Nuovo sfregio a Roma: la brutta biglietteria del Circo Massimo
Sembra quasi un edificio abusivo ma purtroppo non lo è (se lo fosse, almeno si potrebbe abbatterlo). Sembra un capannone buono per un’area industriale o un discutibile stabilimento balneare. Sembra uno di quei casotti commerciali che scorgi lungo la superstrada. E invece…
La “fortuna” di questa nuova ulteriore anomalia, di questo nuovo emblema del cattivo gusto sempre più specialità della casa nella capitale, è che ormai nel contesto di Roma nessuno vede più né le anomalie né tanto meno il cattivo gusto. L’occhio delle persone (dei romani, certo, ma perfino quello dei turisti) è clamorosamente assuefatto alle cose brutte e buttate lì a tirar via. A Roma le persone sono così abituate allo sciatto e al fatto male, che quando qualcosa è curato, pensato o realizzato con perizia si usa sovente declamare una espressione atroce e emblematica: “che bello, non sembra Roma!”.
UN BRUTTO CAPANNO
La storia che stiamo raccontando, invece, sembra Roma eccome. Sembra Roma innanzitutto per i tempi. Stiamo parlando dell’area del Circo Massimo, di ‘proprietà’ del Comune di Roma (è opportuno specificarlo perché tutta l’area archeologica centrale della Capitale è spezzettata quanto a titolarità tra aree dello Stato e aree della Comune) e gestita mediante la Sovrintendenza comunale. Il progetto – sottolineiamolo in premessa – era giusto e nobile e risaliva ai tempi, ormai remoti, di Veltroni sindaco: riqualificare la parte del Circo Massimo che dà verso le Terme di Caracalla, la parte dove ancora, tra torrioni medievali ed altre superfetazioni, sussistevano delle emergenze archeologiche romane – spalti, tribune… – degne di nota sebbene sotterrate. Il progetto poi si allarga, si struttura e gli attori in gioco decidono giustamente di musealizzare l’area con tutti i crismi, realizzando percorsi pedonali, una ringhiera in ghisa ben fatta (la situazione precedente vedeva dominare la rete da pollaio) e – qui casca l’asino – un centro servizi che fungesse anche da biglietteria, da servizi igienici e da piccolo magazzino per le attrezzature, anche tecnologiche, di supporto alla visita. Passano gli anni, cambia secolo, cambia millennio, cambiano i sindaci, cambiano i sovrintendenti (comunali, con la V) e i soprintendenti (statali, con la P) e il progetto va avanti con ritmi romani. Inizio formale del cantiere nel gennaio del 2009, prime avvisaglie di un reale completamento dei lavori nel 2019. Un passetto alla volta negli anni di Alemanno, negli anni di Marino fino all’epoca di Virginia Raggi quando la parte più evidente del progetto, quella del centro servizi\biglietteria, volge al termine: le piccole impalcature e i container prefabbricati che da anni interessano il Circo Massimo vengono definitivamente smontati e come per un micidiale incantesimo l’occlusione visiva che quegli elementi determinavano non svanisce, permane anzi con una pesantezza di laterizi e travertini ancor maggiore.
