Commissione Europea: la cultura completamente ignorata nei titoli delle deleghe
Luci e ombre dalla Commissione Europea: che fine fa la cultura? Come mai Ursula von der Leyen non ha nominato un suo “ministro” alla cultura
È stata resa pubblica la lista dei Commissari Europei della neo Commissione von der Leyen. E oltre le luci (ottima la delega affidata all’italiano Paolo Gentiloni, nuovo Commissario agli affari economici), non sono mancate ombre e perplessità in quanto nella nutrita e rinnovata compagine europea non è presente nessuna delega per Cultura, Educazione e Ricerca. Private di ogni riferimento nominale diretto, da oggi la delega espressamente dedicata a “Educazione, Cultura, Media, Giovani e Sport” – affidata nella passata legislatura a Tibor Navracsics – cambia nome e diventa la delega a “Innovazione e Gioventù”.
LA CULTURA, SEMPRE IGNORATA
Una decisione che ha gettato scompiglio e amareggiato l’intero mondo della cultura, preoccupato dal fatto che non solo essa venga completamente ignorata nei titoli ma che il grande lavoro fatto finora, soprattutto in occasione dell’Anno Europeo del Patrimonio appena concluso, possa andare disperso. Il timore generale è che con questo nuovo indirizzo cultura ed educazione possano risultare diluite e svilite, politicamente e concretamente, assimilate come sono in due nuovi ambiti (Innovation e Youth) senz’altro importanti, ma che dovrebbero lavorare in sinergia con la cultura, non assorbirla al suo interno.
“Segnalo con qualche stupore” ha dichiarato Silvia Costa, ex presidente della Commissione Cultura al Parlamento Europeo “che ad una prima lettura delle deleghe ai nuovi Commissari europei sono spariti i riferimenti alla educazione, alla cultura e alla ricerca. Infatti alla bulgara Gabriel, già Commissaria alla DG Connect, si affida: ‘Innovazione e giovani’. Spero sia un titolo provvisorio e sintetico, ma sarebbe un errore grave e inaccettabile ridurre l’identità e visibilità delle politiche Ue su educazione, formazione e ricerca, nonché tutta la nuova strategia culturale alla parola orizzontale e onnicomprensiva ‘innovazione’. L’innovazione è un metodo e anche un obiettivo ma generale e riduttivo”.
UN PO’ DI STORIA
Eppure, Fin dal 2007, con la “European agenda for culture in a globalizing world”, o con “The cultural dimensions of the EU’sexternal actions” del 2011; e ancora con “The cultural and creative crossovers to stimulate innovation, economicsustainability and social inclusion” e “The EU strategy for international cultural relations”, rispettivamente del 2015 e 2016; e la decisione di decretare il 2018 Anno Europeo del Patrimonio, vision e mission in tema di cultura degli organi europei sono sempre apparse chiare: la cultura è un fattore chiave della crescita e dell’innovazione; che incoraggia un senso di appartenenza e di coesione; che migliora la qualità della vita e promuove la pace, il dialogo interculturale e lo sviluppo socioeconomico, all’interno e al di fuori dei confini nazionali.
Inoltre, l’Unione europea stessa, come istituzione, trova la sua base costituente nel potere di una visione comune della cultura. Un legante che vive nel dialogo tra essenze e tradizioni, che riflette il nostro “vivere insieme”, che interconnette le persone nella società e ne trasmettere conoscenze e valori. Documenti e dichiarazioni transnazionali, come l’appello dell’ EuropeanAlliance for Culture and the Arts “The Power of Culture and the Arts”, o la “Dichiarazione di Firenze”, finanche ai “ReflectionPaper on the Social Dimension of Europe” e “How culture and the arts can promote intercultural dialogue in the context of the migratory and refugee crisis” nati proprio in seno alla Commissione Europea, si sforzano di ricordarcelo e lo fanno individuando proprio nello sviluppo della cultura una risorsa strategica nella creazione di una dimensione identitaria europea forte, sostenibile e resiliente.
IL CAMBIO DI PASSO
Allora perché questo cambio di passo? Perché tale riposizionamento che sostanzialmente nega proprio a cultura e educazione ogni spazio? Che non tutto sia come sembra? In effetti, ad una lettura più approfondita del mandato (qui) va rilevato che anche se non nominata, sotto sotto la cultura c’è, ma non si vede. A riprova di questo, la nuova delega fa capo a due Direzioni Generali già esistenti: “The Directorate-General for Research and Innovation” e “the Directorate-General for Education, Youth, Sport and Culture”, che ne supporteranno il lavoro anche come responsabili dal punto di vista amministrativo del Centro comune di ricerca. Stando a ciò, quindi, l’indirizzo operativo del mandato della commissione pare dovrebbe restare sostanzialmente immutato, con ricerca e innovazione posizionate assieme alla cultura in una innovativa sintesi che (nelle intenzioni) dovrebbe aprire la strada ad un inedito mandato trasversale.
SOSTIENE URSULA
La stessa Ursula von der Leyen, nella “lettera di incarico” inviata alla Gabriel, ha tenuto a sottolineare come “Cultura e sport saranno strumenti importanti per migliorare il nostro benessere mentale e fisico e per creare posti di lavoro e crescita”. Quindi, apparentemente, ciò che cambia è solo il nome della delega, ma all’interno le competenze resteranno le medesime. Dunque molto rumore per nulle? Forse. Perché nella stessa lettera di nomina, nell’esprimere le priorità su cui si attiverà la commissione in questo mandato, ne la cultura ne l’educazione vengono mai citate direttamente. Sicuramente dunque bisognerà approfondire e capire ulteriormente l’evoluzione che tale cambio comporterà sul mandato stesso; studiarlo e studiarne le specifiche e le direttive attuative e confrontarle poi con la prova del tempo.
Per ora i dubbi permangono, perché in Europa il nome e la forma sono sostanza, le parole hanno il proprio peso specifico e spesso in passato i cambiamenti istituzionali di “nomi ed etichette” hanno comportato anche a cambi di approcci politici e priorità. Ed al di là di ogni considerazione o di interpretazione più o meno ottimistica, per ora di certo c’è che, da oggi, anche nell’Europa più istituzionale spariscono i riferimenti diretti, chiari ed espliciti a istruzione e cultura. E nonostante tutte le migliori intenzioni ed interpretazioni questo resta un segnale poco incoraggiante.
–Massimiliano Zane
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati