Il settore dei musei secondo Istat. Un epitaffio rimasto in sordina
Dai dati del report Istat pubblicato qualche mese fa emerge un quadro paradossale: i musei italiani non riescono a stare al passo con una domanda culturale sempre più sofisticata. Al tempo stesso, sono troppo “grandi” per l’effettivo numero di visitatori che li frequenta.
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L’Istat, qualche mese fa, ha pubblicato un report molto interessante, che riassume una serie di informazioni ampiamente riprese dai media nostrani, come il dato che registra l’aumento di circa l’8% dei visitatori dei musei nel 2017 rispetto al 2015. Accanto a questa e altre informazioni, tuttavia, il documento I musei, le aree archeologiche e i monumenti in Italia contiene alcune cifre che fotografano una situazione museale ben diversa da quella che si tende ad esibire e che richiedono riflessioni strutturali che divergono fortemente da quelle poste al centro dell’attenzione pubblica.
Una delle informazioni più rilevanti del documento è che il 58,2% degli istituti italiani non ha più di cinque addetti. Molti si chiederanno: ma cinque addetti sono pochi? Tanti? Per rispondere a questa domanda è utile fare un parallelo con il mondo imprenditoriale: secondo l’Unione Europea, un’impresa che ha meno di dieci addetti e che fattura meno di due milioni anno è una microimpresa. Certo, i musei non sono fabbriche, ma il parallelismo ci aiuta a trovare dei parametri di riferimento.
A questo punto, la domanda successiva dovrebbe essere: c’è davvero bisogno di più addetti? La risposta sembra provenire da un altro dato, altrettanto importante: in un istituto museale su tre (29,1%) prestano la propria opera collaboratori volontari.
Unendo le due informazioni, il quadro è piuttosto allarmante: su 10 musei, 6 di essi non hanno più di 5 addetti e in 3 di essi ci sono delle persone che prestano la propria opera in modo volontario.
NUMERI E DATI
Cerchiamo di fornire un quadro ancora più evidente. Secondo l’Istat, nel 2017 il numero totale di operatori coinvolti dagli istituti italiani è stimabile in 38.300 mentre i collaboratori volontari si attestano intorno agli 11mila. Il numero totale dei musei e degli istituti similari è pari a 4.889. Questo significa che, in media, al nostro sistema museale partecipa un volontario ogni quattro operatori. Houston, abbiamo un problema.
Abbiamo un problema perché, a livello internazionale, i musei stanno acquisendo un ruolo sempre più centrale all’interno della gestione del territorio, nella definizione dei valori identitari, sociali e culturali che lo caratterizzano, così come acquisiscono un ruolo sempre più importante nella generazione di valori economici diretti e indiretti. È chiaro che una struttura organizzativa di questo tipo non riesce a far fronte a tutte queste “istanze”.
Del resto, non bisogna attendere molto per averne la certezza: nel documento si legge che in Italia il 28,7% dei musei (circa un terzo) non ha raggiunto più di mille visitatori annui. Vale la pena ribadirlo: annui. Significa che in queste strutture non sono entrate più di tre persone al giorno, nonostante più di un museo su due (circa il 52%) non preveda un’entrata a pagamento.
È difficile stabilire quali degli “esercizi” aperti gratuitamente al pubblico non riescano ad attrarre più di tre persone al giorno. In ogni caso, è un dato che non va assolutamente sottovalutato.
IN CONCLUSIONE
Riassumendo: allo stato attuale, la struttura organizzativa dei musei non è in grado di far fronte alle esigenze di una domanda culturale sempre più evoluta e sofisticata (anche se la si vuole guardare nella semplice ottica di entertainment) e, nello stesso tempo, la domanda reale dei musei non è tale da poter giustificare un aumento degli operatori. Questo significa che i musei italiani sono troppo grandi e insieme troppo piccoli rispetto alla domanda reale.
Paradossale? No, se si attua una strategia di sviluppo chiara, che rifletta una visione sistemica del nostro sistema museale. È sicuramente paradossale, invece, che questo dato rimanga in sordina, e che nulla si faccia per cambiare le condizioni.
‒ Stefano Monti
Il testo completo del Rapporto ISTAT
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