Il mercato dell’arte come canale di comunicazione della tecnologia
Il mercato dell’arte celebra i miti del proprio tempo. Lo dimostrano le aste degli ultimi tre anni. Ma gli intellettuali italiani impegnati nel dibattito culturale non se ne sono accorti
Marzo 2021, Christie’s apre le offerte su Everydays a $ 100. Due settimane dopo, la vendita si è conclusa a 69.346.250 dollari, registrando un prezzo da record per un’opera NFT. Prima di allora, degli NFT si parlava soltanto in ambienti specializzati, tra artisti digitali e tra appassionati di diritto della rete. Dopo: il boom. Gli NFT sono divenuti il trend del momento, affermandosi in brevissimo tempo come la prossima “next-thing” e vale a dire la prossima grande innovazione tecnologica, e in altrettanto brevissimo tempo sono scomparsi.
Il grafico disegna benissimo questo fenomeno: dopo anni di totale assenza dalle ricerche condotte su Google, a marzo 2021 c’è un primo picco, che in pochissime settimane crea una vera e propria mania, grazie alla cifra del tutto spropositata pagata per l’opera di Beeple. Ottobre 2024, la storia in qualche modo si ripete. Stavolta non è Christie’s, ma Sotheby’s.
Intelligenza artificiale, NFT e mercato dell’arte
E non si tratta di un essere umano che crea un’opera dell’infosfera, ma di un robot (e di un’intelligenza artificiale) che creano un’opera fisica. Un dipinto. Artista: Ai-DA. Opera: A.I. God. Portrait of Alan Turing. Tecnica mista. 150x230cm. Stima minima: 120.000 $. Stima massima: 180.000. Valore battuto all’asta: 1,1 milioni di dollari. Il legame tra arte e tecnologia non è di certo una novità: i libri spesi sul tema potrebbero riempire da soli intere biblioteche, probabilmente. Un legame indissolubile, perché è chiaro che chi si “esprime”, sia naturalmente incline a valutare tutte le potenzialità del “mezzo di espressione” selezionato: vale per la pittura, ma anche per la musica, per la letteratura. C’è però una differenza tra l’indagine dei “media”, così come ci hanno abituato gli artisti da almeno 50 anni ad oggi, e la possibilità che l’arte, attraverso il suo mercato, assolva a funzione comunicativa, a cattedrale nella quale consacrare il valore aggiunto di una determinata tecnologia.
Perché Ai-DA è un robot. Umanoide. Guidato da un’intelligenza artificiale. E il sospetto è che, se fosse stato un qualunque John, Marcel, Mario, o Yuan, probabilmente il valore delle stime sarebbe stato più vicino al risultato d’asta, esiste.
Il valore aggiunto e il valore simbolico dell’opera
Il valore aggiunto, in questo senso, non è dunque il valore simbolico dell’opera. Ma il valore simbolico dell’artista. Se nel caso degli NFT, dunque, ad essere centrale nell’opera di Beeple non era la valenza estetica dell’opera, ma la tecnologiache ne era alla base, in questo caso non è né l’opera, né il mezzo, ma è proprio l’autore ad essere al centro dell’attenzione.
Senza dubbio, nel caso del robot, l’intento speculativo esiste, ed è lecito. Ma sotto il profilo culturale, questi elementi possono essere interpretati sostanzialmente in due modi differenti: sotto il profilo prettamente estetico, con questi due risultati d’asta, l’arte consacra ancora una volta i miti del proprio tempo, come ha fatto da sempre nella storia recente; dall’altro, però, è altrettanto lecita l’idea che dietro a queste dimensioni ci possano essere delle potenziali azioni che, attraverso la comunicazione derivante dalla vendita record di un’opera, mirino alla diffusione di un “topic” e abituino le persone a sentir parlare di una determinata tecnologia.
In entrambi i casi, però, e quindi sia nel caso in cui la vendita record sia attribuibile ad un fenomeno culturale, sia che invece sia il risultato di un’attenta operazione di comunicazione, il dibattito pubblico italiano sull’arte, così distratto da nomi e nomination, da acronimi e acrimonie, e che all’accaduto ha dedicato molte invettive e poche riflessioni. Ebbene, mai come oggi, nell’era delle citazioni iperuraniche, il dibattito culturale italiano dovrebbe davvero mettersi al passo con i tempi.
Stefano Monti
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