffa ai danni di un gallerista torinese; come l’ex juventino e romanista Jonathan Zebina, uscito scornato dal tentativo di trasformare la sua passione di collezionista (Ben Vautier, Mimmo Rotella e Arman, tra gli altri) in attività di gallerista; come un’altra vecchia gloria bianconera, Roberto Bettega, raggirato da un sedicente mercante bolognese che gli rifilò uno Chagall poi rivelatosi rubato; come Lorenzo Sanz, il presidente che riportò il Real Madrid sul tetto d’Europa dopo trent’anni di digiuno e finì sotto inchiesta con l’accusa di aver provato a esportare illecitamente opere d’arte milionarie. Il rischio di finire in fuorigioco, anche quando si parla d’arte, è sempre piuttosto elevato.
Francesco Sala
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #19
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