Trend e new entry del mecenatismo culturale. Intervista a Anders Petterson

Fondatore di ArtTactic, la più importante società di analisi del mercato dell’arte esistente al mondo, Petterson ha redatto quest’anno il famoso Tefaf Art Market Report, promosso come di consueto dalla fiera di Maastricht. Tema di quest’anno “Art Patronage in the 21st Century”. Ne abbiamo parlato proprio con Petterson

A Maastricht, come ogni anno, la fiera Tefaf ha presentato il Tefaf Art Market Report. L’evento si è tenuto il 6 marzo scorso regolarmente (anche se poi ha dovuto chiudere anticipatamente l’11 marzo a causa dell’emergenza Coronavirus), alla presenza di un pubblico ristretto ma molto qualificato che si è radunato nell’Auditorium 2 all’interno del MECC, la struttura alla periferia della città olandese che è tradizionale sede della fiera.

Anders Petterson - ArtTactic

Anders Petterson – ArtTactic

IL TEFAF 2020

Tema dell’edizione 2020, “Art Patronage in the 21st Century”, argomento scaturito dal documento recentemente redatto dal britannico Anders Petterson, fondatore (a Londra, nel 2001) e managing director di ArtTactic, la più importante società di analisi del mercato dell’arte esistente oggi al mondo. Protagonisti della tavola rotonda del Report, oltre a Pettersson stesso, sono stati Rima Mismar (director di AFAC – Arab Fund for Arts and Culture), Georgina Adam (art market editor-at-large di “The Art Newspaper” e contributor di “Financial Times”, nonché saggista), Charlotte Appleyard (development and innovation director alla Royal Academy of Arts) e Nanne Dekking (ceo di Artory e board chairman di TEFAF). Moderatore, Thomas Marks, editor di “Apollo”. Lo studio di Pettersson, attorno al quale si sono articolati i vari interventi, è incentrato sui contributi filantropici privati alle arti visive, storicamente sempre esistiti e, in particolar modo, sui profondi cambiamenti nelle modalità e nelle motivazioni cui sono stati sottoposti negli ultimi decenni. Questo grazie alle innovazioni tecnologiche (ruolo dei social media e di patronage network come Outset, di piattaforme di crowdfunding come Kickstarter o Patreon, dei blockchain utili alla trasparenza in fase di vendita/acquisto) e al coinvolgimento delle più o meno nuove generazioni (Generazione Z, Millennials, Generazione X, Baby Boomers), che hanno reinventato l’art patronage spostando l’interesse dall’ “oggetto” all’ “esperienza”, anche e soprattutto in termini di partecipazione sociale. 

REINVENTARE L’ART PATRONAGE

Dunque, scenari complessi, indagati sia là dove i musei e le strutture pubbliche sono inesistenti, ma inediti eco-sistemi di mecenatismo privato si stanno configurando (Asia, Africa, Medio Oriente, America Latina), sia laddove le donazioni di collezionisti sono da tempo pratica consolidata e diffusa, ma ora si impongono come indispensabili per i tagli economici pubblici (Europa, USA). Valori e dati statistici sono puntualmente illustrati quanto a contributi a favore di realtà pubbliche e private, a motivazioni, a canali praticati, ad aspetti etici che investono il donatore e la provenienza dei fondi devoluti.  In particolare, il Report approfondisce le realtà più innovative che nel mondo si sono venute consolidando negli ultimi vent’anni e a cui fanno capo importanti iniziative filantropiche: Delfina Foundation, Second Floor Studios & Arts (UK), Fondazione Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (Italia), Arab Fund for Arts and Culture-AFAC (Libano), African Culture Fund – AFC (Africa), The Guest Artists Space – G.A.S. (Nigeria), W8 Advisory (UK, Africa), Tata Trust’s Art & Culture (India). Alcune, fra l’altro, gestite da artisti, come nel caso di G.A.S., fondata da Yinka Shonibare MBE. Ne abbiamo parlato proprio con Anders Petterson.

