La top 5 del mercato dell’arte nel 2020
Il 2020 ha lasciato un segno indelebile anche nel mercato dell’arte, che, nonostante i colpi inferti dalla pandemia, ha messo in campo risorse insperate. A partire dal digitale e da nuove forme di collaborazione.
I temi e i momenti più significativi per il mercato dell’arte nel 2020, tra indicatori di tendenze e aspirazioni globali che saranno in grado di determinare la fisionomia del mondo dell’arte anche nel prossimo futuro.
Se la pandemia ha stravolto il sistema e ne ha alterato equilibri e strutture, quest’anno potrà essere ricordato anche per le capacità di reazione e gli slanci innovativi che il settore ha saputo mettere in campo, online e offline, così come per l’impatto di riflessioni e azioni plurali, collettive e condivise.
‒ Cristina Masturzo
LA VERSIONE DIGITALE DELL’ARTE
Un intero comparto produttivo, il mercato dell’arte, ha scoperto la propria vulnerabilità di fronte all’imprevisto esplodere di una pandemia globale, e si è trovato costretto a fare a meno dei grandi eventi e della socialità che sono stati sempre le sue leve primarie. Nell’obbligata reinvenzione delle proprie modalità operative è venuta in soccorso la tecnologia: con un’accelerata senza precedenti, infatti, i diversi operatori hanno fatto fronte ai lockdown a colpi di online viewing room, dirette streaming, piattaforme di vendita online e spazi virtuali. E così, mentre un effetto domino trascinava giù fiere e progetti espositivi, la digitalizzazione è subentrata come appendice integrante del business model dell’arte, con esiti più o meno efficienti e riusciti a seconda dei casi (e della possibilità di investimenti, anche), e non senza qualche accenno di saturazione da contenuti esclusivamente online. Un effetto collaterale positivo da non sottovalutare? L’accesso per un pubblico molto più ampio a informazioni chiare e trasparenti sui prezzi delle opere d’arte, spesso – non sempre – comunicati nero su bianco.
ASTE IBRIDE E CROSS-CATEGORY
Il vincitore del digital turn nell’art world globale è apparso essere sin da subito il mercato secondario delle grandi case d’asta, con Sotheby’s e Christie’s in testa. Se nemmeno per queste giganti le perdite di fatturato sono state evitabili, gli operatori degli incanti avevano già preso confidenza con il marketplace online e hanno potuto riconvertire con rapidità ed efficacia le sessioni di vendita su piattaforme dedicate e/o già sperimentate. Parole chiave per il comparto: aste ibride e cross-category. Un mix strategico di streaming live online e presenza fisica, con eventi spesso a staffetta in maratone lunghissime tra le diverse metropoli del globo, che segna un vero momento spartiacque nella storia del settore, unito a cataloghi molto più variegati in quanto a categorie e tipologie di opere, in grado di incrociare più interessi e comportamenti d’acquisto, e che hanno affiancato le opere dell’Impressionismo ai più giovani market darling del contemporaneo o allo scheletro di T-Rex soprannominato Stan.
GALLERIE IN RETE
Più complessa è apparsa, e appare tuttora, la contingenza del mercato primario, con il blocco forzoso delle attività e la cancellazione delle fiere internazionali a inghiottire una buona fetta del turnover delle gallerie d’arte. Perdite significative nei fatturati e chiusura al pubblico hanno accentuato le difficoltà di un comparto sempre in allerta per individuare equilibri sostenibili tra investimenti e ritorni, che però ha mostrato di saper resistere anche in questo frangente. E che, più che in passato, ha scoperto di poter fare affidamento su una matrice di comunità e ha fatto ricorso a nuove forme di collaborazione e networking. I progetti virtuali condivisi tra gallerie, ma anche con i soggetti fieristici, sono stati lo strumento per restare in piedi controvento. Se è da mettere in conto che non tutti riusciranno nell’impresa – e non lo si dice a cuor leggero – e resta la validità dello sforzo collaborativo tra grandi e piccole gallerie, sarebbe necessario davvero far fronte compatto e provare a concentrare energia economica e gesto collezionistico sui propri contesti di prossimità, a sostegno di sistemi e operatori locali a rischio chiusura.
LAVORATRICI E LAVORATORI DELL’ARTE, UNITEVI!
Progetti e contratti cancellati, mostre e spazi chiusi, licenziamenti dove non impediti per legge. Se a questo scenario post-Covid aggiungiamo la precedente “normalità” delle professioni dell’arte, ad alto grado di emergenza e precarietà, ecco che arriva come conseguenza naturale, oltre che necessaria, l’ondata di rivendicazioni collettive da parte dei lavoratori e delle lavoratrici della cultura e delle arti visive. Un ecosistema fondamentale, quello delle professioni dell’arte, che si è unito in reti di artiste, curatori, assistenti di galleria, freelancer e dipendenti dei musei in tutto il mondo, per condividere esperienze e rifondare costruzioni e prospettive per il futuro. Ultima nata in ordine di tempo in Italia, ma già con forte impatto e seguito, è AWI – Art Workers Italia. L’associazione, costituita da lavoratrici e lavoratori dell’arte contemporanea, agisce per rendere il settore “più equo, inclusivo, sostenibile e trasparente; […] per il riconoscimento del lavoro e la sua regolamentazione”. Per farlo, ora e in futuro, servirà l’aiuto di tutt*.
BLACK LIVES MATTER IN VETTA AI 100 PIÙ POTENTI DELL’ARTE
Sempre in tema di soggettività plurali e soggetti collettivi, di attivismo e impegno nel mondo dell’arte, a dicembre 2020 il movimento Black Lives Matter ha scalzato i soliti noti dell’establishment nella 19esima edizione della POWER 100 di ArtReview, e ha posto il sigillo a un anno che ha dedicato molta attenzione, almeno sulla carta, alla diversità. Nella “collisione pandemica” (Beth Ponte) che al Covid-19 ha visto aggiungersi il risveglio del più violento razzismo, BLM è il primo movimento a guidare l’annuale e attesa classifica del magazine londinese delle personalità più influenti dell’arte. E diventa il simbolo di “una resa dei conti globale sulla giustizia razziale e di un cambio di paradigma nella cultura contemporanea”, oltre a essere riconosciuto come acceleratore di cambiamenti strutturali nel sistema dell’arte per la de-colonizzazione delle sue istituzioni culturali e commerciali.
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