Rainbow is the New Black. Un arcobaleno (in metropolitana) è per sempre. Pride e Netflix a Milano
La stazione metro di Porta Venezia, a Milano, ha un nuovo volto. Variopinto, festoso, impegnato. L’arcobaleno progettato come decorazione urbana per il Pride 2018 diventa permanente. Dietro c’è il brand di video streaming dedicato alle serie tv. Ma anche una certa capacità politica…
GLI ALTRI SINDACI
Piccoli segnali di resistenza, di semplice dissenso, di sfida, di protesta. Oppure solo modi – spesso puramente simbolici – per segnare una differenza. Ci sono amministrazioni comunali, dal nord al sud dell’Italia, che ci tengono a rimarcare la propria identità politico-culturale, in polemica aperta con la linea del governo nazionale. Un fatto di chiarezza, persino di militanza.
Basti pensare al sindaco di Palermo Leoluca Orlando, da sempre sostenitore del multiculturalismo e del principio d’accoglienza, che ha risposto alla campagna #chiudiamoiporti del Ministro Matteo Salvini offrendosi come approdo sicuro per i migranti. In barba a ruspe, veti e muri. O come nel caso di Napoli, dove il sindaco Luigi De Magistris – in perfetta antitesi rispetto al catto-conservatorismo del Ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana – ha riconosciuto lo scorso 18 luglio undici bambini, figli di coppie napoletane omogenitoriali: cerimonia ufficiale a Palazzo San Giacomo, atti di nascita firmati e nomi dei genitori registrati.
Tutte posizioni condivise anche dal Sindaco di Milano Beppe Sala, che in più occasioni ha contestato l’asse penta-leghista, tra battaglie per i diritti civili, sostegno alle minoranze, investimenti per le grandi opere pubbliche, difesa dei vaccini. Su quest’ultimo punto, ad esempio, ha appena annunciato di voler rispettare le norme introdotte dall’ex Ministra della salute Lorenzin, a dispetto dello scetticismo di Giulia Grillo e dei provvedimenti più morbidi (e assolutamente pasticciati) in arrivo: nelle scuole di Milano saranno ammessi in classe solo bambini vaccinati, con tanto di certificazione sanitaria.
MILANO, PORTA VENEZIA IN VERSIONE LGBT
Ed è proprio Milano, nel mese di agosto, a regalarsi un segno eloquente e nuovo. Ancora per la gioia del Ministro Fontana, tifoso della famiglia tradizionale e insofferente alle rivendicazioni delle comunità omosessuali. La stazione della metropolitana di Porta Venezia manterrà il suo look arcobaleno, nato come allestimento temporaneo e da oggi divenuto permanente. Era l’inizio di giugno quando le sei bande multicolor, simbolo ufficiale del Pride, ricoprivano la grande parete che corre lungo la banchina, inclusi pilastri, rampe di scale, obliteratrici. Un’esplosione radiosa, abbagliante, che ha cambiato il volto di una delle principali fermate della subway cittadina. Bella, quanto carica di senso: Porta Venezia è oggi un manifesto della comunità Lgbt, dell’orgoglio trans e gay, delle battaglie per la parità di genere e di orientamento sessuale.
L’annuncio è arrivato da ATM, l’azienda milanese dei trasporti, che lo scorso 12 agosto ha postato su Instagram la foto di un dettaglio colorato della stazione, con la semplice didascalia “Porta Venezia resta”. Subito una caterva di commenti entusiasti, grati, piacevolmente stupiti, tra decine di emoticon a forma di cuore e di arcobaleno: da chi loda una “città aperta al cambiamento ed europea”, a chi inneggia a “la Milano che vogliamo”, da chi apprezza “i piccoli gesti che fanno la differenza” a chi chiede “un rainbow permanente anche a Vicenza!”. In netta minoranza i giudizi negativi – “patetico”, “ridicolo“, “vergogna” – con tanto di citazioni dalla Genesi, per restituire l’arcobaleno ai legittimi destinatari biblici – Adamo ed Eva – strappandolo alle grinfie della perversione omosex (!).
ATM in ogni caso ne esce alla grande, per il coraggio della scelta e per l’approccio open-minded: “Vi sto amando”, scrive un altro instagrammer, “perché avete fatto questo andando contro tutti gli omofobi che hanno cercato di ostacolarvi”. Hashtag vincitore: #loveislove.
