Art people voices. Parola a Ivan Frioni
Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata ai collezionisti italiani. Stavolta la voce è quella di Ivan Frioni, avvocato milanese con la passione per le opere dei giovani artisti contemporanei.
Avvocato penalista nato nel 1970 a Milano, città dove vive ed esercita, redattore di numerose pubblicazioni sulle materie di cui si occupa, Ivan Frioni trova il tempo anche di collezionare arte contemporanea. Ha cominciato sette anni fa, “per puro caso”, dice. Incontra un artista e, voilà, la sua passione per l’arte antica, coltivata accanto a quella per la filosofia e la storia, si trasforma. Oggi ha circa quaranta opere, da una fotografia di Francesco Gennari, a cui è molto affezionato “perché risponde pienamente all’idea di collezione, intesa come ritratto della personalità” a lavori di Helen Marten, Ken Okiishi, Shannon Ebner, Caleb Considine e Gavin Kenyon. Raccoglie solo opere di giovani, tra scultura e pittura, tendenzialmente figurativa; quando non riesce ad allestirle in casa, le mette in deposito.
Quante opere acquisti ogni anno?
Cinque, sei opere al massimo.
Quali sono le opere che hai comprato negli ultimi sei mesi e quali gli artisti che stai seguendo?
Ho comprato lavori di Adam Gordon (Minneapolis, 1986), Elizabeth Jaeger (San Francisco, 1988) e Dan Finsel (Pennsyilvania, 1982). In questo momento sto approfondendo il lavoro di un paio di artisti, entrambi molto giovani.
Cosa ti piace di questi artisti o di queste opere?
Mi incuriosisce il loro linguaggio, lo trovo per certi versi sorprendente, comunque originale, ricco di ambiguità e dunque aperto a molteplici letture. In un caso – quello di Adam Gordon – è un linguaggio quasi indecifrabile, almeno per quelle che sono le mie limitate capacità di analisi.
Quali sono gli artisti che hai apprezzato di più alle ultime fiere di Basilea, Londra, Parigi?
Dovrei farti nomi di artisti sin troppo noti. E comunque, al di là di quel che hanno proposto le fiere, ho visto alcune splendide mostre. Una su tutte – restando alla produzione emergente ‒quella di Josh Kline da Modern Art.
E alle ultime Biennali?
Diversamente dalle fiere, le biennali d’arte non sono per me occasioni per cercare, ma per conoscere. Mi metto in ascolto, composto, in silenzio, nella speranza di sentire voci interessanti che mi aiutino a conoscere quel che ancora non so o a capire meglio quel che non riesco a comprendere.
Sei tra i produttori di due video di Yuri Ancarani, pluripremiato. È una esperienza che ripeterai?
È un’esperienza che ripeterei, certamente. Ma sono sempre le circostanze che determinano gli eventi e non so se circostanze analoghe si ripeteranno. Di quelle produzioni, in ogni caso, ho davvero un bellissimo ricordo.
Dove sta andando il mercato dell’arte contemporanea?
Il mercato dell’arte è preda della finanziarizzazione del mondo. Mi sembra un dato indiscutibile, una verità oggettiva che risalta fra le tante verità precarie da cui il sistema dell’arte è governato. La domanda più interessante che possiamo farci non è dove sta andando il mercato ma se quello in atto è un fenomeno reversibile.
– Antonella Crippa
L’articolo in versione ridotta è stato pubblicato su Artribune Magazine #37
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