Da Seoul a New York. Le vendite italiane alle fiere d’arte Frieze, Armory e Independent
Alla conclusione dei primi rilevanti appuntamenti fieristici, il mercato dell'arte si dimostra reattivo e tra Oriente e Occidente si registrano le prime vendite di peso della stagione
Si è tenuta dal 4 al 7 settembre 2024 al COEX la terza edizione di Frieze Seoul. La fiera coreana è l’ultima arrivata nel gruppo Frieze che, facendo concorrenza alla rivale Art Basel, da Londra è partito alla conquista del nuovo hub asiatico oltre che degli Stati Uniti, dove ha acquisito due tra le più importanti fiere del Nord America, Expo Chicago e The Armory Show. E proprio quest’ultima, arrivata anche al suo 30° anniversario, si teneva a New York all’incirca negli stessi giorni di Frieze Seoul. Diversi i galleristi italiani che hanno lasciato vacanze e gallerie, alla volta dei primi eventi che tra Oriente e Occidente annunciavano la ripresa inequivocabile di tutti gli impegni del mercato dell’arte. Ne abbiamo raggiunti alcuni per sentire da loro come era l’atmosfera nelle grandi capitali globali dell’arte, quali feedback avevano sulla ripartenza e cosa hanno venduto, se hanno venduto, alle prime fiere di stagione.
Il mercato dell’arte da Seoul a New York
A dare avvio alla nuova sessione di fiere è stata Frieze Seoul e mentre in Occidente si discuteva di un rallentamento del mercato dell’arte gli andamenti sembravano più stabili sul fronte asiatico, dove la fiera coreana è diventata un osservatorio ancora più strategico. Dalle cronache internazionali pare che i galleristi abbiano scelto strade intraprendenti al COEX di Seoul, con stand improntati non solo alla sicurissima pittura, ma anche a scultura, installazioni e video di pi incerta ricezione. Poche le opere vendute oltre i 500.000 dollari e molte le transazioni su cui non si sono sbottonati sui prezzi finali, ma il feedback generale è parso diffusamente positivo. Tra le vendite più munifiche Portrait with Curtains di Nicolas Party del 2021 venduto da Hauser & Wirth per $2,5 milioni a un collezionista asiatico. Erano invece assenti ad Armory, come in tutte le ultime edizioni, le mega-gallerie come appunto Hauser & Wirth, David Zwirner, Gagosian e Pace Gallery, ma, pur in un momento di generale assestamento, non è mancato l’interesse dei collezionisti internazionali per le proposte anche più contenute in termini di prezzo delle gallerie partecipanti. Tra le vendite comunicate più alte: Robert Motherwell, Apse (1980-1984), $825.000 e Walton Ford, The Singer Tract (2023), dalla newyorchese Kasmin.
Le gallerie italiane all’Armory Show di New York
Prima edizione targata Frieze, dunque, per The Armory Show, la storica fiera newyorchese che si è tenuta dal 6 all’8 settembre (preview il 5). Al Javits Centre di New York esponevano, per la pattuglia italiana, sia Massimo che Francesca Minini, padre e figlia da sempre legati anche nelle traiettorie dell’arte, con una selezione di opere trasversale, multidisciplinare e transgenerazionale di Carla Accardi, James Bantone, Jacopo Benassi, Armin Boehm, Sol Calero, Peter Halley, Sheila Hicks, Anish Kapoor, Landon Metz, Francesco Simeti. “The Armory Show rimane una delle fortezze dell’arte contemporanea”, commenta con noi Francesca Minini, “ed è sempre in grado di attirare un pubblico numerosissimo – compresi anche i rappresentanti dei musei e delle istituzioni dell’arte – che con grande attenzione quest’anno ha visitato la fiera fino all’ultimo giorno, nonostante la stagione si sia appena riavviata. La stessa vivacità l’abbiamo trovata in città, dove moltissimi sono stati gli opening organizzati dalle gallerie, anche da quelle che magari partecipavano negli stessi giorni a Frieze Seoul, a dimostrazione di un’intenzione di essere presenti quando Armory e i suoi espositori e clienti convergono su New York. Sul fronte vendite siamo soddisfatti per il riscontro per Carla Accardi dal mondo museale americano, per Sheila Hicks, così come per Jacopo Benassi, che anticipava in qualche modo qui, su un palcoscenico internazionale, la mostra che inaugureremo a Milano la prossima settimana. Per noi l’esperienza è dunque senza dubbio positiva, e, con la nuova proprietà di Frieze, ci aspettiamo anche una crescita ulteriore l’anno prossimo e nel prossimo futuro”.
Tra gli espositori italiani abbiamo raggiunto poi, alla fine del sabato di fiera, Antonio Addamiano con la sua Dep Art Gallery salda nella sezione Solo per i progetti monografici. La galleria di stanza a Milano (oltre che in un trullo di Ceglie Messapica) e da sempre concentrata su artisti attivi tra gli Anni Sessanta e Settanta – importanti, tra gli altri, i lavori di sistemazione e catalogazione per maestri come Emilio Scanavino e Turi Simeti – ad Armory esponeva le opere di Wolfram Ullrich, in collaborazione con la galleria Raquel Arnaud di San Paolo, con cui condivide da anni la rappresentazione dell’artista. “La fiera è andata molto bene, grazie anche alla sinergie delle due gallerie che hanno condiviso stand e clienti internazionali”, ci ha raccontato Addamiano, “e fantastica è stata la risposta dei visitatori per l’unicità e la qualità delle opere di Ullrich che avevamo selezionato. Fino a oggi, sabato 7 settembre, abbiamo venduto 8 opere, tra cui tre di dimensioni importanti e del valore di 40.000, 35.000 e 23.000 dollari a nuovi collezionisti. Altre opere di formati più piccoli e medi, tra i 5.000 e i 15.000 dollari, sono state invece acquisite da collezionisti che seguono già la galleria”. Pollice alto quindi per questa nuova Armory, che Addamiano ha trovato più frequentata e produttiva, con più affluenza di clienti e maggior successo di vendite rispetto alla precedente esperienza della galleria a Independent nel 2023.
Focus Filippo de Pisis per P420 alla fiera Independent di New York
Dal 5 all’8 settembre 2024 tornava per la terza edizione a Casa Cipriani, nel Battery Maritime Building a Lower Manhattan (uno degli ultimi terminal per traghetti di inizio Novecento), Independent 20th Century, la sorellina minore della originaria Independent, avviata nel 2022 a partire da una vocazione precisa: la riscoperta e la promozione degli artisti attivi nel Ventesimo secolo. A cui quest’anno si aggiungeva anche una particolare attenzione a quel Sud globale che è stato già al centro degli interessi curatoriali di Adriano Pedrosa per la Biennale di Venezia. E, sempre in tema Biennale Arte, esponevano per la prima volta a Independent 20th Century quest’anno i galleristi Fabrizio Padovani e Alessandro Pasotti, titolari della galleria bolognese P420, che hanno scelto per questa occasione come unico protagonista Filippo de Pisis (1896-1956), che la galleria rappresenta dal 2022 e che era qui alla sua prima presentazione internazionale, dopo essere stato in mostra insieme alle opere di Louis Fratino ai Giardini della Biennale e la doppia personale con Robert Mapplethorpe al Currier Museum of Art in New Hampshire. In stand a New York erano disponibili sia le opere più conosciute, disegni e lavori su carta che ritraggono giovani uomini che una produzione più tarda, realizzata a Villa Fiorita dagli Anni Quaranta agli ultimi giorni di vita dell’artista. “Grazie anche alla concomitanza della sua presenza alla Biennale di Venezia, la presentazione ha avuto moltissima attenzione e il pubblico di Independent, non particolarmente numeroso ma molto selezionato, ha scoperto l’artista con grande trasporto”, hanno commentato i galleristi italiani commentando le diverse vendite realizzate, “sia di lavori su carta che dipinti con prezzi compresi tra 15.000 e 75.000 dollari”.
Il commento della galleria Mazzoleni da Frieze Seoul
Lasciamo per un momento il nostro Occidente e torniamo verso Est, dove da Seoul arrivano i feedback di Mazzoleni. La galleria, fondata nel 1986, oggi con sedi a Torino e Londra e riflettori puntati sia sui grandi maestri Post-War che sulle ricerche più contemporanee, tornava nella capitale asiatica per il terzo anno consecutivo e presentava in stand opere di Lucio Fontana (1899-1968), Fausto Melotti (1901-1986), Agostino Bonalumi (1935-2013), Enrico Castellani (1930-2017), Nunzio (n. 1954) e Salvo (1947-2015) per analizzare il rapporto degli artisti con il tema dello spazio attraverso diversi materiali e gli effetti della luce sulla tela. Tra le vendite condivise Blu, esempio delle tele estroflesse di Agostino Bonalumi del 2007, nella regione di 100.000 dollari, in un bilancio molto positivo dal nuovo hub d’Oriente: “Sin dalla sua inaugurazione tre anni fa, Frieze Seoul è diventata un punto fermo del programma fieristico della galleria e siamo lieti di essere tornati per questa nuova edizione. Durante la VIP Preview abbiamo riscontrato un grande interesse per le opere presentate”, ci ha raccontato la galleria italiana. “La vitalità e il fervore dei collezionisti presenti qui sono impareggiabili e siamo entusiasti di incontrare anche molti nuovi giovani collezionisti che dimostrano sempre più interesse per i maestri italiani del Dopoguerra”. E in Corea del Nord la galleria poteva festeggiare anche la presenza al Padiglione Italiano della Gwangju Biennale di un’artista della scuderia, Rebecca Moccia, con il suo progetto Ministries of Loneliness.
Cristina Masturzo
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