LA CAMPAGNA NETFLIX PER IL PRIDE 2018
Ma se la decisione sul destino della scenografia variopinta spettava alla società partecipata, il sindaco Sala si era già espresso in modo netto, due mesi fa, in occasione delle celebrazioni milanesi per il Pride: “Esistono anche i doveri”, aveva detto sul palco. “Ve ne dico due oggi: il primo è di non affidare il nostro pensiero, la nostra ragione, a nessuno. Ragioniamo con la nostra testa. In questo momento è ancora più importante. Il secondo: credere nel cambiamento. Milano è una città che migliora cambiando. Sempre più aperta, sempre più contemporanea”. E infine, rivolgendosi alla platea: “I vostri colori, questi colori, sono i colori di Milano”. Un arcobaleno come metafora civica, orizzonte culturale, manifesto politico-amministrativo. E adesso anche come decorazione pittorica nello spazio pubblico.
A parte sindaco e ATM, però, è a qualcun altro che va il merito dell’operazione. La firma dell’allestimento è infatti di uno tra i brand più popolari in fatto di media, innovazione tecnologica e comunicazione: Netflix, il colosso americano delle serie tv in streaming, si era accaparrato mesi fa l’incarico per la progettazione della campagna del Milano Pride 2018. Ne è nato un piccolo gioiello, strumento ludico quanto impegnato, contro pregiudizi, diffidenze, discriminazioni residue.
Bellissimi i manifesti – rimossi dopo l’evento – che tappezzavano la stazione di Porta Venezia, ma anche le strade della città e le pagine social. Tutte foto maxi formato con ritratti di coppie omosessuali, scelte proprio tra i protagonisti di alcune note serie tv. E la risposta al Ministro Fontana, in quel momento di accese polemiche, fu più che esplicita: discutendo di famiglie arcobaleno il vicesegretario federale della Lega le aveva definite “inesistenti”. E dunque abusive, invisibili, immaginarie: delle strambe imposture. Il brutto inciampo gli costò critiche feroci, prime pagine dei giornali e i riflettori puntati addosso per giorni. Le gigantografie di Piper e Alex di Orange is the New Black, o ancora di Lito e Hernando, o di Nomi e Amanita, tutti personaggi di Sense8, campeggiavano in posa plastica con la scritta “NON ESISTONO” accanto ai loro stessi nomi. Il riferimento alle dichiarazioni del Ministro suonava sfacciato, beffardo, secondo un preciso mix di real time marketing, comunicazione politica e guerrilla creativa.
ARCOBALENI, CITTÀ CHE CAMBIANO E MESSAGGI FORTI (A COSTO ZERO)
Lo slogan? Rainbow is the New Black, parafrasando la celebre serie ambientata nel carcere femminile di Litchfield, nel Connecticut, in cui si orchestrano storie di donne borghesi dalle vite stravolte, di guerre tra gang, di relazioni lesbo, di conflitti e di prepotenze, di sentimenti e di lotte quotidiane. Sparito l’Orange del titolo originale – che è poi riferito alle uniformi delle detenute – entrava così in gioco il famoso arcobaleno, divenuto “il nuovo nero”, ossia un altro modo per essere eleganti, cool, classici, giusti. Dal fashion all’esistenziale il passo è breve, sul filo di metafore e giochi di parole.
Una campagna, quella di Netflix, efficace, incisiva, raffinata, destinata a uno specifico target – non tutti avranno colto il riferimento alle serie, ai protagonisti gay, alle posizioni di Fontana – ma certo in grado di stimolare domande, di provocare curiosità, di far passare un’idea d’inclusione e rivendicazione identitaria. “Esistere” in carne e ossa, nella vita vera, come esistono milioni di coppie e di famiglie differenti, ma anche in forma di narrazioni a misura di piccolo schermo, laddove ciò che un tempo era illegittimo, da occultare, oggi diventa normale. Non invisibile, però.
Il processo (incompiuto) di accettazione e di normalizzazione necessita ancora e sempre di spazi simbolici in cui testimoniare il senso di una battaglia necessaria. Spazi pubblici, naturalmente. Che siano momenti di festa collettiva, a celebrare l’orgoglio di essere tutti come si è (non a caso la dicitura Gay Pride è stata sostituita dal più democratico Pride); che sia l’industria del pop e della comunicazione; o che sia la stazione di una metropolitana, dove il Comune è riuscito a far passare un messaggio fortissimo, coraggioso, anche divisivo, tra l’altro senza sborsare un euro. Semplicemente accogliendo un progetto pubblicitario, coinvolgendo dei brand internazionali (Pride e Netxflix) e regalando pure ai milanesi il restyling di uno snodo metropolitano fra i più visibili e trafficati. Quando tra il dire e il fare c’è di mezzo l’intelligenza politica, insieme a una visione culturale.
– Helga Marsala
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