Commenti e vendite da Art Basel e le altre fiere di Parigi secondo le gallerie italiane
A poche ore dalla chiusura della prima edizione di Art Basel 2024 a Parigi nella rinnovata sede del Grand Palais, facciamo il punto su come è andata la fiera ammiraglia e la consolidata tra le emergenti Paris Internationale, con le opinioni e le voci delle gallerie italiane
Si conclude domenica 20 ottobre 2024 la prima edizione di Art Basel Paris al Grand Palais e il segno della fiera è stato evidente nella città di Parigi, con gli stendardi di Art Basel sullo storico e rinnovato monumento francese, a marcare nome e sede definitivi della fiera più importante del mondo, che ora diventa anche la più bella in assoluto. E l’eccellenza della fiera si lega da qui in poi indissolubilmente non più solo alla città, come quando al debutto ha preso il nome di Paris+, ma al brand Art Basel e alla sua muscolarità sistemica.
Mentre la rimonta di Parigi su Londra è sempre più netta, sul fronte mercato e no, e anche al di fuori di una logica un po’ semplicistica di contrapposizione tra le due capitali dell’arte in Europa, la città francese è apparsa quest’anno ancora più internazionale, con mostre e partnership pubblico-privato per la produzione artistica senza pari e i frutti di un lungo e intelligente lavoro sulla costruzione del pubblico sempre più visibili. E Basilea? L’altro nodo da sciogliere alla fine della fiera torna a essere l’interrogativo su una competizione interna tra le fiere del gigante svizzero, che dovrà puntare a differenziare le esperienze offerte dalle diverse iterazioni, per tenere tutto saldamente insieme. Intanto a Parigi le vendite ci sono state, stando a quanto raccontato dai galleristi, seppure con una certa prudenza e qualche resistenza sulle fasce più alte di prezzo.
Art Basel Paris 2024 al Grand Palais, sulle orme di Fiac
“Non si può non aprire parlando del ritorno alla location del Gran Palais”, ha sottolineato Alfonso Artiaco, “senza dubbio la sede più bella del mondo per una fiera, con il valore aggiunto della luce naturale che passa dalle vetrate del tetto”. Un nuovo luogo che contribuisce, secondo la galleria Tornabuoni Art, a rafforzare “la qualità internazionale della fiera, che vede un numero sempre crescente di collezionisti da tutto il mondo, come di presenze istituzionali”.
In apertura a pochi giorni dalla conclusione delle fiere di Londra, con almeno una trentina di gallerie presenti sia di là che di qua della Manica, il debutto di Art Basel Paris al Grand Palais portava con sé anche l’eco e la memoria delle tante edizioni della storica rassegna fieristica Fiac. E, in una continuità più che evidente, sono tante le gallerie che quest’anno, pur sotto un diverso cappello, hanno ripreso i propri vecchi posti nei corridoi della nuova fiera. Per dar conferma del proprio posizionamento nello scacchiere dell’arte (la collocazione degli stand è pur sempre una delle espressioni di potere all’interno di queste manifestazioni), ma anche per farsi trovare e riconoscere agevolmente dai collezionisti più affezionati. E se Frieze London ha provato quest’anno a rimescolare le carte, ad Art Basel Paris le mega-gallerie come Pace, Perrotin, Hauser & Wirth, White Cube, Gagosian e Gladstone erano di certo al cuore del percorso tra gli stand. Così come le opere scelte per l’occasione erano senza dubbio quelle di maggior peso e di più alta fascia di prezzo, in attesa di collezionisti americani e asiatici, già in terre europee di ritorno da Londra o atterrati direttamente a Parigi.
Il debutto di Art Basel Paris al Grand Palais di Parigi
Ad accogliere loro e gli addetti ai lavori il mercoledì 16 ottobre, giorno della preview First Choice e VIP, c’è stata dunque una gemma dell’architettura di inizio Novecento, portata agli originali splendori dal restauro concluso in occasione dei Giochi Olimpici Estivi 2024, con le sue arcate verde menta e la volta di vetro, da cui, almeno il primo giorno, entravano un sole e un cielo azzurro parigino con cui niente poteva competere. Nei corridoi dalle prime ore si incontravano opere magnifiche ed enormi (una nostalgia di Unlimited di Basilea?), David Zwirner che guardava i lavori allo stand di Acquavella, i bollini rossi a quasi tutti i dipinti di Gideon Rubin da Karsten Greve, la checklist di Thaddaeus Ropac quasi completamente spuntata per i venduti. Sold out lo stand di Pace già a metà giornata, a quanto pare, mentre Gagosian era tra le moltissime gallerie a esporre opere di Tom Wesselman, protagonista negli stessi giorni di un’importante mostra alla Fondation Vuitton. Il suo Smoker #20 (1975) dovrebbe essere stato venduto dal mega-dealer per oltre 4 milioni, insieme a lavori di Pablo Picasso, Jadé Fadojutimi e Amoako Boafo. Fresco di nuova rappresentazione, da David Zwirner un bellissimo dipinto di Victor Man del 2014, K, è stato venduto per 1,2 milioni di euro. L’opera più costosa esposta? Dovrebbe essere Suprematism, 18th construction, del 1915, di Kazimir Malevich, da Hauser & Wirth, con un prezzo di più di 30 milioni di euro.
Dal Surrealismo all’Arte Povera, la fiera incrocia le grandi mostre in città
Oltre che a un criterio di altissima qualità, le opere presentate in fiera da molte gallerie si sono armonizzate strategicamente con le più importanti mostre in città. Vale per Wesselman, come dicevamo, che ha invaso letteralmente gli stand del Grand Palais, e ancora di più per le opere surrealiste, in connessione alla mostra Surrealisme al Centre Pompidou per il centenario del manifesto del movimento, e per quelle dell’Arte Povera, celebrata con un certo grado di spettacolarità alla Bourse de Commerce della Collezione Pinault. Da Cardi due opere di Jannis Kounellis, del ‘94, sono state vendute già il primo giorno intorno ai €300.000 ciascuna a un museo olandese. Tornabuoni prosegue lungo la strada e l’impegno di “presentare l’eccellenza del Dopoguerra italiano alla fiera parigina” e dopo una Fine di Dio di Lucio Fontana nel 2022 e un Mosaico di Boetti nel 2023, “l’appuntamento del 2024 vede esposta una Mappa monumentale di Alighiero Boetti”, che è stata acquisita da “un’istituzione culturale italiana, dove sarà esposta a partire dall’anno prossimo”.
I commenti delle gallerie italiane ad Art Basel Paris
Dopo le partecipazioni alla Fiac tra il 2008 e il 2021, e le partecipazioni a Paris+ par Art Basel 2022 e 2024, ad Art Basel Paris ha scommesso anche sul versante più contemporaneo dell’arte italiana la galleria Raffaella Cortese, sempre più fortemente identificata nel suo programma e nella sua vocazione legata a tematiche sociali e al concettuale, “fiduciosa che l’arte continui ad arricchire il pensiero e a proiettarci in un futuro con maggior solidità. L’aspetto più bello della fiera, e che ci preme sottolineare, è stato il consenso che abbiamo ricevuto nei confronti di artisti italiani in cui crediamo, come Francesco Arena e Marcello Maloberti”, ci ha raccontato la gallerista di Milano. “Direttori di musei e curatori europei hanno dimostrato un concreto interesse verso gli artisti italiani di questa generazione. Numerosissima la partecipazione, in particolare da parte di collezionisti italiani e orientali”.
Una fiera prudente a Parigi, secondo le gallerie italiane
Da Alfonso Artiaco ci hanno confermato “un pubblico di altissimo profilo, ben selezionato” al Grand Palais il giorno, affollatissimo, dell’inaugurazione. Al sabato mattina, quando la fiera aveva dunque davanti ancora due giorni, il gallerista di Napoli aveva molte trattative aperte, oltre alle vendite già concluse per Kounellis, Sol LeWitt, Tursic & Mille e Maria Thereza Alves, oltre che un interesse sostenuto anche per gli altri artisti in stand: Giovanni Anselmo, Veronica Bisesti, Andreas Breunig, Diego Cibelli, Callum Innes, Veronica Janssens, Giulio Paolini, Anri Sala, Jana Schroeder, Niele Toroni, Juan Uslè. Eppure, il gallerista di Napoli registrava una contrazione rispetto alle edizioni 2022 e 2023 di Paris+. Segno di una certa prudenza, riportata anche da operatori e osservatori internazionali, che continua a informare le attitudini e i comportamenti di acquisto dei collezionisti di tutto il mondo. E che, soprattutto sulle fasce di prezzo oltre il milione, rende le trattative più ostiche.
Il bilancio è assolutamente positivo da P420, per la prima volta a una Art Basel nella sezione Galleries. “Segnaliamo con piacere fin dal primo giorno la vendita a un museo privato cinese di Filippo de Pisis, che ha più in generale riscontrato un grande consenso da collezionisti e curatori provenienti da diverse aree geografiche”. Tra le altre vendite riportate dalla galleria di Bologna, Laura Grisi, entrata da poco anche nella collezione del Centre Pompidou, e Irma Blank, “molto amata in Francia. Grande interesse poi di collezionisti e curatori per Ana Lupas, che a giorni inaugurerà la sua personale al Kunstmuseum Liechtenstein, dopo la prima tappa allo Stedejlik di Amsterdam”.
Spazio e attenzione alle gallerie emergenti ad Art Basel Paris 2024
Non sono però solo le mega-gallerie e quelle più consolidate a contare nell’economia del sistema dell’arte. E lo sa bene il direttore di Art Basel Paris, Clément Delépine, che arriva all’ammiraglia dopo aver guidato anche l’emergente Paris Internationale e che, anche sulla scorta di quell’esperienza, ha quest’anno aumentato a 16 gli stand per le gallerie emergenti destinando loro degli spazi ampi e ariosi sulla balconata con vista panoramica. Tra gli espositori della sezione, la galleria di Lisbona Madragoa di Matteo Consonni ha avuto presto motivi per festeggiare, visto il premio Lafayette Anticipations alla sua artista Steffani Jemison, di cui si son vendute opere in un range di prezzo che va dai 5.000 ai 30.000 euro.
Tanti poi, al di fuori della sezione per gli emergenti, anche gli stand condivisi da due gallerie, almeno dieci ci pare di averne contati. Lo hanno scelto Misako and Rosen con Lambdalambdalambda, Hoffman con Candice Madey, Felix Gaudlitz e LC Queisser, che avevamo visto nella stessa combinazione anche a Miart, Emalin con L.A.’s Commonwealth and Council, tra gli altri. In un modello collaborativo non nuovo in sé, ma ora più frequente che mai, non solo per la possibilità di dividere le spese basate su superfici e posizionamenti, ma anche per concentrazioni e twist interpretativi su artisti co-rappresentati.
Come è andata Paris Internationale
Note di soddisfazione sono arrivate, restando sui percorsi meno established, anche dal versante delle fiere emergenti, Paris Internationale su tutte. Dove la galleria Crevecoeur, tra i fondatori della rassegna, riportava ad esempio la presenza di molti collezionisti e altrettante trattative andate in porto sin dal primo giorno. Al suo stand a inizio fiera, aveva venduto due sculture di Naoki Sutter Shudo, tra 10.000 e 15.000 euro circa, e diversi dipinti di Nino Kapanadze, tra i 5.000 e i 25.000 euro. Tra le italiane presenti, APALAZZOGALLERY esponeva opere di Edson Chagas, Nathalie Du Pasquier, Roberto Juarez e Lucia Pescador, per le quali ha riscontrato “un’ottima ricezione” da parte di un pubblico numeroso sia il giorno di apertura che i successivi. “Per quanto concerne le vendite”, continuava la galleria con sede a Brescia e già pronta a ripartire, presto, per Artissima e poi per la prima volta ad ART021 a Shanghai, “abbiamo riscontrato un forte interesse verso la riscoperta di Lucia Pescador così come per il lavoro di Nathalie Du Pasquier, soprattutto dopo la sua recente presentazione a Frieze Masters”.
Cristina Masturzo
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