La Collezione Cerruti. Uno scrigno d’arte sulle colline di Torino
Discreta e magnifica, da qualche tempo la collezione di Francesco Federico Cerruti è aperta al pubblico, grazie alla collaborazione con il Castello di Rivoli. Ecco cosa troverete all'interno di quel villino alle porte di Torino.
Bruce Chatwin, nel suo romanzo Utz, definisce la figura del collezionista come “un teologo in incognito”. Una definizione senz’altro calzante per Francesco Federico Cerruti (1922-2015), l’industriale piemontese fondatore della Legatoria Industriale Torinese che mezzo secolo fa comincia a collezionare opere d’arte, libri di pregio, mobili e oggetti di antiquariato.
CHI ERA FRANCESCO FEDERICO CERRUTI
Cerruti era uomo riservato, grande lavoratore e di carattere schivo: oggi i suoi tesori sono custoditi in una piccola villa in collina a Rivoli, costruita dall’architetto Cataldo D’Imperio alla fine degli Anni Sessanta in stile provenzale, per alloggiare gli anziani genitori del collezionista, che però ci vennero di rado. Allora Cerruti decise di destinarla alla collezione, senza però abitarci: anzi, aprendola a ristretti gruppi di amici solo due volte l’anno, il 31 dicembre, cioè la sera prima del suo compleanno, e il 18 luglio, giorno di San Federico. Nel corso degli anni le stanze della residenza si riempiono di opere, allestite in maniera intima e domestica, mai asettica e museale.
Grazie alla gestione della collezione, affidata al Castello di Rivoli, oggi è possibile entrare, sempre in punta di piedi, negli ambienti della villa, per scoprire il mondo di Francesco Federico. Amico personale di alcuni importanti antiquari torinesi come Giulio Ometto, Pietro Accorsi e Marco Voena, attento ai consigli di storici dell’arte come Federico Zeri e Maurizio Fagiolo dell’Arco, vicino a gallerie come la Bussola e la Galatea di Mario Tazzoli, era un abituale frequentatore dei musei torinesi, e in particolare della Galleria d’Arte Moderna. Proprio a Ometto si deve il progetto di arredamento, ispirato allo stile neosettecentesco: così, tra stucchi e boiserie, specchiere e candelabri più degni di un palazzo cittadino che di un villino in collina, il visitatore scopre il gusto di uno degli ultimi grandi collezionisti italiani del XX secolo.
LA VISITA ALLA COLLEZIONE CERRUTI
Di capolavoro in capolavoro, una selezione di opere ai massimi livelli che copre nove secoli di storia dell’arte, dai fondi oro trecenteschi al contemporaneo, senza parlare dei libri e degli arredi, altrettanto notevoli.
Ogni stanza è un racconto: al piano terra lo Studio conserva la Madonna sulle nubi, un’acquaforte di Rembrandt che dialoga con la tela di Pierre Auguste Renoir Jeune fille aux roses (1897), l’ultima opera acquistata da Cerruti nel 2014 in un’asta di Sotheby’s a Londra poco prima di morire e dopo aver visitato la mostra dedicata a Renoir alla Gam. Nella sala della Musica troneggia una serie di sculture di maestri del XX secolo appoggiate sopra il pianoforte, tra le quali spiccano Bambino ebreo (1900-20), una preziosa cera di Medardo Rosso, e Nu debout (1953), un bronzo di Alberto Giacometti, mentre alle pareti sfilano tre tele del Cinquecento, tra le quali l’intenso Ritratto di Gentiluomo con libro e guanti (1540-41) di Pontormo, riscoperto nel 1952 da Roberto Longhi, nel quale forse Cerruti, grande appassionato di libri, poteva essersi identificato.
LA QUADRERIA NELLO SCALONE DELLA VILLA CERRUTI
Uno degli ambienti più sorprendenti è lo scalone, dedicato all’arte moderna: allestiti a quadreria dialogano tra loro una serie di capolavori come Donna dal vestito giallo (1918) di Amedeo Modigliani, Study per Portrait IX (1956-57) di Francis Bacon, Antigrazioso (1912) di Umberto Boccioni, Oiseau sur une branche (1913) di Pablo Picasso e Il risveglio della bionda sirena (1929) di Scipione. Questa concentrazione, degna delle migliori collezioni museali italiane, indica una predilezione per l’arte figurativa del Novecento.
Nonostante la prima opera acquistata fosse Senza titolo (1918), un acquarello astratto di Kandisnky, in realtà sono pochi i capolavori astratti della collezione, ma tutti di grande qualità, dal Concetto Spaziale, Attese (1965), uno splendido taglio rosso di Lucio Fontana, all’Achrome (1959) di Piero Manzoni, fino al magnifico Sacco e rosso (1954) di Alberto Burri, appartenuto alla gallerista Martha Jackson, che aveva lanciato l’artista negli Stati Uniti.
Un altro insieme di opere d’arte moderna si trova al primo piano, nella camera da letto della madre, dove dialogano tra loro Le Duo (1928) di René Magritte, Velocità astratta (1913) di Giacomo Balla, Ritratto di Viktor Ritter von Bauer (1917) di Egon Schiele e Lorsqu’en verra (1941) di Yves Tanguy, artista surrealista poco presente nelle collezioni italiane.
DAL NUCLEO DI OPERE DI GIORGIO DE CHIRICO ALLA TORRE
Il clou della visita è senza dubbio la sala da pranzo, l’unica dedicata alle opere di un solo artista: Giorgio de Chirico. Del “ pittore metafisico” Cerruti possiede dieci opere, ottenute anche grazie alla mediazione del suo caro amico Fagiolo dell’Arco. Di queste ben otto sono esposte in questa stanza, resa più ampia dalla presenza di alcune specchiere: in particolare l’Autoritratto con la propria ombra (1920 ca.), la cui iconografia allude a significati simbolici ed esoterici legati alla fusione tra mondo interiore ed esteriore, è collocato sopra una consolle del tardo Settecento, appartenuta all’amico pittore e sensitivo Gustavo Rol, che si dice l’avesse ricevuta in dono dal re Umberto II di Savoia.
Un altro ambiente di grande suggestione è la camera della Torre, che Cerruti aveva immaginato come propria stanza da letto, dove però non dormì mai. Una sorta di sancta sanctorum rivestita da una boiserie che custodisce le opere più antiche della collezione – forse acquistate anche su consiglio di Zeri –, tra le quali la Madonna dell’Umiltà (1401 ca.) di Gherardo Starnina, il Sant’Agostino (1439-44) del Sassetta e la Madonna col bambino (1320-30), una ieratica scultura in legno attribuita al Maestro della Santa Caterina Gualino, appartenuta al collezionista Riccardo Gualino.
IN ATTESA DI VISITARE ANCHE IL GIARDINO E DI SFOGLIARE IL CATALOGO DELLA COLLEZIONE
Infine, due parole sul giardino – purtroppo non visitabile – dove si trova uno dei luoghi più amati dal collezionista: il cimitero dei suoi cani, collocato in un piccolo boschetto.
Al termine della visita, Federico Cerruti appare come un collezionista dal gusto classico e informato, attento non solo ai nomi degli artisti ma alla qualità delle singole opere, che allestiva personalmente secondo accostamenti mai casuali, che verranno chiariti meglio grazie alla pubblicazione del catalogo, curato dal castello di Rivoli, prevista per l’autunno 2021.
– Ludovico Pratesi
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