Il fallimento del logos. A Venezia

Museo Archeologico, Venezia – fino al 12 settembre 2018. Una collettiva dai tratti nebulosi trova spazio fra i capolavori dell’istituzione lagunare. Rifacendosi a un logos, e a un manifesto etico, ben lontani dal lasciare il segno.

Principio dalle radici millenarie, sintesi ultima della complessità del pensiero, il logos è uno dei capisaldi della filosofia occidentale, sotto la cui egida hanno acquisito forma le discipline che individuano nello studio sistematico la loro ragion d’essere. La mostra in corso fra le sale del Museo Archeologico di Venezia, affollate di reperti dal sapore visceralmente antico, è annunciata da un titolo che, strizzando l’occhio a un certo gusto per mix and match al limite della comprensibilità, pone forzatamente in dialogo arte, archeologia e logos, appunto. Arteologia riunisce una quindicina di artisti contemporanei, le cui opere fanno, o dovrebbero fare, da cassa di risonanza al cosiddetto Manifesto dell’arte etica, sottoscritto dagli stessi artisti e da ARTantide.com Gallery, ideatrice del progetto.

IL MANIFESTO

Una dichiarazione di intenti che attribuisce al gesto creativo il potere di “migliorare il mondo” e all’artista una “importante responsabilità sociale” e una “missione comunitaria”, a partire dal suo “ruolo etico”. Concetti e riflessioni di portata centenaria, attorno ai quali critici, filosofi, studiosi, appassionati e artisti si interrogano, ancora una volta, da millenni. Un territorio di possibilità e punti di vista ampio, mai del tutto afferrabile, e, proprio per questo, suggestivo, che la mostra veneziana tenta di imbrigliare nella rassicurante cornice di un’etica codificata, dell’“essere più felici”. Ma con quale logica? E sulla scorta di quale logos? È sufficiente parlare di “arte etica in dialogo fra passato e futuro”, come sottolinea il claim dell’esposizione, per affiancare archeologia, arte contemporanea ed etica, senza restituire loro il portato storico, culturale, filosofico e umano che esse racchiudono? E ancora, gli stupefacenti capolavori del Museo Archeologico veneziano bastano a far dimenticare l’assenza del dichiarato “dialogo fra passato e futuro”?

Still da uno dei 4 video di Matteo Mezzadri per la mostra Arteologia

Still da uno dei 4 video di Matteo Mezzadri per la mostra Arteologia

GLI ARTISTI

Se l’ormai celebre Etrusco di Michelangelo Pistoletto tiene in mano le redini di un discorso al confine tra le epoche, la riproduzione della Venere di Milo in versione mimetica di Marco Bertin si schianta contro il muro del luogo comune e dell’effetto scenico a tutti i costi, evocando un kitsch ormai scarico di qualsiasi potenziale, ben rappresentato anche dal gigantesco fiore di Julia Bornefeld, che “con il suo progetto etico ha l’intento di valorizzare le ambivalenze, le differenze e il diritto dell’uomo di essere felice nonostante gli ostacoli che la natura e spesso gli altri esseri umani pongono davanti al cammino” o dall’installazione di Alessandro Zannier ispirata a 2001 Odissea nello spazio: una scimmia azzurra giace al centro di un letto del medesimo colore e in scala naturale, rivolta verso un gigantesco smartphone nero che campeggia ai piedi del giaciglio. Un intervento totalmente avulso dalla classicità che lo circonda, mettendo in scacco la pretesa di “dialogo” e in risalto la debolezza concettuale dell’intero progetto.
Debolezza e scarsa attenzione testimoniate anche dagli allestimenti ‒ nugoli di fogli volanti e totem-leggii che appesantiscono una già faticosa esperienza di visita. Degna di nota l’opera di Matteo Mezzadri: quattro video trasmettono la frantumazione al rallentatore di busti e statue antiche, innescando una riflessione, non solo visiva, su memoria, eredità e futuro.

Arianna Testino

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Arianna Testino

Arianna Testino

Nata a Genova nel 1983, Arianna Testino si è formata tra Bologna e Venezia, laureandosi al DAMS in Storia dell’arte medievale-moderna e specializzandosi allo IUAV in Progettazione e produzione delle arti visive. Dal 2015 a giugno 2023 ha lavorato nella…

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