Mercato e fiere. La guerra dei report
Il colosso fieristico svizzero Art Basel ha divulgato il proprio report sull’andamento del mercato durante il 2016. E i numeri non coincidono con quelli emersi dal rapporto di TEFAF, la fiera di arte e antiquariato con sede a Maastricht.
A meno di quindici giorni dalla pubblicazione del TEFAF Report 2017, il colosso delle fiere internazionali Art Basel risponde con il primo Art Basel and UBS Global Art Market Report. Pubblicato il 22 marzo e presentato a Hong Kong, lo studio rappresenta la risposta alla necessità della fiera svizzera di fornire ai suoi stakeholder la sua fotografia ad alta definizione del mercato globale dell’arte. Il paradosso è che si cimenta nell’impresa di prendere le misure di “un settore notoriamente difficile da quantificare”, come sottolinea Marc Spiegler nell’introduzione, proprio nell’anno in cui l’istantanea scattata denuncia una situazione di difficoltà nel settore che domina.
Come in tutti i report, sotto la lente è l’andamento del mercato del 2016 rispetto all’anno precedente; vengono messi a fuoco il totale delle vendite (numero e valore delle transazioni), le segmentazioni, le performance delle vendite all’asta, di quelle dei dealer e di quelle online. A una struttura tipica di questo genere di documenti, Art Basel e UBS aggiungono una riflessione sulla distribuzione della ricchezza e dei coiddetti “High Net Worth Individuals”, espressione comunemente usata dai private banker per indicare le persone il cui patrimonio eccede il milione di dollari; viene inoltre tracciato l’impatto del settore del mercato dell’arte sull’economia dei luoghi in cui esso avviene, sulla profittabilità del business, sul debito, sulla relazione tra mercato primario e secondario.
Il report, pertanto, fonde l’analisi che riguarda più strettamente il mercato dell’arte, visto attraverso gli occhi della fiera di Basilea e dei suoi partecipanti, con quella della finanza. Cura lo studio Clare McAndrew, professoressa di economia dell’arte, fondatrice di Arts Economics, una società di ricerca con sede a Dublino che in precedenza aveva firmato il report del TEFAF.
NUMERI E PERCENTUALI
Ma veniamo ai numeri. Secondo Art Basel/UBS il valore del mercato globale dell’arte nel 2016 è stato di 56,6 miliardi di dollari, l’11% in meno rispetto al 2015; il volume degli scambi avvenuti in asta è crollato del 26%, trascinando in basso tutto il settore. Nel 2016 si è assistito “a un continuo raffreddamento delle transazioni dell’arte post war e contemporanea, rispetto al picco del 2014 (l’anno migliore degli ultimi dieci anni), e soprattutto al sostanziale impoverimento di vendite del segmento più alto”. Secondo la professoressa McAndrew, “la crescita più lenta e la continua incertezza politica nell’economia globale hanno avuto ripercussioni sul mercato dell’arte nel 2016, comportando maggiore prudenza sia negli acquisti che nelle vendite”.
È invece aumentata la fetta delle transazioni di dealer e gallerie che, in totale, migliorano le performance del 3%. Negli Stati Uniti ha sede il 40% degli scambi, il 21% in Inghilterra e il 20% in Cina. L’arte del secondo dopoguerra e quella contemporanea perdono il 18% del valore delle transazioni, mentre aumenta del 5% il valore di quelle che riguardano l’arte antica. Crollano del 26% le vendite all’asta, crescono le trattative private e quelle online. Se si osserva il mercato mettendo in risalto l’area geografica, a soffrire di più nel 2016 sono stati gli Stati Uniti (che hanno perso il 16% e che hanno subito di più il crollo delle vendite all’asta); la Gran Bretagna perde il 12%, l’Europa il 10%, la Cina il 2%. In linea generale, il report calcola che, nel 2016, i prezzi delle opere d’arte siano scesi in media del 13% rispetto all’anno precedente.
L’Italia rappresenta l’1% del mercato globale e il 3% di quello europeo, ma del resto ospita il 4% degli “High Net Worth Individuals” di tutto il mondo, che a sua volta è l’1% della popolazione globale: poche persone, per quanto davvero abbienti, non possono che sostenere un mercato del tutto marginale e periferico rispetto a quello globale.
DIFFERENZE SOSTANZIALI
È proprio nella sostanza che il report del TEFAF e quello di Art Basel non coincidono. La stima del mercato globale per Maastricht è di 45 miliardi, 11,5 in meno di quella di Basilea, ma soprattutto, secondo Maastricht, il mercato ha guadagnato l’1,7% rispetto al 2015, mentre secondo Basilea ha perso l’11%; secondo il TEFAF la prima piazza degli scambi è la vecchia Europa, culla del collezionismo occidentale, mentre secondo gli svizzeri la migliore piazza rimangono gli Stati Uniti.
Com’è possibile una differenza così vistosa? Le ragioni stanno con tutta probabilità nella raccolta dei dati che riguardano le trattative private e nell’andamento degli affari di dealer e gallerie che popolano le due fiere (e che per questo report provengono da una raccolta dati la cui fonte è un questionario online anonimo compilato da 6.500 contatti tra dealer e collezionisti). Maastricht mette in evidenza che il settore dell’arte antica e degli oggetti da collezione si sta avviando verso un primo – per quanto faticoso e accidentato – riscatto, che avrà tempi lunghi e sarà poco appariscente ma che premierà chi sta investendo su quegli oggetti e su quelle opere. Al contrario, il settore del Post War e del Contemporaneo, rappresentati al meglio nelle sedi di Basilea, Miami e Hong Kong, che si erano sollevati con maggiore reattività e dinamismo dalla catastrofe del 2008 (dai 65,8 miliardi di dollari nel 2007 ai 39,5 del 2009), ora soffrono di nuovo in modo visibile. Un mercato sempre più polarizzato e sostenuto dal segmento altissimo delle transazioni è più soggetto ai bruschi scossoni dovuti al fallimento di pochi, ma costosissimi, deal.
– Antonella Crippa
www.artbasel.com
www.tefaf.com
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