Art people voices. Parola a Giuseppe Casarotto
Il collezionista bergamasco Giuseppe Casarotto descrive la propria passione per l’arte e i criteri che orientano le sue scelte.
Giuseppe Casarotto (Bergamo, 1952) è dirigente d’azienda. Dal 2014 è presidente dell’associazione culturale Club GAMeC. Con altri sei collezionisti condivide una collezione in crescita di opere video di artisti internazionali. La sua avventura nell’arte contemporanea ha preso avvio negli Anni Settanta, “catturato da un acrilico su carta da pacchi” di Mario Schifano. Dagli Anni Novanta inizia ad acquisire opere con continuità, prima di artisti già affermati, concettuali e dell’Arte Povera, poi delle nuove generazioni internazionali.
Cosa ti colpisce in un’opera?
A colpirmi non è solo l’aspetto estetico, quanto la portata di innovazione di un particolare gesto artistico e la qualità dell’esecuzione. Non cerco di capire, piuttosto di frequentare gli artisti per scoprirne il talento.
Quanto è importante per te il rapporto di fiducia con i galleristi e con gli artisti?
Con l’evoluzione dei mezzi di comunicazione, ho potuto sviluppare le ricerche in modo autonomo, così oggi mi accade spesso di apprezzare il lavoro di un artista e solo dopo di cercare la galleria di riferimento. Il rapporto di fiducia con i galleristi è stato fondamentale per le acquisizioni di opere di artisti consolidati, da Enrico Castellani a Jannis Kounellis, o degli americani, come Kenneth Noland e Dennis Oppenheim. Oggi lo scenario è cambiato, la proposta artistica è cresciuta esponenzialmente, così come il mio interesse per le nuove generazioni.
“A colpirmi non è solo l’aspetto estetico, quanto la portata di innovazione di un particolare gesto artistico e la qualità dell’esecuzione“.
Come sono cambiate le tue scelte nel tempo e quali gli artisti che segui di più attualmente?
I miei gusti non sono cambiati, piuttosto si è allargata la rosa delle scelte, talvolta influenzate dal consenso di collezionisti, curatori, critici, direttori di musei. Sono più attento anche alle dinamiche del mercato e ai possibili sviluppi di un’acquisizione. Resta ancora costante il mio interesse per pratiche riconducibili ad una “arte essenziale”: in collezione trovano spazio Thea Djordjadze, Jason Dodge, Karla Black, per i quali il gesto artistico, radicale nella semplicità, è espressione di una forma essenziale, oltre l’arte cosiddetta “impegnata”. Recentemente ho valutato con molto interesse anche opere fotografiche di Ryan McGinley, Roe Ethridge, Torbjørn Rødland e Joanna Piotrowska.
Come consideri la situazione del mercato oggi?
Mi auguro che il mercato possa andare incontro e imparare a soddisfare le esigenze di un pubblico sempre più vasto di collezionisti giovani e non necessariamente facoltosi.
‒ Cristina Masturzo
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #44
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