Intervista a Giuseppe Iannaccone, il collezionista che supporta la giovane arte

Due giovani artisti – Chiara Di Luca e Aronne Pleuteri – una grande raccolta privata, uno studio legale. Sono questi gli ingredienti del nuovo capitolo del progetto voluto dal collezionista e avvocato Giuseppe Iannaccone. Ne abbiamo parlato con lui

Ricerca costante, progetti di collaborazione, mostre passate, presenti e future. E opere d’arte moderna e contemporanea che lasciano lo spazio privato per andare incontro al pubblico. Abbiamo incontrato l’Avvocato Giuseppe Iannaccone nel suo studio legale a San Babila a Milano per farci raccontare le ultime novità della collezione, che dal 3 dicembre sarà in mostra anche a La Spezia. E per riflettere sul ruolo del collezionista oggi.

Aronne Pleuteri, Gli avanzi del Re, 2022, olio su tela, 70 x 60 x 3,5 cm.

Aronne Pleuteri, Gli avanzi del Re, 2022, olio su tela, 70 x 60 x 3,5 cm.

Come nasce il progetto In Pratica?
Organizziamo nello studio una mostra di In Pratica una volta ogni sei mesi. Il progetto nasce dall’idea di legare la pratica artistica alla pratica legale. Da ragazzo ho sperimentato la difficoltà di svolgere la mia pratica legale e quindi capisco e mi immedesimo in quanto può essere complicato per un giovane artista mostrare il proprio lavoro. Da questa motivazione è nata la volontà di favorire la loro pratica e di farlo attraverso il confronto con gli artisti contemporanei della collezione.

In questa occasione però avete scelto di aprire a un confronto con l’altro grande nucleo della collezione: l’arte tra le due guerre. C’è un motivo particolare?
Sì, è vero, abbiamo sempre ideato queste mostre mettendo i giovani artisti in dialogo con gli artisti più contemporanei, mentre ora l’oggetto di elezione è stata l’arte degli Anni Trenta. E il motivo in parte è anche personale, se vuoi. È una collezione che viaggia molto, che è stata ed è spesso in prestito per mostre esterne, e sentivo la necessità di tornare a vederla, ad averla vicina. E poi c’è un tema di sensibilità comune.

C’è una vicinanza, quindi, tra quelle generazioni e gli artisti più giovani?
Quella collezione racconta anche della sofferenza di un momento particolare, quello appunto tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. E noi oggi siamo di nuovo inaspettatamente in un’epoca di guerra. Gli artisti degli Anni Trenta, come Scipione, Arnaldo Badodi, Renato Birolli, Aligi Sassu, hanno tratto ispirazione poetica anche dalla guerra e volevo sensibilizzare i giovani sulla possibilità che anche un grande dolore possa ispirare una poesia. E ho trovato due ragazzi, scovati dai miei curatori, che mi sono sembrati raccontare proprio qualcosa del genere, pur con tutte le differenze del caso, ed essere pronti a ragionare con una stessa sensibilità, in questa mostra, su uno stesso tema comune.

Quale?
Aronne Pleuteri racconta dell’inciampo, di quando hai un sogno e però poi succede di inciampare nella realtà. E di quando ti ritiri su dopo quest’inciampo, questa caduta. Anche Chiara Di Luca ragiona sulla caduta di una donna, che sprofonda per poi però riemergere, e per farlo si rifà al mito di Persefone, alla sua discesa agli inferi prima di risorgere.

Aligi Sassu, Battaglia dei tre cavalieri, 1941. Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano

Aligi Sassu, Battaglia dei tre cavalieri, 1941. Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone, Milano

IL COLLEZIONISMO E I GIOVANI ARTISTI

Le opere sono state prodotte dopo che i giovani artisti hanno avuto la possibilità di approfondire quelle in collezione?
Sì, questo succede sempre. Le mostre vengono avviate con un anticipo sufficiente che permette di studiare la collezione per capire se si stabilisce una connessione, un dialogo, per aprire poi il percorso di In Pratica.

Cosa ha colpito di un nucleo che può apparire lontano nel tempo?
Succede spesso che i giovani si innamorino di Badodi, ad esempio, che giovane morì in guerra in Russia. E il cui lavoro ha una timidezza e una tenerezza diversissime dalle esplosioni di Scipione invece, con quella postura giocosa e rabbiosa insieme, di chi vuole divorare la vita. Oltre che con quella grandiosità di saper creare poesia nel momento di massima sofferenza.

C’è poi tra le opere in mostra anche una nuova acquisizione.
Sì, c’è una novità ed è un dipinto di Aligi Sassu, Battaglia dei tre cavalieri, che mi pare rappresenti perfettamente il clima di guerra – è del 1941 – e l’inutilità della guerra. Lo abbiamo cercato a lungo, tutti lo credevano perduto. Rifiutato dalla censura al Premio Bergamo, fu comprato da Alberto Mondadori e poi finì in Ungheria, dove se ne perse ogni traccia. Dopo due anni di ricerche e negoziazioni abbiamo trionfato e ora il dipinto è in collezione e in mostra.

Lo spazio dello studio Iannaccone, con In Pratica, diventa un’occasione per promuovere le ricerche dei più giovani, è questo che ti interessa?
Sì, l’idea è di creare circoli di persone e pubblico che possano fare esperienza delle loro opere, di creare delle occasioni per raccontare il loro lavoro. Poi, sai, ho un atteggiamento un po’ critico, affettuosamente critico, nei confronti dei musei italiani, delle istituzioni, con cui amo parlare, e che però fanno pochissime mostre che possano essere vicine ai giovani artisti, mentre il museo per me dovrebbe essere la loro scuola.

LA COLLEZIONE DI GIUSEPPE IANNACCONE

Il 3 dicembre inaugura Il corpo del colore. La pittura neoromantica ed espressionista italiana degli anni Trenta. Opere dalla Collezione Giuseppe Iannaccone. È la nuova mostra alla Fondazione Cassa di Risparmio di La Spezia dedicata alla tua collezione tra le due guerre, con opere di Afro, Badodi, Birolli, Cassinari, de Pisis, Fontana, Levi, Pirandello, Raphaël, Rosai, Scipione, Vedova, tra gli altri. Cosa possiamo raccontarne?
Questa è la sesta mostra dedicata alla mia collezione in un museo o in un’istituzione aperta al pubblico, dopo quelle alla Triennale di Milano, alla Estorick Collection di Londra, alla GAM di Torino, alla Cassa di Risparmio di Bergamo e al Museo della Città di Livorno. Alla Fondazione Carispezia resterà ora in programma a lungo, fino ad aprile, e ne sono molto contento. E sarà anche l’occasione per presentare l’opera ritrovata di Aligi Sassu e alcune altre nuove acquisizioni.

Un’altra recente acquisizione era stata presentata anche tra ottobre e novembre, quando la collezione è stata al centro della mostra De Rerum Natura in collaborazione con lo Studio Museo Felice Casorati.
Sì, abbiamo realizzato questo progetto, che è nato da una vicinanza con la famiglia Casorati, di cui sono stato molto felice, negli spazi dello studio di Casorati a Pavarolo. Abbiamo esposto in quell’occasione un autoritratto inedito di Antonietta Raphaël, acquisito appunto di recente, in cui l’artista si ritrae intenta a scrivere una lettera a Mafai, suo compagno di vita. Con quello c’erano poi opere di Cindy Sherman e Kiki Smith.

Cosa ha attirato invece ultimamente la tua attenzione, cosa stai guardando?
I giovani artisti sempre.

