Lo stato delle gallerie d’arte nel post Covid. Intervista a Mauro Stefanini, Presidente di ANGAMC
Il Presidente di ANGAMC, associazione nazionale delle gallerie d’arte moderna e contemporanea, che da sessant’anni si occupa di tutelare e promuovere il settore, ci parla di questa delicata fase post-Covid e dei cambiamenti che stanno incidendo sul sistema del mercato dell’arte italiano.
Il lockdown che ha costretto a chiudere i battenti delle gallerie per mesi, la cancellazione di fiere e eventi internazionali, l’avvento massiccio di viewing room e attività digitali che sostituiscono il rapporto diretto tra gallerista e acquirente. Il sistema di cui fanno parte le gallerie sta cambiando velocemente, accompagnato dalla recessione economica, talvolta minando attività di chi già in precedenza doveva far fronte a molteplici problematiche. Abbiamo chiesto il punto della situazione a Mauro Stefanini, Presidente di ANGAMC – Associazione Nazionale Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea che da decenni si occupa di assistere, promuovere e tutelare le gallerie italiane.
ANGAMC è attiva dagli Anni ’60 con lo scopo di promuovere e tutelare le gallerie. Ma come è cambiato il suo compito nel corso del tempo? Come si sono evolute le necessità delle gallerie durante questi decenni?
Abbiamo assistito alla trasformazione identitaria delle gallerie, che da realtà attive in ambito prevalentemente locale si sono trasformate in attività più complesse, aperte al mercato internazionale e alle sue maggiori potenzialità. Parallelamente a questo cambiamento, l’ANGAMC ha dovuto anch’essa modificare la sua identità, implementando le proprie collaborazioni con esperti di differenti settori (per lo più legali e tributaristi), per sostenere le necessità di una categoria sempre più identificabile con una realtà aziendale.
Quali sono le maggiori criticità riscontrate in questo settore?
I nostri problemi si chiamano burocrazia eccessiva e fiscalità poco concorrenziale rispetto a quella dei paesi stranieri con i quali dobbiamo confrontarci.
Anche il modello stesso di galleria è stato messo più volte in discussione come qualcosa legato al passato. Qual è l’importanza di una galleria nel tempo delle mostre online o degli artisti che usano Instagram per autopromuoversi?
Allo stato attuale che gli artisti possano pensare di costruire la loro carriera senza la guida di una galleria d’arte è poco probabile. Non si può negare che Instagram sia una vetrina importante ma è ancora lontano il tempo in cui i social media possano divenire una piazza privilegiata dove fare mercato in maniera seria e continuativa.
Dove sta allora la differenza?
Un gallerista fornisce ad un artista i canali necessari per farsi conoscere al grande pubblico: intendo i rapporti con Musei ed Istituzioni, compie importanti sforzi per collocarne le opere in collezioni prestigiose, mette a disposizione i propri spazi espositivi per valorizzare il frutto della sua produzione artistica, a volte influenzandone il gusto, in uno scambio che spesso arricchisce entrambi e infine lo sostiene economicamente.
Cosa ne pensa del ricorso al digitale, di cui si è fatto largo uso negli ultimi mesi?
Personalmente considero le mostre online un temporaneo succedaneo delle fiere e delle mostre in galleria. In generale ritengo ancora vero che l’arte richieda di essere esperita con tutti i sensi e, dunque, vista dal vero per poterne cogliere appieno la portata e sentirne le vibrazioni. Le gallerie sono dunque i luoghi in cui questo incontro può avvenire, godendo di un ambiente frizzante e culturalmente stimolante.
La durissima crisi di quest’anno sta mettendo alla prova il mercato dell’arte costringendolo ad affrontare nuove sfide, a reinventarsi velocemente. Pensa che si possa trarre un insegnamento dai fatti avvenuti in questa prima parte del 2020?
La chiusura delle attività a marzo ci ha costretti ad accelerare le tempistiche relative ai piani di implementazione della nostra attività su social media e piattaforme digitali che, nella maggior parte dei casi, erano già avviate. Ma il rapporto umano e fiduciario che si instaura tra gallerista e collezionista è difficilmente sostituibile con una semplice interazione virtuale.
Può dirci di più?
