Evocando Claretta Petacci
Si chiama “Vucciria” una delle nuove rubriche d’autore di Artribune Magazine. La firma Angela Madesani, prende spunto da opere in mostra e amplia il discorso sul versante politico. Si comincia con una “inedita” Claretta Petacci, firmata De Dominicis-Pisani.
Molti sono convinti che la provocazione in arte sia un fenomeno del nostro tempo: bambini morti, sesso esplicito, animali vivisezionati e via di questo passo. Ma ne siamo proprio sicuri? Il quesito rimane aperto.
Fino allo scorso ottobre era in mostra al Mart di Rovereto, all’interno della mostra Percorsi riscoperti dell’arte italiana VAF Stiftung 1947-2010, un’opera datata 1974, che sembrerebbe smentirlo. Un anno particolare per la storia sociale del nostro Paese, quello del referendum per il divorzio con il quale gli italiani iniziano ad affrancarsi dallo strapotere del Vaticano.
La straordinaria opera in questione ha un doppio titolo, Una tomba per Claretta Petacci o La tomba di Mussolini. Non si tratta certo di una celebrazione, di una rilettura dei fatti. Un grande manichino femminile a torso nudo svetta su un pianoforte senza gambe. Ai lati del pianoforte sono due teste capovolte del Duce. La donna indossa un cappello da cardinale e la parte bassa di un abito talare, con tanto di fascia color porpora, al collo ha una spada dalla quale pende un crocefisso.
L’installazione è firmata da Gino De Dominicis e da Vettor Pisani, che si è impiccato alcuni mesi fa, a 77 anni nella sua casa romana: l’ultimo atto di sfida nei confronti di un sistema dell’arte, che poco lo ha compreso. Ma la storia non finisce qui. Oltre ai due artisti appena ricordati c’è un terzo artefice dell’impresa, l’attore Carmelo Bene, che ha donato a Pisani il manichino, utilizzato in un suo spettacolo teatrale.
I tre, ben oltre le mode di impegno sociale e politico del tempo, si dedicavano a sedute spiritiche, durante le quali evocavano lo spirito di Claretta, l’amante del Duce, giustiziata con lui. Il simbolo dell’anti-famiglia in un Paese che sulla famiglia ha fondato la sua storia. L’opera è barocca, trash, carica di simboli mistici, massonici.
Un anno dopo Pier Paolo Pasolini avrebbe scritto e girato il suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma. Il clima che si respira è lo stesso, un clima esasperato, fastidioso, che ci riporta, senza scarto alcuno, alla volgarità sociale del nostro tempo.
Quando si dice le premonizioni.
Angela Madesani
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #3
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