G.A.S. Foundation. Lagos Yinka Shonibare, uno dei fondatori

G.A.S. Foundation. Lagos Yinka Shonibare, uno dei fondatori

Innanzitutto quali le differenze fra i termini patronage e philanthropy, usati nel Report a proposito del mecenatismo culturale?

Credo che la differenza oggi non sia così precisa e ci sia anche una certa confusione nell’uso delle parole. Patronage nella storia è stato associato al contributo dato da privati per sostenere un artista o la sua carriera, sia attraverso l’acquisto che la commissione di opere, e per costituire musei. Philanthropy è usato anche al di fuori del mondo dell’arte, d’altra parte i patron oggi racchiudono in sé anche le qualità dei philanthrophist. I patron sono mossi da una passione individualistica, oltre che da una sorta di coinvolgimento emozionale che li spinge a sviluppare qualcosa di ‘concreto’, che genera ‘differenza’. In passato c’era una distinzione fra i patron come sostenitori economici delle arti mentre i philanthrophist si collocavano nell’area dell’ ‘altruismo’. Io penso che oggi le due figure siano quasi inscindibili. Vedo ora anche la filantropia come un atto di sostegno che si esplica in molte forme, non solo necessariamente in termini di danaro, ma anche di tempo, di conoscenza, di competenza, al fine di intervenire positivamente nel mondo dell’arte, … e la stessa cosa avviene per il patronage.

Potrebbe fare un esempio?

Delfina Foundation, fondata negli anni ‘80 dalla collezionista-mecenate spagnola Delfina Entrecanales. Delfina creò a Londra uno studio per artisti: in quel caso si trattava di artisti britannici, che trovarono qui un luogo dove vivere e produrre. Se si guarda all’attività della Fondazione, ci si rende conto che oggi sta diventando un’incubatrice di sperimentazioni: non si tratta solo di produzione di oggetti quanto di pratiche operative. Per la fondatrice, che si sta ora ritirando dall’attività, l’aspetto più interessante era la partecipazione alle ‘storie’ degli artisti: sostenere e seguire gli artisti era per lei più prezioso che possedere le opere. In questo modo il senso di proprietà si riferiva alle relazioni con gli artisti. Celebre la sua frase: ‘I don’t collect art, I collect artists’.

Delfina Foundation, Londra

Delfina Foundation, Londra

Quali i più evidenti cambiamenti nel mecenatismo degli ultimi decenni?

Ci sono stati mutamenti in termini demografici e generazionali a livello globale: il mondo sta cambiando, le priorità sono diverse, stiamo fronteggiando grandi problemi riguardanti il clima, le disuguaglianze sociali e così via, e questo non può che influire sull’agenda delle donazioni. Basti pensare a The Giving Pledge, la campagna di sensibilizzazione volta a coinvolgere le classi ad alta disponibilità economica in iniziative filantropiche, di cui, a esempio, fa parte anche Mark Zuckerberg. L’arte deve confrontarsi con nuove urgenze.

Oggi c’è maggior consapevolezza riguardo all’ ‘etica’ del donare?

Sento che siamo arrivati a un punto in cui gli obblighi etici e morali sono avvertiti dalle ultime generazioni in modo più forte rispetto che in passato. Penso ci sia un senso del ‘dovere’ che si afferma anche nel mondo dell’arte.

Quale la differenza fra scenario europeo e nordamericano?

In America, a causa della quasi totale assenza di fondi pubblici, si è verificato il fenomeno che il 90% dei fondi devoluti a musei e istituzioni sia di provenienza privata. Gli USA hanno coltivato fin dalle origini la cultura della donazione. È quasi parte della loro morale: ‘se guadagni denaro devi dare qualcosa indietro’. È una sorta di attitudine naturale. Se si confronta il modello americano con quello europeo, ci si rende conto che gli USA sono un passo avanti perché sono abituati a fare affidamento su fondi privati, l’Europa no.

Entrance TEFAF Maastricht 2020

Entrance TEFAF Maastricht 2020

In che modo il mecenatismo è presente in continenti come Asia e Africa?

