Il NIKA Project Space di Dubai si espande a Parigi: si apre con un’artista palestinese
Il nuovo spazio della galleria emiratina presenta, nel sobborgo di Romainville, un corpus di opere recentissime di Mirna Bamieh sui temi della scomparsa e della memoria. Attuale come non mai
È nel quartiere di Komunuma, appena fuori Parigi, che l’emiratina NIKA Project Space aprirà il suo secondo spazio espositivo il prossimo 8 settembre. A inaugurare la nuova sede della galleria di Dubai sarà una personale dell’artista palestinese Mirna Bamieh, Sour Things, che – anche in collegamento con l’intensificarsi dello sterminio della popolazione della Palestina da quasi un anno a questa parte – affronterà i temi della scomparsa e della memoria.
NIKA Project Space a Parigi
L’annuncio della gallerista e fondatrice dello spazio Veronika Berezina segna un passo significativo nella crescita di NIKA Project Space, che ha la sua prima casa a Dubai (dove ospita anche progetti fuori sede in giro per la città): “Sono lieta di aprire uno spazio a Parigi, una delle città più importanti al mondo per l’arte, per supportare i nostri artisti e il nostro programma in Europa. Questa nuova galleria ci avvicina a relazioni chiave e creerà un ponte tra i programmi di Parigi e Dubai, facilitando scambi e dialoghi”, ha commentato. Per avviare questi dialoghi, NIKA Project Space si è sì spostata in Europa, ma ha preferito decentralizzare – Komunuma è tecnicamente a Romainville, un sobborgo a Nord Est della capitale francese -, preferendo uno spazio eminentemente artistico e non turistico nella speranza di ricreare lo spirito della prima galleria. Ovviamente, con l’aiuto degli artisti del loro roster, come Adrian Pepe, Nika Neelova, Alexander Ugay, Polina Kanis e Katya Muromtseva.
La mostra personale di Mirna Bamieh da NIKA a Parigi
Sono tutte opere nuove e recenti quelle presentate in Sour Things da Mirna Bamieh per la prima apertura dello spazio (e che saranno anche presentate alla fiera Asia Now a metà ottobre). Famosa per il suo impegno sociale, l’artista è la fondatrice della Palestine Hosting Society, progetto di arte dal vivo e piattaforma (nata nel 2018) per preservare le ricette palestinesi a rischio di scomparsa. E proprio di scomparsa e memoria trattano le sue opere più recenti, come The Pantry (2024), una co-commissione tra NIKA Project Space e l’Het Noordbrabants Museum nei Paesi Bassi in cui l’artista (nata nel 1986) usa la tecnica della fermentazione per riflettere sullo spostamento, lo sradicamento e la perdita del proprio spazio: l’artista crea uno spazio liminale, in cui la conservazione è possibile ma non la fermentazione, quindi non la crescita e l’evoluzione. E poi ancora The Wall, una scultura di pezzi di ceramica di agrumi che esplora le fasi del lutto e della conservazione, collegando il dolore personale a esperienze universali e riflettendo sulla colonizzazione della terra palestinese e il recente aggravarsi degli attacchi israeliani; oppure The Staircase, a sua volta un’opera composta da sculture in ceramica di grandi dimensioni di gombo, aglio, peperoncino e spezie di chiodi di garofano (tutti appesi, come nella tradizione di disidratazione mediterranea), tutte smaltate nella forma di disegni infantili per rimandare al trauma e al dolore.
Dolore ed elaborazione del trauma nelle opere di Mirna Bamieh
“Queste opere affrontano il dolore, la sofferenza e l’elaborazione dell’incontrollabile. Invitano alla riflessione e creano spazi empatici. La serie ‘Sour Things’ ha sempre riguardato l’elaborazione di grandi argomenti senza fornire risposte, offrendo spazi psichici e interiori di empatia”, ha commentato Bamieh. Una scelta forte in un momento difficile, che va ad allinearsi alle prerogative statutarie della galleria: la sua fondatrice Berezina ha infatti sottolineato la volontà di NIKA Project Space di impegnarsi nel mettere in luce il lavoro e i concetti di artisti e curatori del Sud del mondo, sostenendo soprattutto le artiste professioniste e facilitando la ricerca artistica in ambedue le sue sedi.
Giulia Giaume
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