La prima fiera d’arte polacca. Tra errori e speranze
Dal 7 al 10 aprile si è tenuta a Varsavia la prima International Art Fair polacca. Un appuntamento che si aspettava da tempo, e che tuttavia non è stato accolto felicemente dagli addetti ai lavori nazionali, con una bassa partecipazione di gallerie e collezionisti locali. Noi ci siamo stati, e ve ne raccontiamo gli errori, ma anche le buone speranze per il futuro.
UNA FIERA AGLI ESORDI
C’è poco da girarci intorno, la prima fiera di arte contemporanea polacca è stata un mezzo fiasco. E a dirlo sono voci provenienti da più sponde: artisti, galleristi e appassionati d’arte sembrano essere tutti d’accordo nel valutare con molto scetticismo l’evento che ha avuto luogo dal 7 al 10 aprile presso lo stadio nazionale di Varsavia.
È pur vero che le premesse non erano delle migliori: promozione dell’evento molto debole, lista degli espositori piuttosto modesta (eccetto un paio di gallerie internazionali), ma soprattutto buona parte degli organi istituzionali e degli operatori locali a remare contro.
E tuttavia, proprio per l’ostilità incontrata dal contesto circostante, non si può non sottolineare il coraggio mostrato dagli organizzatori, forse un po’ impreparati, ma se non altro capaci di aver dato vita a questo appuntamento, da troppi anni nell’aria e mai fino ad ora messo in pratica.
UN PASSO IN AVANTI
Da tempo, infatti, diverse voci – in particolare internazionali – avevano auspicato la nascita di una fiera d’arte in Polonia, necessaria per invitare collezionisti stranieri e soprattutto per far affacciare gallerie locali su un contesto più ampio e competitivo. I numeri c’erano, e continuano a esserci: il mercato polacco è una realtà in crescita e che vive non solo di entusiasmi, ma di investimenti concreti, tuttavia bisognosi di essere gestiti in modo produttivo, lontano dai soliti provincialismi e dalla paura di un confronto maturo. Animate da una competitività insana, e in disaccordo su gran parte delle questioni, le grandi istituzioni nazionali in questi anni hanno tuttavia sempre sorvolato sull’argomento, tirandosi indietro, preferendo alimentare individualismi piuttosto che superare quello che è il vero tallone di Achille della cultura polacca, ovvero la scarsa abilità a cooperare a vantaggio del sistema.
Ecco allora che, in questa prospettiva, la fiera appena conclusa dimostra, nonostante i limiti, che un passo in più è stato finalmente fatto. E non da poco. Da qui in avanti non si può fare altro che crescere e migliorare.
E dunque, su cosa lavorare per il futuro?
LA LOCATION
La location sembra il primo punto da rivedere: lo stadio nazionale, situato nel quartiere Praga della città, appena oltre la sponda del fiume Vistola che divide in due la capitale, è stato decisamente una scelta controproducente: scomodo da raggiungere, troppo grande anche solo per intuire l’entrata del settore dedicato a ospitare l’evento, e soprattutto gestito al suo interno con troppa confusione e superficialità.
L’assenza di un percorso chiaro o di un itinerario da seguire, l’accostamento, e in molti casi la sovrapposizione, tra stand intitolati al design e quelli incentrati sull’arte ha finito con il dar vita a un ibrido spiazzante, dove progetti di ultimo design si mischiavano a opere d’arte e viceversa, alimentando la confusione cui l’arte contemporanea ci abitua di per sé.
Bene sarebbe, allora, categorizzare con più metodo le due cose o, se proprio si vuol farle convivere, cercare una soluzione più studiata che non porti collezionisti di arte e collezionisti di sedie a pestarsi i piedi.
COLLABORARE CON ISTITUZIONI LOCALI
Altro punto necessario sarebbe trovare un compromesso con gli organi locali, cosa che senza dubbio darebbe risalto all’evento. In fondo le tre grandi istituzioni (Zachęta National Gallery of Art, Center for Contemporary Art Ujazdowski Castle e Museum of Modern Art di Varsavia) godono di credibilità e seguito da parte degli amanti dell’arte in Polonia. Avere un supporto, anche minimo, da parte di uno solo tra questi enti aiuterebbe a motivare gli espositori, soprattutto nazionali, a partecipare.
LA SELEZIONE DELLE GALLERIE
Appena entrati è bastata una prima occhiata agli stand polacchi per capire il livello – in alcuni casi molto mediocre – delle gallerie nazionali invitate. Gallerie per lo più sconosciute sulla carta, con artisti in mostra non solo raramente interessanti dal punto di vista formale ed estetico (cosa comunque arbitraria), ma neanche appetibili a livello di mercato. È evidente che molte delle gallerie polacche presenti siano state chiamate a sostituire l’assenza dei grandi nomi, ma il risultato è stato insoddisfacente.
L’augurio è che, dai prossimi anni, gli organizzatori possano trovare il modo di coinvolgere gallerie davvero in grado di rappresentare autori polacchi da far conoscere ad acquirenti stranieri. Una selezione più qualificata delle gallerie sembra necessaria, così come è auspicabile che, a partire dalla prossima edizione, si possano trovare soluzioni per rendere l’evento più attrattivo per i grandi collezionisti e galleristi internazionali.
IL PARERE DEI GALLERISTI
Tra le (poche) gallerie straniere presenti, a distinguersi è stata senza dubbio la Contini di Londra, l’unica con due stand e con una proposta di opere fuori dalla media, se comparate al resto, tra cui una folta serie di sculture di Igor Mitoraj. Abbiamo domandato a Cristian Contini e Fulvio Granocchia qualche considerazione a caldo sul mercato polacco e sugli esiti della fiera, dal loro punto di vista: “La Polonia è certamente un posto propositivo e negli ultimi anni ha attirato le attenzioni del mercato: è indubbio che ci sia ancora un gap economico notevole, ma le persone che acquistano ci sono e in questi giorni, seppur molto timidamente, qualche buon collezionista si è presentato. In quanto all’evento in sé, è stato organizzato in modo un po’ approssimativo, a partire dalla location e dagli orari di apertura e di chiusura: che la domenica, il giorno potenzialmente con maggiore afflusso, gli stand debbano chiudere alle cinque di pomeriggio sembra una scelta discutibile. Anche la promozione dell’evento è stata debole, con una strategia a nostro avviso poco efficace. Tuttavia crediamo che la fiera in sé potenzialmente possa crescere molto. Certo ha bisogno di rodaggio. Ma il fatto che molti acquirenti abbiano mostrato reale interesse verso la nostra offerta lascia ben sperare. Noi il prossimo anno ci saremo senza dubbio, e faremo in modo di aiutare l’organizzazione a migliorarsi, coinvolgendo personalmente altre gallerie italiane”.
Si ricorda che la Polonia rappresenta geograficamente un crocevia strategico fondamentale, che apre tanto sull’arte russa, quanto su quella dell’est-europeo, il tutto a un’ora di aereo da Berlino. Il potenziale della fiera, dunque, è alto: basterebbero alcuni accorgimenti per invogliare qualche gallerista in più, e poi tutto verrebbe da sé. Con il giusto investimento, la fiera potrebbe diventare senza dubbio la finestra più importante sull’arte dei paesi emergenti dell’area ex-sovietica.
Alex Urso
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