Qualcuno in particolare?
Ti potrei dire l’ultima in ordine di tempo, che è l’artista nigeriana Ifeyinwa Joy Chiamonwu dalla Jack Shainman Gallery, che seguo da tempo, da quando avevo scoperto il lavoro di Toyin Ojih Odutola e con cui siamo stati vicini per esempio in occasione della Manifesta 12 a Palermo nel 2018, a cui Odutola fu poi invitata.

Cosa ti ha colpito di Ifeyinwa Joy Chiamonwu?
Di lei, che non produce più di 4 o 5 opere all’anno, mi interessano il racconto e la rivendicazione del valore della tradizione nigeriana. Ultimamente sta portando avanti un’indagine sulla maternità in particolare, da un punto di vista situato e queer. Ho con lei un dialogo aperto da tempo, e anche dopo aver acquistato un suo lavoro l’ho lasciato nella sua disponibilità, così che potesse essere esposto in occasione di una mostra museale. È una cosa che mi è già capitato di fare in passato, è per me un modo per sostenere concretamente le pratiche artistiche dei giovani.

ESSERE COLLEZIONISTI SECONDO IANNACCONE

Come possiamo raccontare il tuo metodo di collezionista? E quanto conta il digitale nel tuo processo di scoperta?
Ho scoperto Ifeyinwa Joy Chiamonwu attraverso ricerche online, devo dire. Ma resto un divoratore di riviste, libri e cataloghi. Poi sono aiutato anche dai miei collaboratori, certamente. Anche se il mio collezionare è molto vicino a un innamoramento, quindi ha una dimensione individuale, in un processo che, come l’amore, non si può indurre, ma nasce spontaneamente. Poi quando mi interessa qualcosa e soprattutto sugli artisti italiani, soprattutto per In Pratica, mi faccio aiutare molto anche dai miei collaboratori e dalle loro ricerche.

Qual è secondo te il ruolo del collezionista oggi?
Mantenere pubbliche le opere d’arte che, per loro natura, appartengono al pubblico. E non lo dico per retorica, ma sono fermamente convinto che se si vuole sostenere un artista non si può sottrarre la sua opera alla collettività e alla fruizione pubblica.

Questo vale anche nell’ottica di una collaborazione con le istituzioni?
Il collezionista per me ha un vincolo nei confronti dell’artista e della collettività e quindi è assolutamente fondamentale aprirsi a progetti collaborativi con enti pubblici per garantire e promuovere la visibilità delle opere anche di proprietà privata. Se poi il collezionista riesce a fare anche passi in più ben venga, e penso a tanti esempi del passato che lo hanno fatto, come Della Ragione o i Boschi Di Stefano. Oppure oggi a Patrizia Sandretto, per la generosità e professionalità con cui si è impegnata e si impegna a Torino, o alle presenze a Milano di Prada e Trussardi, che stanno compensando la carenza di musei per il contemporaneo.

Ecco, cosa possono fare i collezionisti privati rispetto alle debolezze di un contesto pubblico per esempio?
Noi collezionisti abbiamo un limite, ed è il nostro individualismo, oltre al fatto che siamo troppo pronti a criticare l’operato delle istituzioni. Io credo però che noi ci troviamo in un Paese che non ha la forza economica di altri, di questo va preso atto. Aggiungi poi che non abbiamo avuto e non abbiamo governi particolarmente sensibili o interessati all’arte contemporanea, per cui ci troviamo in un vuoto economico e culturale insieme. Io credo che però, se facessimo più lega, più rete tra collezionisti, piccoli o grandi, potremmo essere di supporto a colmare le carenze del settore pubblico. È da solo che ciascuno di noi non può far molto.

Cristina Masturzo

https://www.collezionegiuseppeiannaccone.it/it

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Cristina Masturzo

Cristina Masturzo

Cristina Masturzo è storica e critica d’arte, esperta di mercato dell’arte contemporanea, art writer e docente. Dal 2017 insegna Economia e Mercato dell'Arte e Comunicazione e Valorizzazione delle Collezioni al Master in Contemporary Art Markets di NABA, Nuova Accademia di…

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