Musei, chiuse le polemiche sui direttori stranieri. L’ultima sentenza dà ragione a Franceschini

Ricostruiamo brevemente la vicenda dei ricorsi contro alcuni direttori di musei, scelti col concorso del Ministro Franceschini. In particolare, l’ultima sentenza del Consiglio di Stato difende le nomine straniere. Passa definitivamente un principio di internazionalità culturale.

I super-direttori stranieri, vincitori del concorso voluto nel 2015 dal Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, oggi alla guida di altrettanti musei  italiani, hanno tirato un sospiro di sollievo. Il loro ruolo era a rischio da oltre un anno; un ruolo ottenuto tramite procedura pubblica sulla base di titoli e meriti, nel quadro di una riforma nazionale che dava autonomia a 30 musei e siti archeologici statali, e che ricorreva per i posti apicali a dei professionisti esterni all’amministrazione (storici dell’arte, curatori, manager culturali, non più burocrati ministeriali). A mettersi di traverso era stato il TAR Lazio, accogliendo i ricorsi di alcuni partecipanti esclusi: chi contestava certi vizi di forma del concorso stesso, e dunque le modalità di reclutamento, e chi lamentava l’apertura della competizione a cittadini non italiani.
A maggio 2017 i giudici amministrativi si erano pronunciati a favore dei ricorrenti, bocciando le cinque nomine effettuate dalla commissione internazionale incaricata dal Ministero. Rispetto al tema “stranieri” così recitava la sentenza: “Il bando della selezione non poteva ammettere la partecipazione al concorso di cittadini non italiani in quanto nessuna norma derogatoria consentiva di reclutare dirigenti pubblici fuori dalle indicazioni tassative espresse dall’articolo 38. Se infatti il legislatore avesse voluto estendere la platea di aspiranti alla posizione dirigenziale ricomprendendo cittadini non italiani lo avrebbe detto chiaramente“. Nomine saltate, ma solo per un mese.

Dario Franceschini

Dario Franceschini

UNA STORIA LUNGA E CONTROVERSA

A giugno arrivava infatti un’altra sentenza, stavolta da parte del Consiglio di Stato, che annullava le decisioni prese dal TAR, accogliendo in appello il contro ricorso del Mibact. ”Considerata la mancanza di pregiudizio”, recitava un comunicato stampa, “nei confronti dei ricorrenti vittoriosi in primo grado – titolari di incarichi che durante il corso del processo continuano a svolgere “, il Consiglio decideva “in via cautelare, che i direttori, le cui nomine erano state annullate dalle sentenze del Tar, riprendano a svolgere le loro funzioni in attesa della sentenza, a tutela della loro posizione lavorativa e retributiva (venuta meno con effetto immediato a seguito dell’annullamento del Tar)“. Salvi così i cinque professionisti in bilico: i siti coinvolti erano il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, il Museo nazionale archeologico di Taranto, le Gallerie estensi di Modena e il Palazzo ducale di Mantova, quest’ultimo guidato dall’austriaco Peter Assmann: una poltrona fortemente voluta dalla Soprintendente Giovanna Paolozzi Maiorca Strozzi, autrice dello specifico ricorso che apriva il tema della legittimità dei dirigenti reclutati Oltralpe. Ed è ovvio che, se fosse passato il principio dell’italianità a tutti i costi, anche gli altri vincitori stranieri – da James Bradburne  alla Pinacoteca di Brera a Gabriel Zuchtriegel, assegnato a Paestum, passando per  Eike Schmid agli Uffizi – si sarebbero trovati in una condizione di rischio: via libera a ulteriori ricorsi, sulla base di un pronunciamento che poteva divenire esemplare.
Grande fu la soddisfazione di Franceschini, di Renzi e di altri esponenti del PD, ma anche di tutti coloro che, nel corso di un dibattito acceso, avevano difeso le ragioni di un pluralismo e di uno spirito internazionale ormai dati per scontati, nel contesto dell’Unione Europea.

Peter Assmann, direttore del Palazzo Ducale di Mantova

Peter Assmann, direttore del Palazzo Ducale di Mantova

LA SENTENZA DEFINITIVA

Il capitolo, tuttavia, non era chiuso. Mancava la sentenza definitiva: a febbraio 2018 il Consiglio di Stato aveva chiesto all’assemblea plenaria di pronunciarsi per fugare ogni dubbio dinanzi a quello che si configurava come un “contrasto giurisprudenziale”. Insomma, l’interpretazione delle norme non era univoca.
Ieri, 25 giugno, il verdetto è arrivato, mettendo davvero la parola fine all’intricata vicenda: Peter Assmann aveva pieno diritto di partecipare al concorso e dunque di essere selezionato. E come lui, tutti gli altri concorrenti non italiani. Ecco perché: il Dpcm 174 del 1994, che vieta di attribuire a cittadini UE ruoli dirigenziali, anche se di contenuto meramente gestionale, “non può essere applicato dal giudice nazionale” poiché è “in contrasto con il diritto dell’Unione europea“, il quale “non consente di escludere un cittadino dell’Unione da una selezione pubblica, a meno che non si tratti di una posizione caratterizzata dall’esercizio esclusivo o prevalente di poteri autoritativi, come magistrati, militari, forze di polizia“. Questione archiviata.
Grande giubilo per l’ex Ministro Franceschini, che affida a un tweet il suo commento: “Dopo anni di ricorsi e sentenze si chiude definitivamente la vicenda dei direttori stranieri nei musei con il via libera di oggi del Consiglio di Stato. Grazie a tutti i direttori italiani e stranieri che ora potranno continuare il loro lavoro straordinario“.  Toni lieti e festosi anche per Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte, perfettamente inseritosi nel contesto locale: “Napoli non mi ha mai fatto sentire straniero, una parola che questa città di porto, accogliente per sua natura non conosce e non applica. Leggo perciò con soddisfazione la sentenza odierna dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato che mette fine a una querelle sterile“.

Palazzo Ducale, Mantova, sala dei fiumi

Palazzo Ducale, Mantova, sala dei fiumi

DIRETTORI OLTRE CONFINE

Nessun commento, ancora, dal diretto interessato, il 61enne Peter Assmann, che nel frattempo, pochi giorni fa, incassava la cittadinanza onoraria da parte del consiglio comunale di Casale Monferrato: per aver “dimostrato”, ha specificato il Presidente, “ grande interesse e disponibilità a realizzare, in collaborazione con la nostra Città, iniziative culturali ed espositive di altissimo livello, creando un collegamento interattivo tra gli spazi museali di Palazzo Ducale e del Castello di Casale Monferrato”. Piccoli, importanti segnali d’integrazione, che ben raccontano – meglio di decine di sentenze e di cavilli legali – come sia possibile, normale, sensato, costruire condivisioni e scambiarsi sguardi, conoscenze, eccellenze, al di là di quei confini nazionali rimessi in discussione, tra l’altro, da un’appartenenza europea che conta e deve contare, soprattutto in fatto di cultura, patrimonio, valori.
Del resto, di valide figure professionali sparse per il mondo, a guidare istituzioni pubbliche, musei, fondazioni, in Italia se ne contano e se ne sono sempre contate parecchie. Professionisti con una formazione italiana, messa a frutto oltreconfine: dal super direttore del New Museum di New York, Massimiliano Gioni, alla manager Claudia Ferrazzi, consulente per la cultura all’Eliseo per volontà di Emmanuel Macron; da Andrea Lissoni, curatore per la sezione Film and International Art alla Tate Modern di Londra, ad Andrea Bellini, a capo del Centro d’arte contemporanea di Ginevra; da Vincenzo de Bellis, curatore per le arti visive al Walker Art Center di Minneapolis, a Lorenzo Benedetti, curatore al Kunstmuseum St. Gallened ex direttore del De Appel di Amsterdam; da Francesco Stocchi, primo curatore non olandese al Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam, a Matteo Lucchetti, curatore presso il BAK – basis voor aktuele kunst di Utrecht. Senza considerare stagioni e incarichi passati, come nel caso di Christian Greco, che prima di tornare in Italia a dirigere il Museo Egizio di Torino, ha costruito una solida carriera accademica nei Paesi Bassi, dove è stato anche curatore del Museo Nazionale delle Antichità di Leiden; o come per Chiara Parisi, che è stata direttrice del Centre International d’Art et du Paysage de l’île de Vassivière e poi de La Monnaie di Parigi.
E sono giusto alcuni casi, riferiti solo al mondo delle arti visive: sul fronte teatrale e musicale sono tanti, ancora una volta, gli italiani stimati ed apprezzati all’estero, con ruoli istituzionali di peso. Checché ne dicano patrioti, nazionalisti o semplici fautori di un provincialismo spacciato per fattore identitario, in questa direzione si muovono i popoli e i saperi, da qualche secolo in qua. Il crossing culturale fa bene alle istituzioni, al prestigio degli Stati e alle stesse tradizioni territoriali. Anche la legge – italiana ed europea – lo sa. E oggi lo scrive nero su bianco, segnando di fatto un passaggio cruciale.

– Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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