Il mercato di Jannis Kounellis. Una lunga storia di successi
Una panoramica sulla lunga carriera dell’artista recentemente scomparso. Dalle mostre romane a quelle internazionali, dai musei alle gallerie, passando per le aste e le regole del mercato, la parabola creativa di Kounellis resta un esempio imprescindibile per le nuove generazioni.
A poco più di 80 anni, scompare a Roma Jannis Kounellis, uno tra gli artisti più amati della seconda metà del Novecento. Nato al Pireo prima del secondo conflitto mondiale (1936), si era formato ad Atene e si era trasferito nel 1956 a Roma, città dove ha vissuto fino a ieri. Europeista convinto, nel corso della sua intensa e fortunatissima carriera, si è confrontato con la pittura (vicino a Schifano, Testa…), la performance – celebre quella dei cavalli vivi alla galleria di Fabio Sargentini a Roma, nel 1969 – ma soprattutto con le installazioni di materiali solidi, ingombranti, pesanti come il piombo o profumati come il caffè, affrontando di frequente il grande formato. Artista adatto soprattutto alle sale dei musei e agli spazi ampi e maestosi, era in grado di reggere l’ambiente espositivo più retorico (e dunque più difficile) senza uscirne sminuito.
MOSTRE E MUSEI
Nei primi Anni Sessanta, Kounellis beneficia del boom della Dolce Vita e delle relazioni culturali con galleristi, direttori di musei e collezionisti stranieri (americani in primis) che la città eterna consentiva. Il suo ingresso sulla scena del mercato internazionale è agevolato dalla collettiva Kounellis, Rauschenberg, Schifano, Tinguely, Twombly alla Galleria La Tartaruga del 1961. L’associazione fin dalla prima ora, nel 1967, con l’Arte Povera di Germano Celant rafforza la dimensione globale. Il 1972 è il suo anno: partecipa alla Biennale di Venezia (tornerà in Laguna in quasi tutte le kermesse degli Anni Settanta e Ottanta, del 2011 e del 2015), a Documenta Kassel (poi, ancora, nel 1977 e nel 1982) ed espone da Ileana Sonnabend a New York. Dagli Anni Ottanta trionfa nei musei ed espone anche al Boijmans van Beuningen, al MAM di Parigi, allo Stedelijk di Amsterdam, al Museum of Contemporary Art di Chicago, al Reina Sofia, al Pecci di Prato, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, fino ad arrivare, qualche mese fa, alla Monnaie di Parigi.
GALLERIE E ASTE
Attualmente è sostenuto da un pool di gallerie di prim’ordine: Almine Rech, Cheim & Read, Gavin Brown, Lelong e Cardi, tra gli altri. In asta, i record sono recenti e naturalmente riguardano in larga parte i dipinti dei primi Anni Sessanta: il top lot raggiunto nel 2014 è per un grande pannello di metallo, juta e lana del 1968, che è stato venduto a 1.258.500 sterline, mentre a ottobre dell’anno scorso una tela del 1960 è passata di proprietà a 1.562.500 euro. Ad oggi, è annunciata la vendita, tra febbraio e marzo, di due sole opere (da Bonhams e Phillips), ma è davvero molto probabile che i prezzi delle opere “giuste” saliranno. Questa circostanza prevedibile, tuttavia, non risarcirà gli appassionati estimatori delle sue opere, oggi sempre più spesso costretti ad avere a che fare con artisti totalmente disinteressati a un’arte umanistica, eroica e universale come la sua.
Antonella Crippa
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati