Dopo le dimissioni dallo Stedelijk Museum di Amsterdam, Beatrix Ruf si giustifica ma non convince
Continuano le polemiche sulle dimissioni di Beatrix Ruf, ex direttrice dello Stedelijk Museum di Amsterdam che tre settimane fa si è dimessa dall’incarico dopo le accuse di conflitto di interesse. Nonostante Ruf abbia chiarito la sua posizione, il mondo della cultura olandese la accusa di mancanza di deontologia professionale
Si è trattato di un misunderstanding. È questa la sintesi della lunga e articolata spiegazione che nei giorni scorsi Beatrix Ruf ha rilasciato al New York Times in merito alle sue dimissioni dalla carica di direttore dello Stedelijk Museum di Amsterdam. Come vi avevamo raccontato, Ruf aveva lasciato il prestigioso incarico a seguito delle accuse mosse da un giornale olandese per via della sua doppia attività di direttore dello Stedelijk e di responsabile di una società di consulenza artistica registrata in Svizzera.
DALLE DIMISSIONI…
“Posiziono gli interessi di questa istituzione eccezionale al primo posto, al di sopra delle mie preoccupazioni individuali. Ritengo che sia opportuno per me abbandonare l’incarico. Auguro al museo ogni successo perché è questo che meritano lo Stedelijk, il suo staff, i visitatori e i sostenitori”. Sono state queste le parole che tre settimane fa Beatrix Ruf ha pronunciato per congedarsi dalla carica di direttore dello Stedelijk, non aggiungendo ulteriori dettagli o spiegazioni per difendersi dalle accuse di conflitto di interesse. Adesso, però – probabilmente a causa della sempre più crescente pressione mediatica e dei commenti non proprio solidali da parte di illustri colleghi olandesi –, Ruf ha deciso di interrompere il silenzio stampa negando e rispedendo al mittente le accuse ricevute. E lo fa fornendo tutti i dati relativi agli introiti avuti negli ultimi anni.
…AI CONTI IN TASCA
“Sono sicura di aver relazionato tutto in buona fede”, dichiara Ruf al New York Times riferendosi alla natura delle sue attività collaterali – ben 18 – di cui lo Stedelijk sarebbe stato a conoscenza. Nello specifico, queste attività riguardano la presenza di Ruf nelle giurie di diversi premi artistici e i servizi di consulenza forniti a molte fondazioni culturali. E poi, il vero motivo della polemica: la società di consulenza privata a nome di Ruf che solo nel 2015 avrebbe fatturato 500mila euro. “Molte persone hanno pensato ingiustamente che questi profitti sono arrivati da attività collaterali condotte nel 2015 mentre ero direttore del Museo Stedelijk”, ha spiegato Beatrix Ruf. “Invece si tratta del reddito delle attività svolte prima del 2015, in primo luogo un bonus per i lavori condotti presso Ringier Collection per un valore di 1 milione di franchi svizzeri”. Versione, questa, confermata dal collezionista Michael Ringier, che ha sottolineato come la cifra che ha tanto suscitato scalpore fosse in realtà un premio per i 20 anni di lavoro di Ruf per la sua collezione, e che non avesse nulla a che fare con una consulenza privata condotta nel 2015. I guadagni effettivi dichiarati da Ruf per quell’anno provenienti dalle sue attività collaterali, invece, ammontano a cifre “meno” eclatanti, ovvero 104mila euro, a cui va aggiunto lo stipendio percepito per la direzione del museo olandese, pari a 130mila euro annui.
SOLDI PUBBLICI VS INTROITI PRIVATI
Nonostante tutti i chiarimenti forniti da Beatrix Ruf, il mondo culturale olandese sembra nutrire non poche riserve nei confronti dell’ex direttrice dello Stedelijk. Ciò che molti colleghi lamentano è la presunta mancanza di deontologia professionale non solo da parte di Ruf, ma anche da parte del Consiglio di amministrazione del museo che ha acconsentito allo svolgimento delle tanto criticate “attività collaterali”. Il motivo? “Lo Stedelijk è di proprietà della città di Amsterdam, e la città e lo Stato olandese finanziano l’istituzione”, ha dichiarato Jo Houben, direttore dell’organizzazione non profit Culture + Entrepreneurship. “Quindi se si lavora presso questo museo bisogna essere consapevoli del fatto che si sta lavorando con i soldi pubblici, e dietro ai soldi pubblici vi sono valori pubblici. E questo significa che si lavora per il pubblico, e non per interessi privati”.
– Desirée Maida
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati