Anche quest’anno Vienna Contemporary ha implementato il numero di gallerie presenti, ben tredici in più rispetto alla passata edizione. Visitando la fiera abbiamo incontrato la storica galleria di Dresda Gebr. Lehmann alla sua prima presenza a Vienna con le opere di artisti del calibro di Olaf Holzapfel, che parteciperà alla prossima Documenta, Slawomir Elsner, con una serie di lavori in dialogo con i maestri del passato, e Martin Manning, portavoce della ruggente Street Art di Dresda. I galleristi sono rimasti entusiasti di questa prima partecipazione e hanno particolarmente apprezzato il collegamento che la fiera ha saputo instaurare con l’est europeo.
Prima edizione anche per la galleria Kubik di Porto, che ha presentato, tra le altre, l’opera del brasiliano Felipe Cohen, vincitore del premio Illy sustainart ad Arco Madrid. L’unica presenza italiana è stata la galleria Boccanera di Trento, alla sua seconda edizione. Anche quest’anno ha presentato un interessante progetto, Bizarrely Entangled, degli artisti Linda Carrara, Filip DvoraÏk, Nebojša Despotović.
Partecipare alla fiera non è semplice: più che la nomea della galleria conta che il progetto sia in linea con la direzione artistica data dalla direttrice Christina Stenbrecher-Pfandt insieme al suo team curatoriale. Proprio con lei abbiamo provato a tirare le somme della fiera appena conclusa.
A questa edizione hanno preso parte ancora più gallerie. Alcune new entry arrivano dal nord Europa, che quest’anno faceva parte di un programma speciale, Nordic Highlights. Come si è sviluppato questo programma?
Il programma Nordic Highlights si è sviluppato grazie alla continua collaborazione con i Paesi scandinavi. Ci è stato proposto tre anni fa un progetto speciale poiché c’erano già alcuni collezionisti del nord Europa a Vienna e le gallerie cercavano già di creare delle connessioni, è stata un’idea organica. Da quel momento ho passato del tempo in Scandinavia. Il nostro auspicio è creare veramente un networking in modo che dopo la fiera possano esporre in Scandinavia artisti austriaci o comunque presenti alla fiera. Si tratta di gallerie molto attive. [Anhava (FI), Galleri Bo Bjerggaard (DK), Cecilia Hillström Gallery (SE), Christian Larsen (SE), Galerie Forsblom (FI), Galleria Heino (FI), Gallery Taik Persons (FI), N.d.R.].
Come vi siete mossi, nel concreto?
I collaboratori del nostro media partner Collectors Agenda hanno saputo in anteprima che avremmo avuto un focus sui Paesi scandinavi e hanno deciso di trascorrere l’estate in Scandinavia facendo delle interviste ai collezionisti. Il network si sta sviluppando naturalmente. È una nicchia di mercato e penso che questo focus sia stato molto utile per poter comunicare l’arte scandinava al nostro pubblico. Noi abbiamo selezionato degli artisti, i collezionisti a loro volta investono sugli artisti e si creano ulteriori partnership. Non è possibile forzare questo tipo di relazioni, è stato molto naturale. I Paesi scandinavi hanno bisogno anche di nuovi mercati.
Vienna Contemporary rappresenta anche un ponte tra la scena artistica dell’est e dell’ovest europeo. Quest’anno avete presentato un focus speciale sui Paesi dell’ex-Jugoslavia e dell’Albania. Quali erano le vostre aspettative per questa sezione?
Sono già diversi anni che poniamo i riflettori su un Paese in particolare. Chi viene a visitare la fiera conosce così anche la produzione artistica contemporanea di un altro Paese. Il nostro focus è particolarmente interessante perché non mostriamo solo una galleria, ma un network di curatori, galleristi e artisti. Quando entri in questo spazio partecipi a un dialogo, si tratta di differenti visioni sullo stesso tema. Non si tratta di una visione univoca, ma di una panoramica su diverse proposte che rappresentano il Paese in oggetto. Uno degli obiettivi è che questi artisti espongano qui a Vienna o in altri Paesi grazie alla fiera.
Quali nuovi trend avete notato da parte delle gallerie partecipanti a questa edizione?
In questa edizione uno dei nuovi trend è rappresentato dalla fotografia, maggiormente indagata rispetto alla scorsa edizione [la galleria Agnes Reinthaler, per esempio, ha presentato la giovane fotografa Ulrike Königshofer, che non solo ha vinto il premio di 5.000 euro per la realizzazione di una nuova produzione, ma ha anche generato un grande interesse da parte dei collezionisti, N.d.R.]
Abbiamo presentato anche più progetti cinematografici e trovato interessante che molte gallerie abbiano mostrato anche dei film. La prima sera della fiera abbiamo mostrato le pellicole artistiche delle accademie, le quali hanno partecipato attraverso un’open call e celebrato qui la loro première. In tal modo abbiamo dato un grande spazio a questo medium.
I maggiori collezionisti arrivano da Austria, Germania, Svizzera, UK ed Europa dell’est. Ma uno dei vostri scopi è raggiungere il pubblico americano. Siete riusciti a centrare l’obiettivo in questa edizione?
In questa edizione abbiamo avuto dei collezionisti americani, ma vogliamo veramente aumentare la nostra visibilità attraverso la stampa. Perché in America non si ha idea di come sia Vienna oggi. L’immagine di Vienna è legata all’Opera, alla musica classica, e non è una visione corretta. Da cinque anni lavoro per cambiare quest’immagine anacronistica. Abbiamo lavorato un sacco e quando i collezionisti arrivano rimangono stupiti, non pensando che Vienna abbia tanto da offrire in termini di arte contemporanea, musei, gallerie. E gli addetti ai lavori di Londra e New York pensano di sapere tutto e di avere tutto, ma non è così.
Ho lavorato molto su questo e continuerò anche per la prossima edizione della fiera. Abbiamo avuto la stampa americana quest’anno. Li abbiamo messi su una bicicletta e sono rimasti entusiasti di vedere così tanta offerta culturale condensata in poco spazio, senza andare per forza all’Opera. Penso che Vienna abbia una tale densità e qualità anche di vita da essere già di per sé convincente, basta soltanto sperimentarla.
Vienna Contemporary coopera da sempre con le istituzioni locali, generando un importante dialogo tra la fiera e la città. Com’è andata la collaborazione quest’anno?
Le istituzioni locali amano questa fiera. Ci sono così tanti art lover in città durante questa settimana! Ovviamente le istituzioni locali vedono il numero delle vendite aumentare alla fiera e i visitatori frequentano anche i musei che propongono ogni giorno un programma fitto di eventi. È una community che lavora ogni giorno insieme. La fiera Parallel, in contemporanea alla nostra, è un’ottima vetrina dell’arte emergente. Senza i giovani un luogo è morto. Non puoi invitare qualcuno e non mostrare anche le giovani proposte. Per questo abbiamo istituito Zone 1. Tutti coloro che vengono a Vienna devono capire che la città ha un futuro.
Vienna Contemporary aumenta ogni anno la propria visibilità tra le grandi manifestazioni fieristiche in Europa. Come vi proponete di migliorare questo risultato?
Abbiamo iniziato con la convinzione che Vienna sia il posto giusto per questa fiera. Ma devono capirlo tutti. E ora si sta creando il passa parola, e non dobbiamo più occuparcene direttamente. Questa è la parte migliore del nostro progetto. In termini di visitatori, stampa e vendite abbiamo raggiunto dei numeri molto positivi anche quest’anno.
Giorgia Losio
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