Intervista al collezionista Vittorio Gaddi. Il notaio innamorato dell’arte
Come è iniziata e si evolve oggi una delle più importanti collezioni italiane di arte contemporanea, nelle parole del suo creatore: dalla folgorazione alla Biennale di Venezia negli anni Ottanta alla ricerca costante di artisti che sopravvivano alla prova del tempo
Vittorio Gaddi è uno dei collezionisti di arte contemporanea più stimati oggi in Italia, e non solo. Gran parte della collezione si trova nel paese di Vorno, a due passi dalla Tenuta dello Scompiglio nella Lucchesia, in una villa che da tempo, con la moglie Nunzia, ha trasformato in museo. Vive a Lido di Camaiore, mentre è a Lucca, dove si trovano altre opere della sua collezione, che svolge la sua attività di notaio, “apparentemente una figura che ha poco a che fare con l’arte”, chiosa Gaddi, “ma che in realtà ha fornito importanti ‘contributi’ alla storia dell’arte, se pensiamo che Leonardo da Vinci, Masaccio, Giorgione, Tiziano, Velazquez, Marcel Duchamp, Salvador Dalí e Alighiero Boetti erano tutti figli di notai, così come era notaio il nonno di Goya”. E molti ancora, tra le fila di questa professione, sono stati tra i più grandi collezionisti di arte. “In materia di arte contemporanea, mi piace citare l’indimenticabile Paolo Consolandi”, segnala infatti Vittorio Gaddi. Che con noi ripercorre con grande generosità l’inizio e l’evoluzione del suo collezionare.
L’intervista a Vittorio Gaddi
Quando ha iniziato a collezionare?
Ho cominciato a collezionare intorno alla metà degli anni Novanta del secolo scorso. Le prime opere le ho acquistate senza l’intenzione di iniziare una collezione, ma semplicemente con l’intento di arredare una casa di campagna che avevo acquistato in quel periodo e che col tempo, svuotatasi un poco alla volta di tutta la mobilia e riempitasi di opere d’arte, è divenuta la sede principale della collezione.
Come si è avvicinato all’arte e al desiderio di possederne?
Chiedere perché l’intenzione iniziale si sia, nel breve volgere di qualche anno, trasformata nella volontà di formare una collezione è come chiedere a un innamorato il perché del suo innamoramento. Alla base c’è stato sicuramente il desiderio di “possedere” delle opere che mi suscitavano delle emozioni particolari e quindi una predisposizione naturale (le cui ragioni profonde non saprei spiegare) che mi ha fatto sentire attratto fin dalla mia giovinezza dall’arte tutta e in special modo da quella contemporanea.
Quali furono allora i suoi “primi passi”?
Pur non essendo all’epoca un esperto in materia, già nel 1982, e quindi molto prima che cominciassi a collezionare, sono andato per la prima volta alla Biennale di Venezia, rimanendo entusiasta dell’esperienza anche se, essendo all’epoca un profano, oggi non ricordo assolutamente i nomi degli artisti che avevano partecipato a quella edizione della manifestazione.
E poi cosa è intervenuto a cambiare il suo approccio?
Credo che nello spingermi a collezionare sia stato decisivo l’incontro, nel 1997, con la grande gallerista veneziana Bruna Aickelin, titolare della galleria Il Capricorno, che si trovava dove oggi c’è la sede italiana della galleria di Victoria Miro. Bruna per me è stata una vera e propria maestra, oltre che una cara amica, dalla quale ho ricevuto una serie di preziosi consigli che hanno contribuito in maniera decisiva alla mia formazione come collezionista.
Quante opere possiede attualmente?
Non le ho mai contate (anche perché il numero cambia continuamente) e quindi non posso dare una risposta precisa, ma ritengo che siano all’incirca quattrocento.
La prima opera acquisita?
In realtà le prime opere acquisite sono due, acquistate contemporaneamente: una scultura in marmo nero del Belgio e un grande acquarello di Giò Pomodoro. Le comprai direttamente da lui, dopo essermi recato a conoscerlo nella sua casa-studio a Querceta, in provincia di Lucca.
E l’ultima?
L’ultima opera è un video dell’artista Sin Wai Kin, che ho acquistato lo scorso giugno ad Art Basel dalla galleria Soft Opening di Londra. L’opera era esposta nella sezione Statements, per le gallerie emergenti, dove l’artista è risultata vincitrice all’ultima edizione del Baloise Art Prize. È un’opera a mio giudizio molto bella, che rielabora in chiave contemporanea il Narciso di Caravaggio.
Come scopre gli artisti che le piacciono?
Come si dice, “nessuno nasce professore”? Col tempo ho acquisito una sensibilità che mi permette, nella maggior parte dei casi, anche se ovviamente non sempre, di capire il valore e le prospettive di carriera di un artista. Io privilegio l’acquisto di opere di artisti giovani, non ancora consolidati completamente, ma neppure alle prime armi, e la mia ambizione è quella di far entrare nella collezione opere di artisti che non siano meteore ma che sopravvivano alla prova del tempo.
