Il mercato dell’arte italiano può beneficiare della Brexit?
La complessità degli scenari politici ed economici successivi alla Brexit hanno aperto finestre di opportunità nel mercato dell'arte europeo, a cominciare da una nuova rilevanza della Francia. Ma anche l'Italia potrebbe trarne beneficio
Negli ultimi anni molteplici eventi hanno stravolto il mercato globale dell’arte, dal rallentamento pandemico all’invasione russa dell’Ucraina e la Brexit, con difficoltà inaspettate. Perciò è sorprendente il fatto che, dopo un 2020 in salita, il mercato dell’arte abbia registrato una forte ripresa nel 2021, con vendite che hanno raggiunto i 65,9 miliardi di dollari, superando i livelli precedenti alla pandemia. Tuttavia, nonostante le prospettive ottimistiche per il 2022, la crescita del mercato è stata più volatile del previsto a causa di varie sfide, tra cui l’instabilità politica ed economica, i problemi di rifornimenti e le recessioni nei mercati. Se da un lato, come era prevedibile, seppur poche, possiamo contare alcune vendite ed eventi eccezionali, soprattutto nella prima metà dell’anno, dall’altro il mercato è comunque apparso un po’ meno acceso verso la fine. Il risultato di questa annata è quindi che le vendite globali nel 2022 sono aumentate solo del 3% rispetto all’anno precedente, per un valore stimato di 67,8 miliardi di dollari in tutto il mondo.
IL MERCATO DELL’ARTE NEL REGNO UNITO POST-BREXIT
Nonostante il fatto che nel 2022 il Regno Unito abbia riconquistato la sua posizione di secondo mercato dell’arte a livello globale, una cosa è certa: il mercato dell’arte britannico è cambiato e molto probabilmente continuerà a risentire delle conseguenze della Brexit, che ha causato una combinazione di sfide legislative, burocratiche ed economiche per l’acquisto o la vendita di opere d’arte in Inghilterra. Le critiche vanno dalle variazioni del valore della sterlina – che rende più costoso per gli acquirenti britannici acquistare opere d’arte da oltreoceano e meno attraente per gli acquirenti stranieri acquistare opere d’arte nel Regno Unito – all’annullamento delle edizioni estive delle principali fiere d’arte causate dell’aumento dei costi e, come conseguenza, della diminuzione del numero di mercanti. I galleristi più celebri si lamentano dell’IVA e dei costi di spedizione aggiuntivi, mentre le piccole gallerie subiscono il peso di complesse pratiche burocratiche e, sebbene ci siano state più vendite nelle case d’asta che nelle gallerie d’arte, Christie’s e molte altre hanno notato un calo delle spedizioni dall’UE a Londra. Il mercato dell’arte britannico si sta ancora adattando a questa nuova realtà, ma la sua quota sul mercato globale dell’arte è crollata al livello più basso degli ultimi dieci anni.
LA NUOVA LEADERSHIP DELLA FRANCIA NEL MERCATO DELL’ARTE EUROPEO
La legislazione post-Brexit sta avendo un impatto sul commercio d’arte in diversi modi, tra cui la tassazione, il livello di occupazione, la protezione dei dati, il modo di risoluzione delle controversie e il copyright. Nonostante il Regno Unito abbia riconquistato la sua posizione di secondo mercato dell’arte, questo è dovuto principalmente alle vendite di fascia alta, ossia quelle che superano i 10 milioni di euro, mentre nel complesso del mercato artistico si registra un aumento delle vendite più sostenuto nel continente europeo. Il vento sta girando così a favore del mercato europeo dell’arte, in particolare del mercato francese, la cui ripresa, secondo le previsioni degli esperti, sarà proporzionale alla prevista stagnazione del mercato britannico. Come dichiarato dal Consiglio delle Vendite Volontarie, nel 2021 la Francia ha raggiunto il record di oltre 4 miliardi di euro in asta, con un balzo del 20% rispetto al 2019, un’annata ottima anche in relazione agli standard pre-Covid.
Molti si chiedono se anche l’Italia, come i nostri vicini francesi, potrebbe riuscire a imporsi nel mercato europeo dell’arte, guidato dalla quantità delle vendite piuttosto che dal loro valore.
LE NUOVE OPPORTUNITÀ PER L’ITALIA DOPO LA BREXIT
L’aumento degli oneri amministrativi nel mercato artistico inglese, un tempo “simil-monopolio” a livello europeo, potrebbe essere vantaggioso anche per l’Italia, come già per la Francia. Sul mercato i numeri annunciano un buon panorama, le opere dei maggiori artisti italiani – Fontana, Morandi, Schifano, Boetti, Severini, Burri – sono sempre desiderate. Il valore è aumentato del 55% per Severini e di ben il 404% per Fontana; ma questo è nulla di fronte ai prezzi delle opere di Boetti e Scheggi, rispettivamente +1.231% e +3.130%. E, contemporaneamente, le case d’asta con sede in Italia hanno registrato, secondo Il Sole 24 Ore, un significativo aumento delle vendite: Finarte +43,4%; Farsetti +38,8%; Christie’s +35,3%; Sotheby’s +33,1%.
NUOVE MISURE E LEGGI PER LA PROMOZIONE DEL MERCATO DELL’ARTE ITALIANO
Sembrerebbe che anche il Legislatore sia consapevole del fatto che potenzialmente il mercato artistico italiano potrebbe trarre vantaggio dalla Brexit, e perciò ha ideato delle procedure semplificate volte a sfruttare questo spostamento del mercato a proprio vantaggio. Attraverso ad esempio il Decreto Ministeriale 367/2020, che prevede un processo semplificato per l’esportazione di opere d’arte di valore inferiore a 13.500 euro, mentre la procedura prevista dal Codice dei Beni Culturali (art. 68) continuerà ad applicarsi per i beni di valore superiore a quella soglia. Tre le novità principali dunque: l’introduzione della soglia unica di valore, ossia la previsione che per le opere create da un autore non più vivente e il cui valore non superi i 13.500 euro l’esportazione sia possibile con la semplice presentazione di un’autocertificazione; l’innalzamento da 50 a 70 anni del limite massimo al di sotto del quale le opere di un autore non più vivente non possono essere soggette a divieto di esportazione; il passaporto elettronico per le opere d’arte, della durata di 5 anni, che ne faciliterà l’uscita dal territorio nazionale e il successivo ed eventuale rientro. Il mondo sta cambiando e il mercato dell’arte non fa eccezione. Muovendo le giuste pedine, il mercato dell’arte italiano potrebbe trarre grandi benefici dalle conseguenze della Brexit. Mettendo a valore anche la sua posizione strategica, che potrebbe renderla un comodo hub con facile accesso alle altre principali città e centri d’arte europei. In combinazione con la semplificazione degli oneri burocratici, l’Italia potrebbe conquistare così un posto di rilievo accanto al mercato francese come attore chiave in Europa e, chissà, magari un giorno anche nel mondo.
Francesca Imperiali e Paula Trommel
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