Un codice per collezionisti etici e responsabili
Un gruppo di collezionisti ha pubblicato il Code of Conduct for Contemporary Art Collectors, primo esperimento di codice deontologico dei collezionisti d’arte contemporanea
Lo scorso febbraio, un gruppo composto da collezionisti provenienti da diverse parti del mondo ha reso disponibile online la prima versione di Code of Conduct for Contemporary Art Collectors” (di seguito, il “Codice”). Il testo, disponibile sul sito https://ethicsofcollecting.org/, si pone l’ambizioso obiettivo di costituire un primo viatico al collezionismo etico e responsabile, a miglioramento delle relazioni tra i collezionisti e i vari protagonisti del mercato dell’arte contemporanea, tra cui artisti, galleristi e istituzioni.
UN CODICE PER I COLLEZIONISTI CHE OPERANO NEL MERCATO OPACO DELL’ARTE
Si sa, quello dell’arte è un mercato spesso opaco le cui regole sono limitate a quanto di labilmente applicabile a livello civile, penale e amministrativo, e complicate dalla natura internazionale delle relazioni tra artisti, collezionisti e galleristi. Realtà già descritta dagli analisti (quali Deloitte e ArtTactic), i cui report annuali segnalano da tempo sacche di illegalità nascenti dalle lacune normative in materia di circolazione delle opere d’arte, dimostrate anche da complesse indagini giudiziare.
Con l’intento di contribuire a una maggiore consapevolezza nel collezionare arte contemporanea, Pedro Barbosa, Haro Cumbusyan, Iordanis Kerenidis, Jessica and Evrim Oralkan, Piergiorgio Pepe, Sandra Terdjman, Andre Zivanari e Benedicta M Badia Nordenstahl hanno redatto collettivamente il Codice, “discussed and drafted, for over a year, as a thought-provoking, consensus-based, creative endeavor”. Il progetto ha coinvolto numerosi altri collezionisti, artisti, curatori e galleristi, e ben oltre 200 tra essi hanno espresso il loro pubblico appoggio all’iniziativa.
LA STRUTTURA E IL CONTENUTO DEL CODICE
Il Codice si caratterizza per un’impostazione aperta, aggiornabile anche con contributi esterni. La coerenza dei contenuti è garantita da una terminologia ispirata a quella degli standard deontologici adottati in altri settori economici e che parte dalle definizioni dei concetti basilari quali collezionista, dealer e istituzione. Di semplice e immediata fruizione, il Codice si compone dunque di sette sezioni, a loro volta suddivise in brevi articoli.
La prima sezione, dedicata al rapporto con gli artisti, richiede al collezionista di agire con integrità e trasparenza nel rispetto delle idee degli artisti e della loro indipendenza, riconoscendo e promuovendo un giusto compenso in loro favore, evitando richieste di doni o regali o di accettare opere come benefit. Anche le comunicazioni con gli artisti devono essere sempre improntate su trasparenza, fiducia e rispetto.
Nella seconda sezione, dedicata alla costruzione, manutenzione ed esposizione della collezione, il Codice si sofferma sul modo in cui il collezionista deve rapportarsi con la società che lo circonda. Il buon collezionista dovrebbe infatti agire secondo la legge evitando di manipolare il mercato, valutando i potenziali rischi etici e reputazionali derivanti dall’utilizzo di porti franchi e caveau, stipulando per iscritto i contratti di compravendita e onorando il diritto di seguito degli artisti. Inoltre, il collezionista dovrebbe assicurarsi che le proprie opere siano conservate e rese accessibili nel miglior modo possibile, soprattutto nel caso in cui la propria collezione sia aperta al pubblico.
Nella terza sezione, dedicata alla commissione e al supporto della realizzazione di opere d’arte, si richiede che il collezionista produca e conservi la documentazione attestante la commissione di opere (redigendo per iscritto anche il contratto di commissione d’opera), rispetti i patti con gli artisti, riconoscendo loro un corrispettivo adeguato agli standard di mercato ed evitando ogni influenza sulla loro poetica.
La quarta sezione è dedicata al rapporto con le istituzioni del mercato dell’arte, intese come “enti ed organizzazioni non-profit, pubbliche o private e di qualsiasi dimensione, relative all’arte contemporanea”. Il collezionista dovrebbe essere valido interlocutore a favore delle istituzioni, supportando la loro autonomia e le loro scelte curatoriali e gestionali. Tale supporto dovrebbe essere disinteressato, privo di interessi a proprio esclusivo vantaggio. Le istituzioni non dovrebbero essere utilizzate per ripulire la propria immagine pubblica e si dovrebbe garantire sempre la massima trasparenza nei rapporti, anche economici, di cui è consigliata la formalizzazione per iscritto.
La quinta sezione è dedicata al ruolo del collezionista all’interno degli organi amministrativi o di controllo di un qualsiasi ente del mondo dell’arte; si pensi alle cariche onorarie, alle membership nonché ai ruoli nei consigli di amministrazione o nei comitati esecutivi delle istituzioni. I collezionisti dovrebbero ricevere incarichi basati su criteri di conoscenza, esperienza, cultura, competenza, capacità di promuovere l’ente o l’istituzione rappresentata. Qualsiasi incarico dovrebbe basarsi sul merito, risolvendo i conflitti di interesse, astenendosi dall’ottenere vantaggi diretti o indiretti dalla propria posizione (anche per mezzo di pratiche di insider trading), evitando di commerciare opere con l’istituzione o di competere direttamente sul mercato con la stessa. Al contrario, il collezionista dovrebbe vigilare sulla conformità dell’istituzione alla legge applicabile e ai migliori standard etici.