La fine del lockdown ci ha confermato che i collezionisti hanno ancora necessità di un contatto diretto con la galleria, visionando le opere dal vivo, per cui i tempi non sono ancora maturi perché l’attività in ambiente digitale possa interamente soppiantare l’attuale sistema di vendita fatta di scambi in fiera o in galleria. Abbiamo tuttavia imparato che la tecnologia rappresenta un fondamentale elemento della nostra attività quotidiana e che le diverse piattaforme che sono andate moltiplicandosi possono rappresentare delle vere opportunità.
Quali sono gli strumenti che ANGAMC ha messo in atto recentemente per sostenere le gallerie? Penso alla nuova sezione mercato che avete istituito, ce ne può parlare?
Lo sviluppo della sezione “Mercato” nasce dalla semplice idea di creare un sistema di vendita tra gallerie associate, allo scopo di favorire lo scambio di opere tra colleghi a discapito dell’alternativa della vendita in asta, che potrebbe essere dannosa per le quotazioni di mercato degli artisti rappresentati dai nostri associati.
Qual è, quindi, lo scopo ultimo di questa sezione?
Si vuole fornire una possibilità ulteriore di vendita alle gallerie iscritte all’ANGAMC, ponendo inoltre le basi su possibili quanto auspicabili rapporti di collaborazione tra colleghi.
Durante il lockdown ANGAMC ha inviato una lettera al Ministro del MIBACT denunciando la grave situazione di asfissia che stavano subendo le gallerie. Com’è andata a finire?
Non abbiamo ricevuto alcun riscontro dal Ministro e, terminata la fase acuta della crisi, è nostra ferma intenzione riaprire con l’Onorevole Franceschini un tavolo di lavoro per ottenere risposte concrete alle nostre richieste stringenti.
Quali sono i punti che discuterete in quella occasione?
Le gallerie italiane sono in affanno e ritengo che le proposte espresse nella lettera possano costituire un importante volano per la ripresa del mercato, ponendoci sullo stesso piano normativo e fiscale dei nostri concorrenti europei. È in quest’ottica che l’Art Bonus (la possibilità da parte dei possessori di partita IVA di portare a bilancio l’acquisizione di opere d’arte, ammortizzando il 65% della cifra investita), la riduzione dell’aliquota IVA nel contesto del mercato primario (si chiede di portarla al 10%, dal 22% attuale, così come avviene nelle vendite tra artista e galleria), la riduzione dell’IVA sull’importazione per portarla allo stesso livello di quella applicata negli altri paesi europei (dal 10% al 5%) ed infine la richiesta di una più equa applicazione del diritto di seguito siano dei punti vitali per la nostra attività. Una fiscalità agevolata renderebbe più competitivo il sistema italiano dell’arte, avvicinandolo ai flussi del collezionismo internazionale.
In questo difficile anno l’ultima notizia riguarda l’esito di Miart, che sarà interamente digitale. Le gallerie come hanno accolto questa notizia?
Era ampiamente auspicabile che Miart venisse rinviata, sia per la difficile situazione sanitaria lombarda, sia per l’assenza annunciata dei principali espositori nazionali e internazionali, non disponibili a partecipare ad una fiera che, per le ragioni già esposte, avrebbe probabilmente registrato un forte decremento in termini di presenza di pubblico.
Come si è interfacciata ANGAMC in questa situazione?
In questi mesi ANGAMC, fattasi portavoce dei suoi associati, ha avuto un fitto dialogo con la dirigenza di Fiera Milano e, seppure in ritardo, è stata presa la decisione più giusta. È ovvio che non partecipare ad una fiera come Miart è una grave perdita per le gallerie ma, con i presupposti che si erano venuti a creare, un’edizione 2020 impoverita dall’assenza dei player principali avrebbe rappresentato un forte rischio per la reputazione internazionale raggiunta dalla fiera portata a questi livelli da Alberto Salvadori, Vincenzo De Bellis e Alessandro Rabottini, per non parlare del rischio finanziario che avrebbero corso i galleristi.
Per quanto riguarda le altre fiere italiane, invece?
È da qualche anno che l’ANGAMC ha costruito una solida partnership con i principali enti fieristici italiani e stiamo utilizzando questa posizione per difendere gli interessi della nostra categoria consigliando i nostri interlocutori sulla base delle esigenze dei galleristi. La principale perplessità dei nostri associati resta legata agli alti costi di partecipazione alle fiere (rappresentano la voce di spesa più importante del bilancio di una galleria) che chiederemo di ricontrattare alla luce delle perdite legate all’inattività di questi mesi.
-Giulia Ronchi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati