Galleria Borghese: la direttrice Anna Coliva sospesa dal Ministero dopo le accuse di assenteismo
Dopo le accuse di assenteismo e il rinvio a giudizio dello scorso febbraio, la direttrice della Galleria Borghese è stata sospesa dal suo incarico per i prossimi due mesi. La sospensione arriva dal Ministero dei Beni Culturali, che ha preso il provvedimento senza aver atteso l’esito della sentenza di primo grado.
Non sono giorni tranquilli per la Galleria Borghese, ma soprattutto per la sua “super direttrice” Anna Coliva, dallo scorso febbraio al centro di una tempesta mediatica a seguito di una denuncia anonima mossale per assenteismo. A darne notizia, lo scorso 9 febbraio, è stata Repubblica, che in un articolo raccontava come, nel maggio del 2014, la Coliva avesse dimenticato di registrare sul cartellino delle presenze il proprio allontanamento dal luogo di lavoro, come riportato nel capo di imputazione che lo scorso 28 febbraio ha portato la direttrice in tribunale. Dopo il rinvio a giudizio, per la Coliva arriva proprio in queste ore un’altra doccia fredda: il Ministero dei Beni Culturali infatti ha sospeso la direttrice dal suo incarico per 60 giorni, provvedimento preso senza aver atteso l’esito del primo grado.
LA VICENDA
L’episodio che ha portato Anna Coliva – unica direttrice ad aver mantenuto il suo ruolo a seguito della Riforma Franceschini del 2016 – nell’occhio del ciclone risalirebbe al 19 maggio 2014, giorno in cui la studiosa di Lorenzo Bernini insignita nel 2013 della Légion d’honneur si sarebbe allontanata dalla Galleria Borghese per due ore, omettendo “di fare registrare sul cartellino delle presenze, tramite ‘strisciatura’ del badge, il proprio allontanamento dal luogo di lavoro”, come spiegava il capo di imputazione. Ma oltre a quell’allontanamento, se ne sarebbero registrati altri nel corso di quella estate, per un totale di 40 ore e 59 minuti di assenze non registrate accumulate nell’arco di 12 giorni. La direttrice della Galleria Borghese “si procurava un ingiusto profitto, consistito nella percezione della retribuzione come se avesse effettuato la prestazione lavorativa per le ore risultanti dal cartellino delle presenze, mentre in realtà si allontanava per esigenze proprie, immotivate e non segnalate dall’ufficio, con relativo depauperamento per l’amministrazione pubblica”, si leggeva nel capo di imputazione che lo scorso 28 febbraio ha condotto la Coliva al Tribunale di Roma per difendersi dalle accuse di assenteismo. “L’ammontare delle ore che mi contestano è esiguo, considerando che ne avevo quasi 100 da recuperare entro l’anno, altrimenti le avrei perdute, come è accaduto e sempre mi accade”, dichiarava in sua difesa Anna Coliva. “Inoltre, in quei giorni ero o in ferie o, soprattutto, in permesso personale. Un’unica volta ho dimenticato di timbrare, tutti gli altri giorni contestati ero in missione, ad esempio al convegno su Bernini in San Giovanni dei Fiorentini, o a incontri per la mostra in preparazione su Giacometti in Galleria”.
IL RINVIO A GIUDIZIO E LA SOSPENSIONE DEL MINISTERO
Ma lo scorso 28 febbraio sono state due le prove portate in tribunale, evidentemente sufficienti per rinviare a giudizio la direttrice: le timbrature del cartellino elettronico con gli orari registrati e le foto dell’auto della direttrice fuori dalla Galleria. Come racconta Repubblica sul numero di oggi, a un mese dalla prima udienza, il Ministero dei Beni Culturali avrebbe aperto nei confronti della direttrice un procedimento di sospensione, provvedimento che, solitamente, rimane congelato in attesa della sentenza. Ad Artribune, Anna Coliva così commenta e spiega l’ulteriore tassello che si aggiunge alla vicenda giudiziaria che la vede coinvolta: “non avendo ricevuto alcuna comunicazione formale, in qualche maniera mi astengo dal commentare, anche perché se questa notizia fosse vera sarebbe un atto madornale da parte del Ministero. L’avvio di un procedimento disciplinare è un atto dovuto, ma ovviamente il Ministero deve ben guardarsi dall’emettere la sanzione, dato che solitamente la sanzione viene sospesa in attesa della sentenza del giudice. Sarebbe un atto madornale, da parte del Ministero, emettere una sanzione senza fare prima un’istruttoria, ma non posso credere che il Ministero possa aver fatto una cosa del genere senza aver prima verificato gli atti. Dato che il Ministero possiede tutti i tabulati sui quali mi è stata mossa a suo tempo l’accusa, se ha fatto l’istruttoria, avrà visto che tutte le mie timbrature esistono, per cui io dubito che possa aver applicato questa sensazione. Se così fosse allora verrebbe un sospetto molto forte: avendo tutti gli elementi in mano e vedendo che gli elementi sono, come sono apparsi fin dall’inizio, fantasiosi – l’accusa mossami di assenteismo si legge molto fantasiosamente –, viene da pensare che non essendoci quindi elementi per l’accusa, abbiano voluto approfittare di una possibilità che le norme danno di applicare una sanzione con finalità, a questo punto, del tutto diverse rispetto a quelle previste dalla legge”. Insomma, come dire che al Ministero ci sarebbe una manina interessata, sfruttando una inchiesta sbagliata o esagerata, a cavalcarla per far fuori professionalmente la Coliva. E magari per rimettere presto in palio il suo ambito posto in uno dei musei più importanti del mondo. Staremo a vedere, augurando alla direttrice di uscirne indenne quanto prima. Del resto già il fatto che un direttore, con quelle responsabilità, debba “timbrare il cartellino” appare quanto meno anomalo.
– Desirée Maida
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