Fondazione Venezia mette in vendita i suoi gioielli immobiliari: c’è anche Casa dei Tre Oci
La smentita alla smentita. Dopo le rassicurazioni del mese di maggio, quando si escludeva la messa in vendita del prestigioso patrimonio immobiliare della fondazione di origine bancaria, la crisi pandemica accelera la svolta: dalla preziosa “Casa dei Tre Oci” all’M9 a Mestre, grandi istituzioni di arte e cultura stanno per cambiare proprietario. Ma in che direzione?
Vittima della crisi o semplicemente mossa gestionale volta a una ragionata ridistribuzione della ricchezza? È l’interrogativo che ruota attorno alla Fondazione Venezia che, dal 1992, è in campo per “grandi aree di intervento e di progettualità: arte, attività e beni culturali; ricerca scientifica e tecnologica; educazione, istruzione e formazione”, come si legge dalla storia dell’ente, ex Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia. Alcune delle sue prestigiose sedi, divenute realtà artistiche e culturali riconosciute, saranno infatti vendute. In fondo, si asseconda l’origine dell’istituzione, una rete di “investimenti bancari” riuniti per volere del Governo Italiano, all’inizio degli anni ’90. Il lato finanziario era stato nominalmente messo da parte nel 2004, quando sopravvisse solo quello di “Fondazione”, giuridicamente ente di natura privata e non profit. I difensori del patrimonio artistico e culturale avevano già storto il naso a maggio 2020, quando erano uscite delle valutazioni di valore sugli immobili in questione, ma allora pure il sindaco della città di Venezia, Luigi Brugnaro, aveva assicurato: “La Casa Dei Tre Oci non si tocca”. E adesso che fine farà?
LA CASA DEI TRE OCI, PATRIMONIO ARTISTICO DI VENEZIA
Perché temere la mossa “imprenditoriale” del Presidente della Fondazione, Michele Bugliesi, ex Rettore della Prestigiosa Università Ca’ Foscari, nominato lo scorso giugno 2020? In gioco sono sedi di spicco del patrimonio culturale e artistico. La Casa Dei Tre Oci, l’esempio più noto, è una testimonianza dell’architettura di inizio ‘900 nella città di Venezia. Situata sull’Isola della Giudecca, è “figlia d’arte”, disegnata dall’artista Mario De Maria come casa-studio personale, diventata poi dimora del figlio Astolfo, anch’egli pittore. Nel corso degli anni, è stato luogo di incontro ed ospitalità per tanti artisti della Biennale, intellettuali di passaggio, personaggi di fama internazionale. I “tre occhi” dell’edificio neogotico e avanguardistico, sono stati acquistati nel 2000 dalla Fondazione Venezia. Dopo un lungo restauro, l’edificio ha aperto al pubblico nel 2012 trasformandosi in uno dei rari interessanti punti riferimento italiani per la fotografia. Le esposizioni hanno coinvolto fotografi di rilevanza mondiale: Erwitt, Salgado, Berengo Gardin, Burri, Newton, LaChapelle, Bischof, Roiter, Ronis, Battaglia, Scianna. Prima della chiusura pandemica, il direttore artistico Denis Curti, aveva dato luogo alla più grande retrospettiva italiana dedicata al francese Jacques Henri Lartigue (1894-1986), presentando 120 immagini tra cui 55 inedite. Se la Casa dei Tre Oci, cambiando proprietario, cambiasse anche direzione, sarebbe una grande perdita per il tessuto sociale, e non solo, della città.
FONDAZIONE VENEZIA: UNA CRISI ANNUNCIATA
La crisi aguzza l’ingegno o fa compiere scelte sbagliate, magari inevitabili. Già in primavera la Fondazione aveva lanciato l’allarme per la perdita di milioni di euro a causa, in particolar modo di un progetto ambizioso ma di scarso ritorno economico: il Museo Multimediale del ‘900 a Mestre. Dopo dieci anni di lavori per la realizzazione del complesso museale, tra sprechi, mancata ottimizzazione delle risorse, una direzione che non ha saputo conferire una identità interessante e propria al progetto (e, ciliegina sulla torta, la pandemia in corso), il debito è salito a 7 milioni. “Dobbiamo smobilizzare”, ha argomentato Bugliesi, Presidente della Fondazione Venezia, “per puntare su strumenti finanziari più redditizi, che ci permettano di raddoppiare le nostre capacità di erogare finanziamenti per arte e cultura”. In sostanza, Il presidente spiega che il patrimonio della Fondazione vale oltre 400 milioni, ma il trenta per cento dello stesso (più di 130 milioni di valore) è letteralmente “immobilizzato” nei suoi immobili, limitando enormemente le capacità di azioni finanziarie, come l’erogazione, da obiettivo statuario, di fondi per la Cultura e l’Arte, arrivando nel piano strategico 2021/2023 alla soglia dei dieci milioni all’anno contro i 4/5 attuali.
MICHELE BUGLIESI, UOMO DI CULTURA O IMPRENDITORE?
Una mentalità imprenditoriale, per il Presidente Bugliesi, che era già stata criticata durante il suo felice rettorato all’Università Ca’ Foscari, in cui l’istituto ha conosciuto un buon aumento di immatricolazioni e progetti, rimproverando però, per gli occhi di alcuni, una gestione più attenta al profitto che alle necessità didattiche e sociali della popolazione studentesca. La mossa da Direttore alla Fondazione Venezia sembrerebbe quindi inserirsi in un’imprenditorialità che non sempre va di passo alla cura del progresso sociale del tessuto in cui si opera. Naturalmente, dalla Fondazione Venezia provengono rassicurazioni sul destino degli immobili in vendita. Tuttavia, la paura che un edificio di portata storica come la Casa Dei Tre Oci possa essere svilita a hotel o a mero centro turistico è tanta, nonostante le parole dei porta voce dell’Istituzione. In decenni in cui la parola “manager” si affianca a tutto, in qualsiasi settore e ambito, pure agli enti con vocazione non profit e umanista, viene da chiedersi se non sia il caso di riflettere su possibilità nuove di gestione soprattutto nel settore culturale e formativo, onde evitare il rischio di comprare e vendere pure la nostra storia identitaria.
-Agnese Comelli
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