Il mercato delle aste. Parola a Giovanna Bertazzoni di Christie’s

Il mondo delle vendite all’asta non smette di riservare sorprese. Ma cosa succede quando un’opera cambia proprietario? Quali aspetti influenzano la scelta di vendere o acquistarne una? A questa e ad altre domande ha risposto Giovanna Bertazzoni, Deputy Chairman e direttore internazionale di Christie’s a Londra.

Fu quando Les Femmes d’Alger di Picasso, lotto 8A del catalogo d’asta, irruppero nella sala sotto la luce fioca dei riflettori in Rockefeller Plaza a New York e non volava una mosca, nemmeno fosse un’apparizione divina. E fu quando alle due di notte, ora italiana, del 10 novembre 2015 il Nu Couché di Amedeo Modigliani venne battuto per oltre 170 milioni di dollari e il nudo di donna dall’erotismo raffinatissimo finì per essere aggiudicato dai magnati cinesi. Ma fu soprattutto qualche anno prima, e più precisamente nell’estate del 2006, quando il Ritratto di Adele Bloch-Bauer, signora dei salotti viennesi frequentati da Sigmund Freud, Gustav Mahler e Richard Strauss, passò dalle mani di sua nipote, Maria Altmann, a quelle del collezionista Ronald Lauder, dopo una vicenda giudiziaria infinita che si concluse con la restituzione di cinque opere trafugate dai nazisti alla legittima proprietaria. E allora, soltanto allora, il celebre ritratto di Klimt, a lungo conosciuto come Woman in gold, partito dalla Galerie Belvedere di Vienna e finito a New York, attraversando l’oceano e cinquant’anni di storia del Novecento, scivolò sotto gli occhi di Giovanna Bertazzoni per l’ultima volta (per poi divenire il capolavoro della Neue Galerie): un’altra straordinaria opera d’arte stava per dirle addio e continuare la sua storia.

Giovanna Bertazzoni durante un'asta

Giovanna Bertazzoni durante un’asta

L’INTERVISTA
Giovanna Bertazzoni, Deputy Chairman e direttore internazionale di Christie’s a Londra, sa che ogni capolavoro intraprende un viaggio, attraverso il mercato, i grandi collezionisti, i musei, i salotti coi divani damascati. Ed è un viaggio che non finisce mai. Italianissima di Pavia, Bertazzoni prende quattro aerei a settimana e vola in Cina, Russia, Stati Uniti. La sua vita, fra opere d’arte e viaggi intercontinentali, comincia poco dopo la laurea in Storia dell’Arte a Pavia e una specializzazione all’Ecole Nationale du Patrimoine a Parigi. Nel 1998 entra da Christie’s a Londra e intraprende la carriera di ricercatrice e “specialist”. Oggi è uno dei manager della casa d’aste più importante al mondo. L’abbiamo intervistata.

Che cosa significa assistere alla vendita di un’opera?
È come lasciare un grande amore. Ogni volta con l’opera si crea un rapporto di passione viscerale. La vedi da vicino, corri ad accoglierla quando arriva nella casa d’aste, la osservi da sola nel silenzio, rimuovi la cornice, analizzi la condizione della tela, guardi ogni centimetro con la lampada di Wood. È come se il quadro diventasse tuo. Poi, se ne va. Viene venduto all’asta e finisce nella casa di un grande collezionista o in un museo.

E lì cosa succede?
Non lo vedi più. Capita magari di rincontrarlo anni dopo, in una mostra o a casa di un collezionista. E pensi: “Eccoti! Quanto tempo senza vedersi! Come stai?”. Sembra incredibile, ma è come ritrovare un amore perduto che hai amato tanto.

Quindi nel mercato dell’arte non si tratta solo di affari?
Si pensa che chi fa il mio lavoro sia animato da ragioni economiche. Si acquisisce un’opera, la si vende in asta e si cerca di battere il record. Ma, se io non avessi la passione per l’arte, il senso di sorpresa e la capacità di emozionarmi, non potrei mai svolgere seriamente questo lavoro. Viviamo fra poesia e prosaicità: la poesia del momento contemplativo e della gioia estetica, da un lato, e la prosaicità della transazione economica, dall’altro. Ma entrambi questi aspetti sono essenziali per essere un esperto d’arte convincente.

Gustav Klimt, Portrait of Adele Bloch-Bauer I, 1907

Gustav Klimt, Portrait of Adele Bloch-Bauer I, 1907

Quali sono le peculiarità del suo lavoro?
Vendere opere d’arte è difficilissimo. Il mio lavoro segue un percorso lungo e articolato, fatto di relazioni, conoscenze, frequentazioni, sensibilità e intuito. Dobbiamo conoscere i collezionisti, sapere quali opere possiedono e, al momento giusto, proporre di vendere, pensando già ai possibili compratori.

Che rapporto si crea con il collezionista?
È un legame di fiducia che s’instaura gradualmente. A volte ci vogliono anni. Vendere un’opera d’arte della propria collezione è come lasciare una parte di sé. Attorno a questi capolavori c’è un enorme valore affettivo e psicologico.

Quali aspetti emotivi entrano in gioco?
Innanzitutto il piacere intellettuale di ammirare un’opera tutti i giorni. E poterlo fare nella propria casa dà anche forza all’identità personale e familiare. Queste opere assumono un fortissimo valore di icona. Rappresentano dei totem, con una funzione quasi apotropaica. Disfarsene segna la fine di un rapporto.

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch Bauer II, 1912

Gustav Klimt, Ritratto di Adele Bloch Bauer II, 1912

Quando e perché si decide di vendere un’opera o un’intera collezione?
Dipende. Negli Stati Uniti, grazie ai vantaggi fiscali che si hanno dopo la morte del proprietario, agiscono gli eredi. In Europa è diverso. Ma le ragioni non sono sempre di tipo economico: a volte si vende perché il gusto della nuova generazione cambia, evolve verso il contemporaneo, verso un’arte che risponda meglio allo stile di vita delle famiglie di oggi. Quindi bisogna decidere cosa fare delle opere collezionate dalla generazione precedente. In questa fase entriamo in scena noi. Per dare consigli lucidi, obiettivi e soprattutto onesti.

È vero che avete una lista top secret di nominativi?
Sì. È una banca-dati segreta con tutto l’archivio di Christie’s dalla sua fondazione. Collezionisti, mercanti, successioni. Ma posso svelare che ci sono circa 1700 opere catalogate del valore di oltre 10 milioni di dollari ciascuna, solo nel mio segmento (ossia eseguite tra il 1850 e il 1950).

Chi acquista compie un mero investimento finanziario?
Assolutamente no. Gli acquirenti s’innamorano di queste opere. Si tratta di capolavori unici, prodotti dal genio e dal talento. È anche un momento di scelta estetica e sentimentale.

Chi condiziona il gusto del mercato dell’arte?
Certamente entrano in gioco più interlocutori che sono collegati da un circolo virtuoso: le case d’aste, i grandi musei, i maggiori collezionisti e le cosiddette mostre blockbuster, che alzano il livello di attenzione generale su un autore o un periodo e ne aumentano il successo.

Paul Cézanne, I giocatori di carte, 1890-95

Paul Cézanne, I giocatori di carte, 1890-95

Lei segue da vicino il Dipartimento di arte moderna e impressionista. Come sta andando?
C’è una riscoperta degli autori di questo periodo: è il momento dei compratori asiatici che si sono appassionati a questi artisti. Direi che adesso, tuttavia, il gusto si è assestato attorno al periodo moderno, alle “avanguardie storiche”, ambite sia dai nostri collezionisti di lunga data, sia dai compratori di arte contemporanea. Picasso, Chagall, Magritte, Miró sono gli artisti più amati nel mio settore. Il trend generale, comunque, è verso il contemporaneo.

Quali aste record ricorda nella sua carriera?
La più incredibile di tutte fu a Parigi nel 2009 con la collezione di Yves Saint Laurent. Facemmo il record del mondo di Brancusi, Modigliani, Duchamp e Matisse. Per anni rimasero imbattuti.

E il record di vendita in assoluto?
Una transazione privata in Qatar. 250 milioni di dollari per un Cézanne. Ma era I Giocatori di carte: magnifico.

Eletta Flocchini

www.christies.com

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Eletta Flocchini

Eletta Flocchini

Eletta Flocchini è giornalista professionista ed esperta di comunicazione. Laureata in Lettere Moderne con indirizzo in Storia dell’Arte, scrive per le pagine di Cultura e Spettacoli del Corriere della Sera, edizione Brescia. È specializzata in ambito culturale, attraverso la realizzazione…

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