Con la sesta sezione, il Codice disciplina i rapporti con galleristi e con case d’asta (cosiddetti intermediari o dealer). Il collezionista dovrebbe interagire con loro in modo trasparente e responsabile, evitando condotte abusive. In particolare, il collezionista dovrebbe richiedere che essi siano trasparenti con gli artisti rappresentati, richiedendo che questi ultimi ricevano un giusto compenso in caso di vendita di una loro opera ed evitando di proporre prezzi inferiori ai valori di mercato per le opere che intende acquistare. Il collezionista, inoltre, dovrebbe astenersi dall’acquistare opere direttamente dall’artista qualora questo sia rappresentato da un dealer, dichiarare eventuali rapporti con dealer che possano influenzare le scelte e le condotte di quest’ultimo e non orientare il mercato dell’arte utilizzando tale influenza sui dealer.
La settima e ultima sezione, infine, si occupa delle relazioni con gli altri professionisti. I collezionisti dovrebbero interagire con curatori, storici dell’arte, critici, lavoratori del settore dell’arte e con il pubblico in modo corretto, trasparente e responsabile, senza mai abusare della propria posizione per manipolare i professionisti od ottenere un ingiusto vantaggio. I collezionisti comunicano un’immagine positiva del collezionismo restando onesti nelle relazioni col pubblico, rispettando l’indipendenza di coloro che lavorano nella comunicazione, stipulando contratti per iscritto con i professionisti dell’arte che prevedano un giusto compenso e riconoscimento del lavoro svolto.
REGOLE PIÙ CHIARE PER IL MERCATO DELL’ARTE (ANCHE IN ITALIA)
L’iniziativa è indubbiamente lodevole per aver mosso un ulteriore passo verso una codificazione di buone pratiche direttamente applicabili dai collezionisti. Tuttavia, come sottolineato da Henry Lydiate su ArtMonthly, le buone intenzioni non bastano: l’etica del buon collezionare si costruisce soprattutto diffondendo e promuovendo tali buone pratiche.
Nel Codice riemerge la necessità di rapporti formalizzati all’interno del mercato dell’arte; esigenza da tempo segnalata, anche in Italia, per tutelare non solo le opere dalla circolazione sottotraccia ma anche i contraenti stessi da potenziali rischi connessi alle transazioni (si pensi alla semplice mancata stipula di una polizza assicurativa per il trasporto o al complesso acquisti di un’opera time based o di una performance senza formalizzarne termini e condizioni). In altri termini, la trasparenza del mercato dell’arte si realizza innanzitutto per mezzo di regole e accordi scritti, chiari e dettagliati, in grado di garantire certezza nei rapporti.
Con spirito ottimistico, la pubblicazione del Codice appare come una delle più recenti testimonianze della consapevolezza che la costruzione di regole chiare e trasparenti sia fondamentale per una maggiore giustizia ed equità all’interno mercato dell’arte. Numerose, in realtà, sono le iniziative che negli ultimi anni hanno dato voce ai problemi strutturali di questo mercato.
A livello nazionale, si pensi alla pubblicazione nel 2017, da parte del Ministero dei Beni Culturali, dei PACTA – Protocolli per l’autenticità, la cura e la tutela dell’arte contemporanea, volti a costruire uno standard chiaro di certificazione dell’opera d’arte ai sensi dell’art. 64 del Codice dei beni culturali.
Si pensi anche alla recente costituzione di Art Workers Italia (AWI), associazione che intende dare voce a coloro che lavorano nel settore dell’arte contemporanea. Nata a seguito dei disagi generati dalla pandemia di Covid-19, AWI promuove, tra l’altro, il riconoscimento delle specificità delle professioni dell’arte di oggi, l’adozione di modelli di contratto scritti, una maggiore regolamentazione dei rapporti di lavoro e la redistribuzione delle risorse per mezzo di attività formative e di approfondimento per gli associati.
Si pensi, inoltre, a come negli ultimi anni si sia raggiunta la consapevolezza di quanto il lavoro nel mondo dell’arte si sia diversificato e specializzato, rendendo talora opportuni nuovi percorsi di studio volti alla formazione adeguata di tali nuove professionalità (come quella del registrar – alla cui formazione è dedicato il Master proposto dalla Accademia Galli di Como – o del curatore d’archivio d’artista cui si dedica il corso promosso da AitArt).
A livello internazionale, oltre alle attività di sensibilizzazione citate dai redattori del Codice, costruttive sono le iniziative di Responsible Art Market, ente svizzero non-profit attivo nella promozione di buone pratiche (applicabili anche internazionalmente) in materia di autenticazione e due diligence per le opere d’arte e di contrasto al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. Guardando al passato recente, dedicata alle buone pratiche del collezionista è stata la pubblicazione dei volumi I contratti degli Artisti di Alessandra Donati, Commissioning Contemporary Art: A Handbook for Curators, Collectors and Artists, a cura di Luisa Buck e Daniel McClean, e Le buone pratiche del collezionismo, a cura di Dario Jucker.
La proposta del Codice stimola l’adozione di princìpi e regole “orizzontali”, universalmente applicabili, atte a rendere sia gli operatori che gli estimatori, di qualsiasi livello e professionalità, più etici e responsabili nei confronti del prossimo. Buone pratiche che, si spera, un giorno diventino prassi universalmente condivise.
Alessandra Donati ed Edoardo Mombelli – Art Team ADVANT Nctm
Il contenuto di questo articolo ha valore solo informativo e non costituisce un parereprofessionale. Per ulteriori informazioni contattare Alessandra Donati.
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