L’America – e non solo – impazzisce per Mark Bradford. Nato nel 1961, questo artista 54enne di Los Angeles “cresciuto” nel nido del California Institute of Arts è emerso negli ultimi anni come una figura molto interessante per il mondo delle aste, soprattutto negli States.
La sua pittura astratta, le sue performance, i suo collages Orbits, così come la stravagante originalità di alcune sue scelte (il suo studio è ricavato nel salone di bellezza un tempo gestito dalla madre) ma anche l’impegno filantropico hanno evidentemente attratto l’attenzione dei collezionisti.
Non è da meno il suo curriculum vitae, che vanta mostre in tutto il mondo e partecipazioni illustri alla Biennale di Istanbul nel 2011, alla Carnegie International nel 2008, alla Biennale di San Paolo e alla Whitney Biennial nel 2006 e così via, senza dimenticare i solo e group show in importanti istituzioni internazionali.
Nelle aste, il fatturato totale del 2014 è stato di quasi 6 milioni di euro, una cifra che è cresciuta costantemente nel tempo, dal 2011 fino a oggi, con un picco nel 2013 (quasi 5 milioni) e nell’anno successivo, a testimoniare la bontà del mercato di questo artista che dal 2000 al 2015 ha fatturato quasi 18 milioni di euro, secondo le stime di Artprice (nella cui classifica 2014 risulta al 245esimo posto).
Il 2015 gli regala una grande soddisfazione europea. A febbraio, infatti, nelle aste di Londra da Phillips conquista il suo record grazie all’opera Biting the Book, una tecnica mista firmata dall’artista nel 2013. Già esposta nella mostra da White Cube a Londra intitolata Through the Darkest America by Truck and Tank (2013-14), l’opera, stimata tra 1,4 e i 2 milioni di euro, viene battuta per quasi 3 milioni, diventando il risultato più importante in asta nella carriera dell’artista, le cui opere tra il 2013 e il 2014 non avevano superato l’apice di 1,6 milioni, raggiunta dall’opera Mithra (2008) da Sotheby’s New York nel novembre 2013.
E in Italia? Lo abbiamo visto nel 2009 nella mostra Mapping the Studio, a Punta della Dogana – Fondazione Pinault.
Santa Nastro
Articolo pubblicato in versione ridotta su Artribune Magazine #25
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