UN EDIFICIO FRUGALE E LOW COST
Superfluo descrivere con le parole le fattezze imbarazzanti dell’edificio realizzato in testa all’area per spettacoli più grandiosa e ambiziosa della romanità. Superfluo sottolineare l’inadeguatezza e l’ingombro di questo muretto – che peraltro dà le spalle al marciapiede, mostrando a chi passeggia finestrelle da spogliatoi di stabilimento balneare e grondaie – che interrompe la vista della vallata tra Aventino e Palatino, l’unica vallata che inquadra, insieme, le cupole della Grande Sinagoga di Roma e di San Pietro in Vaticano. È superfluo perché per questo motivo abbiamo realizzato un filmato e alcune foto che possono aiutare la valutazione. Si tratta, ad ogni buon conto, di un edificio vero e proprio. Con le sue fondamenta. Non è un prefabbricato che si colloca con una gru; non è neppure un abuso che domani si può demolire. No, è proprio un edificio nuovo di zecca. Una nuova costruzione realizzata, con la qualità che potete vedere, nella zona più delicata del mondo. Semmai fosse una scusante – e non lo è! – l’edificio è per lo meno costato pochissimo: la ditta di Avellino che ha vinto il bando ha anche ribassato la base d’asta e il tutto è venuto via per comodi 120mila euro per 45 mq circa. Se cerchi un appartamento di 45 mq, a 120mila euro non lo trovi neppure in un quartiere ultra popolare e ultra periferico. Ciononostante questa è la cifra che il Comune di Roma all’atto della pubblicazione della gara da parte della società municipalizzata Zetema ha deciso di investire. Era l’ottobre 2017, piena epoca Raggi: ma del resto le scelte frugali sono lo stile che contraddistingue l’attuale Giunta tra toilette pubbliche inaugurate come fossero piramidi egizie e miserabili spiaggette sul Tevere; poco importa se poi i danni che fai moltiplicano per 10 o per 100 il piccolo risparmio che ottieni. In questo caso, come in tanti altri casi, aver deciso di investire poco, di risparmiare molto, di spendere cifre contenute, non è stata affatto una buona idea. Tanto per dire: il Comune (gara aggiudicata definitivamente il 20 aprile 2018) ha recentemente richiesto la realizzazione di un progetto di valorizzazione dell’area del Circo Massimo con l’utilizzo della realtà aumentata e per questi software (i cui dispositivi saranno ricoverati proprio nel nostro simpatico casottino) ha speso 424mila euro. Avete capito bene: 120mila euro per un edificio di nuova costruzione dentro (dentro!) a uno dei monumenti più importanti del mondo realizzato manco fosse il capanno dei trattori di un’azienda vitivinicola dell’Agro Pontino e più del triplo per la realtà virtuale…
PARLA IL PROGETTISTA
Attenzione: lungi da noi pensare che non si debba intervenire, che non si debba costruire, che non si debba cambiare o magari addirittura stravolgere il contesto di zone storiche. La pensiamo esattamente all’opposto. Ma pensiamo semplicemente che se ci si trova nell’area archeologica urbana più importante del mondo, bisogna che per realizzare nuove volumetrie vengano coinvolti i più importanti progettisti del mondo. Semplice. E invece qui la scelta fatta dalla Sovrintendenza, di concerto con la Soprintendenza, col Comune di Roma e con l’azienda Zètema braccio operativo di tutta l’operazione, è stata in direzione di una soluzione “interna”: il progetto lo ha redatto Guido Ingrao, architetto che per Roma ha fatto molto, ma più adatto a stare nel backstage a far funzionare le cose piuttosto che giocarsi partite così delicate come frontman. Ingrao è la figura che per conto di Zètema ha seguito tutti i lavori in questo emiciclo del Circo Massimo, la riscoperta e il dissotterramento delle splendide rovine sono opera sua (21mila metri cubi di terra spostati), lunga anni, così come l’idea di realizzare finalmente terrazze fruibili, percorsi pedonali e passaggi che rendano la visita accessibile anche ai diversamente abili laddove un tempo c’era solo abbandono e patrimonio in rovina. Ingrao ha anche seguito altri cantieri importanti della città come direttore dei lavori: uno su tutti il Macro (oggi purtroppo in pessime mani) progettato da Odile Decq, una costruzione che venne su rapida e sicura negli anni 2006/2009 e che costò anche poco in rapporto alle dimensioni e alla complessità. Abbiamo contattato Guido Ingrao che ha dimostrato l’onestà di chi vuole prendersi perfino colpe non sue. “Capisco le vostre obiezioni e visto che sono stato io a firmare il progetto se qualcuno ha sbagliato, ho sbagliato io” ha detto il progettista “ma bisogna comprendere innanzitutto che la collocazione e la realizzazione della biglietteria è stato frutto di lunghe trattative, collaborazioni tra enti e incontri, un processo durato anni e