E ci sono strumenti e modi secondo lei per imparare, per “allenare” questa sensibilità?
Per arrivare ad acquisire la sensibilità di cui parlavo non si può prescindere dallo studio e dall’approfondimento delle opere e del curriculum degli artisti. Per questo ritengo indispensabile leggere le riviste specializzate (non disdegnando un’occhiata alle pubblicità), visitare le gallerie, i musei e le manifestazioni come la Biennali e, non essendo possibile visitare tutto quello che si vorrebbe vedere di persona, consultando quanto più materiale possibile in rete.
Quindi l’innamoramento per un’opera è solo il primo passo, per lei?
All’inizio c’è l’emozione che suscita in me un’opera, un artista, quel colpo di fulmine che non può mai mancare, ma che non è sufficiente a determinarmi ad acquistare quell’opera. La decisione finale viene determinata dalla sintesi tra quello che mi suggerisce il cuore e quello che mi dice il cervello, perché affidarsi a uno solo di questi due elementi può portare a errori di valutazione enormi.
E quando incontra un artista che le interessa come si orienta tra i diversi lavori?
Degli artisti che mi piacciono cerco sempre di acquisire opere che, a prescindere dalle dimensioni, siano significativi e non semplici “figurine”. Ritengo preferibile acquistare un lavoro importante di un artista bravo, anche se non eccelso, rispetto a un’operina meno significativa di un genio.
C’è una linea predominante che accomuna la sua collezione, un tema o una tecnica che le interessa particolarmente?
Non è il mezzo espressivo utilizzato dall’artista che influenza le mie scelte. Nella mia collezione sono presenti, indifferentemente, dipinti, fotografie, sculture, installazioni e video. A me interessa esclusivamente la qualità dell’opera, indipendentemente dalla tecnica utilizzata. Allo stesso modo non direi che esiste una linea che accomuna le opere acquisite, se non che esse devono essere espressioni originali dei tempi in cui sono state realizzate e possibilmente devono recare elementi di novità nella forma e/o nel contenuto. La “contemporaneità” delle opere è quindi l’unica linea che caratterizza la collezione.
Chi sono gli artisti più rappresentativi, se ci sono, della sua collezione?
Potrei indicare (omettendo di citare gli italiani per evitare che qualcuno, magari un amico, si possa sentire offeso per l’esclusione dall’elenco) Olafur Eliasson, Carsten Holler, Danh Vo, Philippe Parreno, Anri Sala,Tomas Saraceno, Alicja Kwade, Roni Horn, Nairy Baghramian, Thomas Ruff, Nedko Solakov, Kim Sooja, Isa Genzken, Hiroshi Sugimoto, Thomas Demand, Rashid Johnsson, Doug Aitken, Pawel Althamer, Liam Gillick, Ugo Rondinone, Angela Bulloch, Thomas Houseago, Wangechi Mutu, Miroslaw Balka, Sophie Calle, Tobias Rehberger, Monica Sosnowska, Francis Alys, Tony Cragg, Peter Halley, Grayson Perry, Tatiana Trouvé, Wolfgang Tillmans, Simon Starling, Simon Fujiwara, Roman Ondak, Kader Attia, Petrit Halilaj.
Ha un budget prestabilito per le acquisizioni o decide in base alla passione del momento?
Purtroppo o per fortuna non riesco mai a ragionare da contabile e quindi non sono capace di programmare anticipatamente quale budget dedicare agli acquisti, anche perché se lo facessi non riuscirei comunque a trattenermi davanti a un’opera che mi fa innamorare, anche se il suo prezzo fosse fuori dalle cifre prestabilite. Ovviamente non posso superare certi limiti di spesa, perché non sono un miliardario e non intendo indebitarmi per acquistare un’opera, ma trattenermi, in certi casi, mi costa parecchia fatica e non sempre ci riesco.
Parliamo dei suoi canali di acquisto. Gallerie italiane o internazionali?
Acquisto indifferentemente dalle gallerie italiane e internazionali, perché è l’opera che mi interessa e non è la galleria a indirizzare le mie scelte e quindi vado poi a cercare di acquistarla dove riesco a trovarla, senza guardare in faccia nessuno!
E ha delle gallerie di riferimento?
Ho acquistato opere da tutte le più importanti gallerie italiane e da alcune delle più autorevoli gallerie europee e americane, ma anche da gallerie emergenti, italiane e non. Non direi che ho gallerie di riferimento, piuttosto che ad alcuni galleristi mi legano oggi rapporti di amicizia, che non ho con altri.
Compra anche alle fiere, immagino. Ne ha di preferite?