Tali continenti non hanno supporti pubblici da investire in istituzioni d’arte. Interessante osservare come queste aree diventino però dei modelli. In South Asia e India ci sono casi di patronage riconducibili a privati, spesso si tratta di famiglie economicamente consolidate, artisti affermati o associazioni. Si lavora con residenze per artisti e ci sono patron che sostengono musei pubblici.

Tali iniziative sono riconducibili a un ambito locale o esiste, alla radice dell’operazione, una visione globale?

Partono localmente, a esempio in South Asia, ma poi si delinea un network più ampio: vedi in Bangladesh, vedi in Pakistan. Naturalmente, queste aree presentano situazioni complesse per motivi politici e religiosi, ma è accaduto che dei network siano stati costruiti con il supporto di filantropi privati.

Che dire delle nuove generazioni?

Credo che il significato di ‘proprietà’ sia molto cambiato. Collezionare artisti invece che arte è qualcosa di applicabile alle nuove generazioni; se si guarda, a esempio, a piattaforme online come Kickstarter, si può constatare che le nuove generazioni siano più ‘dentro’ esperienze d’arte che ‘dentro’ oggetti.

Che cosa pensa dell’attività dei luxury brand a favore della cultura?

Credo sia una buona cosa. Le linee di demarcazione fra lusso, arte a moda sono molto più indefinite oggi rispetto al passato. Se si guarda alle case d’asta a New York o a Londra o in altre parti del mondo, puoi vedere che le vendite non riguardano più soltanto la Fine Art. Puoi riscontrare nelle vendite di Old Master a Londra gli old master mescolati alla moda. Certo, la ragione è in parte dovuta al fatto che le case d’asta vogliono espandere la loro audience…

Le fondazioni private possono assumere le funzioni di musei pubblici?

Nella maggior parte dei casi non ci sono fondi pubblici che aiutino il sistema dell’arte. E fuori dall’Europa, di base, non c’è nessuno che supporti l’arte. Dobbiamo chiederci: ‘Questa mostra è di pubblico interesse? Si può considerare utile al pubblico?’ … O, trasferendo la domanda all’ambito delle trasmissioni televisive: ‘È giusto guardare solo Netflix o si deve poter disporre tutti di un canale di emittenza pubblica?’.

Quali immagina possano essere le conseguenze della diffusione mondiale del coronavirus nel sistema del mondo dell’arte? Come cambierà il fenomeno del patronage ?

Con l’epidemia di coronavirus che sta rapidamente dilagando nel mondo, distruggendo vite umane ed economia, il settore commerciale e non-commerciale dell’arte appare particolarmente vulnerabile. A causa dello scoraggiamento, o, addirittura, della cancellazione di sempre più numerosi eventi pubblici e incontri sociali, la fondatezza dell’esistenza stessa di molte di queste organizzazioni sarà testata. Credo che oggi più che mai la generosità dei singoli e la loro passione per l’arte aiuteranno piccole e grandi organizzazioni artistiche e gli artisti stessi, e che sarà dimostrato perché è così importante incoraggiare nuove audience, costruire infrastrutture sostenibili e abbracciare nuovi modelli di art patronage. Il ruolo della tecnologia digitale esce allo scoperto attraverso i social media e il crowdfunding on line, che diventeranno naturali strumenti per il mondo dell’arte per cercare assistenza e aiuto. Spero fortemente che nel mondo fedeli audience e patron dimostrino solidarietà nel sostenere quelle organizzazioni e iniziative con finalità artistiche che hanno suscitato loro gioia in passato, e che oggi offrano loro le cime di salvataggio di cui hanno disperatamente bisogno per continuare a fornire supporto all’arte e alla cultura. Credo che il risultato, non appena saremo fuori dalla crisi, sarà la conquista di una struttura più forte, e che la nostra vita in isolamento porterà a una nuova visione del valore dell’arte nella società.

– Alessandra Quattordio

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Alessandra Quattordio

Alessandra Quattordio

Alessandra Quattordio, storica dell’arte e giornalista indipendente, ha esordito a fine Anni Settanta come curatrice dei cataloghi d’arte e fotografia editi dalla Galleria del Levante a Milano. Dopo la laurea in Storia dell’arte all’Università Statale di Milano, inizia a collaborare…

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