anni con almeno una dozzina di ipotesi, tutte proposte da noi. I paletti erano tantissimi: lo strato archeologico, la falda acquifera, i collettori fognari, i pareri della Soprintendenza di Stato e della Sovrintendenza Comunale. Alla fine si è deciso per un progetto che utilizzasse il più possibile i materiali propri dell’area, il laterizio in primis, e che fosse assolutamente di servizio. Non un edificio protagonista, ma un edificio che aiutasse i visitatori al loro arrivo e nel percorso senza distogliere l’attenzione sui veri protagonisti dell’area che sono i ruderi del Circo. Importante ricordarsi che qui c’era solo degrado e che fino a qualche anno fa era impensabile anche solo pensare a rendere fruibile e visitabile questo pezzo di patrimonio”. Ingrao ovviamente è “colpevole” fino ad un certo punto: il progetto non molto felice è suo, ma è stato realizzato all’interno di un contesto istituzionale privo di visione, privo di voglia di rischiare, privo di ambizione alcuna. Un contesto dove le cose semplici vincono sempre sulle cose sfidanti. E se le cose semplici diventano sciatte o confinano col brutto, pace. Qualche speranza per chi già oggi, dopo pochi giorni dalla fine dei lavori, considera l’edificio come un autentico pugno in un occhio Ingrao tuttavia la lascia: “non voglio rinnegare niente del lavoro che abbiamo fatto, in primis sui percorsi e sul recupero del Circo Massimo, però consideriamo quest’opera come un primo step di un progetto che potrebbe allargarsi quando finalmente si addiverrà alla pedonalizzazione di Via dei Cerchi che oggi è un assurdo parcheggio che taglia il Circo Massimo dai Palazzi Imperiali del Palatino. Una volta chiusa quella strada le due aree si potrebbero unificare e di questa biglietteria potrebbe non esserci più bisogno, o potrebbe esserci bisogno di una biglietteria più grande, con un altro progetto. Anche per questo ho pensato ad un edificio leggero, con fondamenta di poche decine di centimetri, quasi smontabile”. Magra consolazione per chi conosce i tempi romani di cui abbiamo detto sopra.
IL RUOLO DELLE SOPRINTENDENZE
A Roma Sovrintendenza e Soprintendenza sembra quasi godano a rendere la vita economica della città e il suo naturale sviluppo pressoché impossibile. Se questi organismi fossero esistiti duecento o duemila anni fa, forse il Circo Massimo stesso non si sarebbe potuto fare: cosa vuoi realizzare un luogo per il divertimento che richiama decine di migliaia di persone in un’area così naturalisticamente dedicata e da tutelare? Scandalo! Andando alla ricerca solo della tutela e mai dello sviluppo, della crescita, della trasformazione, si finisce però in queste trappole: realizzare in luoghi strategici costruzioni anonime, sciatte, squallide, ne brutte ne belle, solo tristi e deprimenti. A Roma tutto è formalmente tutelato e nulla si può fare con agilità e fluidità. Questo sistema non serve, come potrebbe sembrare, a tutelare davvero il patrimonio (l’episodio che raccontiamo qui lo dimostra), serve piuttosto a garantirsi mano libera e potere decisionale per decidere, arbitrariamente, chi può fare e chi deve rimanere paralizzato. Per chi vuole investire e migliorare la città in maniera sana con nuovi progetti architettonici la strada è quasi sempre sbarrata, ma anche i piccoli imprenditori (bar, ristoranti) sono vessati quotidianamente per inezie tanto che non di rado le realtà che guardano meno per il sottile ricorrono alla corruzione; più facile invece il percorso per coloro che optano per il cattivo gusto e la mediocrità. Perché i progetti mediocri hanno sempre meno ostacoli, non richiedono una presa di posizione, di coraggio e di responsabilità da parte di chi deve autorizzarli. A volte poi, come in questo caso, Sovrintendenze e Comuni non si limitano a incoraggiare progettualità mediocri da parte di terzi, ma le realizzano loro in prima persona. E allora la depressione di cui sopra raddoppia: come può sentirsi un imprenditore che ha dovuto combattere per anni con gli uffici pubblici nel vedere poi che è proprio il pubblico a squalificare aree pregiate? Provate a fare una passeggiata al Circo Massimo per credere, magari andateci anche di sera quando l’impatto della prestigiosa novità architettonica (con le sue finestrelle e le sue grondaie che tanto speriamo possano subire almeno qualche ritocco e miglioria prima dell’inaugurazione) dà il meglio. Quando quattro anni fa scoprimmo e poi facemmo rimuovere la scultura abusiva dell’artista Francesco Visalli sopra al Circo, mai avremmo potuto immaginare che un giorno da queste parti sarebbe atterrato un manufatto perfino più brutto…
-Massimiliano Tonelli
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