Ovviamente compro alle fiere, sì, che in poche ore o comunque in pochi giorni consentono una enorme facoltà di scelta, offrendo anche la possibilità di conoscere nuovi artisti di cui altrimenti avrei ignorato l’esistenza. Le mie preferite sono – so di non essere originale! – Art Basel e la sua gemella Paris+, ma apprezzo molto anche Frieze (anche se da alcuni anni non riesco ad andarci). Mi piacciono poi alcune fiere satelliti come Liste e Paris Internationale.
E tra le nostre italiane?
In Italia le mie preferite sono Artissima e miart. Nell’ultima edizione ho notato poi un netto miglioramento di Artefiera, per la quale auspico ulteriori passi in avanti che la riportino in breve al ruolo di protagonista che, tenendo conto della sua storia passata, le compete.
Ci sono persone di fiducia a cui si rivolge per le sue acquisizioni?
Decisamente no. La passione è mia e quindi voglio essere solo io a decidere le acquisizioni. Sono però ben accetti i consigli e gli scambi di opinioni con altri collezionisti, ma non sono uno che si lascia facilmente condizionare e alla fine sono solo io a prendere le decisioni, in assoluta autonomia.
Quale è la sua idea del ruolo del collezionista all’interno del sistema dell’arte?
Non tendo a sopravvalutare il ruolo del collezionista nel sistema dell’arte. Per quanto mi riguarda faccio il collezionista per soddisfare un mio bisogno egoistico che trova appagamento nell’acquisto di opere che mi emozionano. E non mi sento quindi assolutamente – lo dico in modo scherzoso – un benefattore dell’umanità! Poi è ovvio che il ruolo comporta anche delle responsabilità in virtù del fatto che chi colleziona non è il proprietario assoluto dell’opera d’arte, ma solo un suo detentore temporaneo.
E cosa comporta questo secondo lei?
Per questo motivo, per esempio, mi dà una grande soddisfazione mostrare le opere della collezione a tutti coloro che mi chiedono di visitarla (sia che siano esperti sia che siano semplici curiosi), perché le opere d’arte devono essere godute da tutti quelli che provano piacere a vederle e non solo da chi le ha acquistate. Per lo stesso motivo non mi sottraggo dal concedere in prestito opere della collezione per esposizioni temporanee, anche se, lo confesso, ogni volta che un’opera se ne va per una mostra, resto in ansia fino a quando non ritorna “a casa” sana e salva.
Ha mai collaborato anche in altri modi con istituzioni e musei?
A parte i prestiti sono tra i patrons di Palazzo Strozzi e tra gli Amici della Quadriennale di Roma. E sono inoltre membro dell’associazione di collezionisti Collective, che ha organizzato un premio per giovani artisti italiani e stranieri (di età inferiore a 35 anni) in collaborazione con il Castello di Rivoli. La prima edizione si è conclusa da poco con la vittoria di Alice Visentin: l’opera vincitrice, come da regolamento del premio, è stata acquistata dall’Associazione e donata poi al Museo. Il 7 ottobre prossimo, in occasione della Giornata del Contemporaneo, il premio sarà ufficialmente presentato al Castello di Rivoli.
Come immagina il futuro della sua collezione?
Se per futuro si intende quello dopo la mia morte, non lo immagino, nel senso che per la collezione ho speso in passato e continuo a spendere una parte rilevante delle mie risorse economiche, per cui non trovo giusto nei confronti dei miei eredi donare le opere della collezione a una istituzione pubblica. Voglio che siano loro a decidere cosa fare, quando non ci sarò più io, delle opere.
E per il futuro più vicino invece?
Per il futuro immediato, invece, continuerò sicuramente a comprare nuove opere, come ho fatto fino a ora, compatibilmente con la disponibilità ormai ridotta degli spazi dove collocarle, perché non sono un collezionista che acquista le opere per rinchiuderle in un magazzino, ma per esporle.
Mi dica una cosa che le piace del sistema dell’arte.
Cosa mi piace del sistema dell’arte? Indubbiamente le opere d’arte, senza le quali il sistema non esisterebbe. E poi farne parte, di quel sistema. Anche se non come protagonista – essendo per me i veri protagonisti soltanto gli artisti –, ma come collezionista di un certo livello, riconosciuto come tale nell’ambiente. Il che comporta degli innegabili e piacevoli vantaggi e privilegi (inviti alle inaugurazioni delle mostre e agli eventi collegati, VIP card per le fiere e, in alcuni casi, offerta dell’ospitalità da parte degli organizzatori, invio da parte delle gallerie delle preview delle opere disponibili a fiere e mostre).
E una che la convince meno, invece?
Una cosa che mi piacerebbe è che tra gli addetti ai lavori ci fosse meno attenzione sugli artisti “alla moda”, che spesso, pur essendo di modestissimo valore, ma per il solo fatto di essere appunto di tendenza, raggiungono in breve tempo delle quotazioni assurde, poi destinate inevitabilmente a ridimensionarsi negli anni successivi.
Cristina Masturzo
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