Quella passione degli oligarchi russi per l’arte
Perché l’arte è un investimento così ambito dai super ricchi (russi e non solo)? E lungo quali direttrici prende forma il binomio arte-potere? È possibile analizzare la questione proprio a partire dallo scenario russo
Un sasso nello stagno da cui si sviluppano cerchi concentrici. È questo il meccanismo di potere che sta alla base della Federazione russa. Così perlomeno sostiene Anders Åslund, autore di Russia’s Crony Capitalism: The Path from Market Economy to Kleptocracy. La nuova élite emersa dal dissolvimento dell’Unione Sovietica negli Anni Novanta vede al centro Vladimir Putin e gli ex colleghi del KGB: è loro il controllo dell’intelligence e degli apparati legali. Al secondo cerchio è affidato il controllo dell’apparato statale. Il terzo gestisce gli interessi economici “nazionali”.
CHI SONO GLI OLIGARCHI RUSSI
Da questo meccanismo sono emersi i nuovi miliardari russi, gli oligarchi. Alcune dozzine di loro hanno profondi legami con il mondo dell’arte e anche per loro l’invasione dell’Ucraina ha significato il congelamento di beni da parte di Stati Uniti, Canada, Regno Unito, UE e altre nazioni. Roman Abramovich è di gran lunga il più visibile. Multimiliardario con interessi in Millhouse Capital e nel Chelsea Football Club, è una presenza formidabile anche nella scena artistica. Nel 2008 in due giorni ha acquistato Benefits Supervisor Sleeping di Lucian Freud (36.6 milioni di dollari) da Christie’s e Triptych di Francis Bacon (86.3 milioni di dollari) da Sotheby’s.
Abramovich è in buona compagnia. L’appassionato di uova Fabergé Viktor Vekselberg acquista opere d’arte dagli Anni Novanta. Il miliardario Petr Aven, la cui casa di vacanze svizzera è stata appena sequestrata, ha accumulato una straordinaria collezione composta da artisti d’avanguardia russi e scultura contemporanea che custodisce tra le sue residenze di Mosca e Surrey. Lo stesso Putin ha accumulato un portafoglio monumentale. Pare sia il proprietario della raccolta messa insieme da Nina Moleva, il cui valore potrebbe raggiungere i due miliardi di dollari.
È risaputo che l’arte è un investimento molto più opaco delle proprietà immobiliari e persino del denaro depositato su conti bancari off shore. L’acquisto di opere d’arte consente ai super ricchi (non solo a quelli russi) di far circolare denaro sub specie, l’interesse delle mafie di tutto il mondo per il fiorente mercato degli NFT è altrettanto noto.
Nel 2016 i Panama Papers hanno sollevato il coperchio su una vasta gamma di double-dealing finanziari. Per quanto riguarda l’arte, hanno descritto in dettaglio come super ricchi di ogni parte del mondo, tra cui il russo Dmitry Rybolovlev, hanno utilizzato società di comodo per spostare illecitamente miliardi in opere d’arte. Anche Alexander Zhukov, padre dell’ex moglie di Abramovich Dasha Zhukova, faceva parte della lista.
ARTE E SOFT POWER
Tuttavia sarebbe riduttivo etichettare queste attività come esclusivamente cleptocratiche. Gli investimenti in cultura possono accreditare l’immagine di un Paese moderno, capace di vero soft power. L’Arabia Saudita in questo è stata un vero precursore.
Dasha Zukhova ha lanciato nel 2008 il Garage Center for Contemporary Culture, poi edificato da Rem Koolhaas nel Gorky Park di Mosca nel 2015. Lì si sono svolte esposizioni di artisti blue-chip come Louise Bourgeois, Rirkrit Tiravanija e Yayoi Kusama. Da qualche giorno la home page del suo sito si apre con una dichiarazione assai sfumata: “Il team del Garage Museum of Contemporary Art ha deciso di interrompere il lavoro su tutte le mostre fino alla fine della tragedia umana e politica che si sta svolgendo in Ucraina”.
Anche Zukhova si può considerare, al pari dell’ex marito, una presenza formidabile nel mondo dell’arte contemporanea, ma con caratteristiche diverse. Fa anche parte del consiglio del Metropolitan Museum of Art e di Shed, dove a New York dal 2021 si tiene Frieze, tra le più importanti manifestazioni commerciali al mondo dedicate non solo all’arte contemporanea.
Nel 2015, soltanto un anno dopo l’annessione della Crimea alla Russia e dopo la sospensione del Paese dal G8, Garage ha tenuto una riapertura stellare a Mosca. Tra gli ospiti anche il super gallerista americano Larry Gagosian, Karlie Kloss, ex modella ora moglie di Joshua Kushner, e Wendi Deng Murdoch, ex moglie di Rupert Murdoch. Con il finanziamento della compagnia di venture capital di Kushner, del resto, Zhukova e Murdoch già nel 2009 avevano dato vita ad Artsy, attualmente ritenuta la più potente piattaforma commerciale per l’arte al mondo.
Chi commercia nel mondo dell’arte ha sempre avuto un’elevata tolleranza per le figure dei potenti, non importa da dove vengano le loro fortune. Buon gioco hanno avuto quindi gli oligarchi a riversare denaro in questo settore ottenendo in cambio un tocco di brillantezza per l’immagine internazionale della Russia.
LA RUSSIA E L’ACQUISTO DI OPERE D’ARTE
Nel 2002, Vladimir Potanin ha acquistato il Quadrato nero di Kazimir Malevich all’asta per 1 milione di dollari. Tre anni dopo, Potanin ne ha donati cinque al Kennedy Center a Washington per finanziare il Russia Lounge, uno spazio culturale concepito per accreditare l’immagine cosmopolita di una nazione divenuta neoliberista. Di recente il Kennedy Center ha poi cambiato nome in Opera House Circles Lounge.
Nel 2021, Putin stesso ha maldestramente co-finanziato una mostra itinerante intitolata Diversity United per promuovere un’immagine progressista della Russia: allineati artisti provenienti da trentaquattro Paesi celebravano la libertà e i diritti umani.
C’è un’ultima motivazione che va presa in esame: si intreccia con le precedenti e non le esclude, anzi, il delirio nazional-culturale con cui viene giustificata l’aggressione in corso in Ucraina la sottende. In alcuni casi, le acquisizioni milionarie di questi anni hanno fatto parte di uno sforzo per celebrare la storia culturale della Russia. Come sostiene Elise Herrala, autrice di Art of Transition: The Field of Art in Post-Soviet Russia, esistono collezionisti come Viktor Bondarenko che raccolgono arte russa per un senso di “responsabilità nazionale” nel preservare l’eredità russa.
‒ Aldo Premoli
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