Mercato e fotografia. Tempo di bilanci
Qual è lo stato di salute del mercato della fotografia? Nonostante i buoni risultati dello scorso semestre, gli osservatori hanno evidenziato una flessione. In linea con le tendenze del mercato dell’arte contemporanea.
A fine giugno, anche per il mercato della fotografia è tempo di bilanci. Photo Basel, l’ultimo appuntamento della stagione dedicato alle foto e all’arte photo-based, anche quest’anno è stata trainata dalla contemporanea Art Basel che, al contrario, sembrava orfana di fotografie; per il quarto anno, la giovane fiera nata nel 2015 ha beneficiato della presenza di collezionisti e curatori che avevano la possibilità di scegliere tra le proposte anche di Liste, Volta e Scope. Tra gli stand, Master Cabinet, la sezione dedicata ai vintage del Novecento organizzata per la prima volta, ha rappresentato la novità di un settore in cui evidentemente cresce l’interesse per il linguaggio specifico del medium che più di ogni altro ha condizionato la società e rivoluzionato ogni aspetto dell’arte, e che per giunta è ancora relativamente accessibile, per lo meno confrontato con video, pittura e installazioni. Yoko Ikeda, rappresentato dalla Ibasho Gallery di Anversa, si è aggiudicato l’Alpa Award 2018, premio acquisizione inaugurato quest’anno. Nei report divulgati a booth disallestiti, l’87% degli espositori ha dichiarato di aver concluso buone transazioni, pertanto un successo.
I NUMERI
Ma qual è l’andamento del mercato negli ultimi mesi, cosa dicono i numeri? Secondo l’Art Basel & UBS Art Market, nel 2017 il 9% del valore del mercato dell’arte è stato generato dalla fotografia e ha rappresentato il 13% delle transazioni delle gallerie. In base a quanto pubblicato dagli operatori intervistati su Artsy, i prezzi medi per opera si aggiravano intorno ai 16mila dollari.
Tuttavia, mentre ArtTactic documenta che nel secondo semestre del 2017 le vendite di Christie’s, Sotheby’s e Phillips, a New York, Londra e Parigi registravano un incremento del 47.5%, a New York ad aprile di quest’anno gli osservatori hanno evidenziato una flessione, con molte aggiudicazioni vicine alle stime minime. Negli stessi giorni del Photography Show, la più longeva delle fiere del settore, Christie’s ha infatti totalizzato 5.1 milioni di dollari (nel 2017 erano stati 5.6), lo stesso risultato di Sotheby’s (nel 2017, 3.7 milioni) e Phillips 4.9 milioni (nel 2017, $ 9.1). Tra i top lot, nessuna opera ha superato la soglia del milione; le migliori performance sono state registrate da scatti di Diane Arbus (da Christie’s, $ 792mila, nuovo record per l’artista), Peter Beard (da Phillips, $ 603mila) e Richard Avedon (da Christie’s, $ 456mila). Siamo lontani dal record di Andreas Gursky del 2011, la cui Rhein II fu venduta oltre i 4 milioni da Christie’s New York, diventando l’opera fotografica più costosa mai aggiudicata in asta, anche se in quel caso sarebbe più opportuno parlare di photo-based art.
UN MERCATO INSTABILE
A Londra, a maggio, durante Photo London, la situazione è apparsa migliore se confrontata con le relative vendite dell’anno precedente. L’asta di Christie’s ha totalizzato 1.578.875 sterline (molto vicino ai 1.5 milioni del 2017), Sotheby’s 1.307.250 sterline (il 30% in più del 2017, quando si era fermata a 816 mila) e Phillips 3.5 milioni, molto migliorando la performance di maggio 2017 (2,3 milioni) e assestandosi come top player del settore.
Che l’interesse per la fotografia cresca non è in discussione, come testimonia anche la recente organizzazione di nuove vendite dedicate alle foto dalle case d’aste italiane; c’è però da chiedersi se sia precipuo o invece “di risulta”, se cioè collezionisti e investitori siano attirati perché appassionati o confidenti in un buon investimento oppure perché respinti dal mercato dell’arte contemporanea, che sembra implodere su se stesso, impazzito a causa del valore oggettivamente stratosferico di alcune opere e l’altrettanto insensato costo dei servizi correlati. In ogni modo, il mercato della fotografia, cappello sotto cui convergono segmenti e interessi diversi tra loro e che pertanto seguono logiche non necessariamente coincidenti, oggi appare instabile almeno quanto quello dell’arte contemporanea, anche se le cifre investite non sono neppure lontanamente paragonabili.
‒ Antonella Crippa e Cristina Masturzo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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