L’album di figurine femminista, a sostegno di Lucha y Siesta. Noi ne parliamo, loro non gradiscono
Dopo gli Artonauti, un nuovo album di figurine fa impazzire gli adulti. Un progetto al femminile della Casa delle Donne di Roma, Lucha y Siesta, per reperire fondi a favore dell’immobile occupato 11 anni fa. Peccato che ad Artribune abbiano chiuso la porta: futili motivi, che non ci hanno impedito di raccontare una bella storia.
Che anche gli adulti vadano matti per le figurine è un fatto. La ragione è certo in quella botta di nostalgia che viene, nel compiere il caro rituale d’infanzia – la bustina in edicola, la caselle da riempire, il tormentone ‘ce l’ho, mi manca”, la caccia al pezzo raro, lo scambio di immaginette e di opinioni – e forse anche nell’attitudine da collezionisti che è nella natura di ciascuno, come una vocazione all’accumulo, alla serialità, al possesso.
Clamoroso il caso degli “Artonauti”, un progetto che nel 2018 ha consegnato a bambini e insegnanti uno strumento utile e giocoso per imparare la storia dell’arte: impazzimento collettivo e corse dall’edicolante, completando via via le storie su antichi egizi, impressionisti, maestri rinascimentali. I primi fan? Gli adulti, naturalmente.
STRATEGIE CREATIVE PER SALVARE LA CASA DELLE DONNE
Ha tutta l’aria di diventare un nuovo un nuovo must-have l’album “All’attacco! Storie da collezionare”, lanciato lo scorso novembre per sostenere la campagna di crowdfunding promossa dal comitato Lucha alla città per salvare Lucha y Siesta, la Casa delle Donne del quartiere Tuscolano, a Roma, che rischia la chiusura entro il 2021: “luogo materiale e simbolico di autodeterminazione delle donne contro ogni discriminazione di genere”, Lucha y Siesta offre rifugio, ascolto, consulenza, sostegno materiale e psicologico a donne vittime di violenza. Un lavoro importante, che sopperisce alle gravi mancanze dell’amministrazione pubblica in fatto di servizi sociali, e che avviene però all’interno di un immobile ATAC, ieri in stato di abbandono e di profondo degrado, occupato 11 anni fa dal collettivo, rimesso in sesto e tramutato in prezioso punto di riferimento per madri, mogli, figlie in difficoltà.
Tutto liscio, finché non è arrivato l’ordine di sgombero del Comune: l’edificio fa parte del corpus immobiliare elencato nel Concordato, un piano straordinario di vendita con cui si spera di evitare il fallimento di ATAC, a seguito di decenni di mala gestione. Da qui l’avvio di una serie di azioni di protesta, di sensibilizzazione, di informazione e insieme di raccolta fondi: ‘Lucha alla città’ prova a trovare i denari per acquistare lo stabile e garantire così, legalmente, il proseguimento delle sue attività.
L’ALBUM FEMMINISTA, TRA STORIE DI LOTTA E ILLUSTRAZIONI D’AUTORE
L’album di figurine, distribuito tramite una rete di point o con invio a domicilio dietro prenotazione, è l’ultima chicca studiata per spingere la sfida, coinvolgendo persone, costruendo una comunicazione emotivamente e politicamente appassionante, nonché continuando a mettere da parte aiuti concreti e denari: dalle donazioni spontanee alle collaborazioni pro bono, dall’offerta di spazi pubblicitari al ricavato di vendite benefiche.
Curato insieme al collettivo romano Una volta per tutte e impaginato da Chiara Visone, “All’attacco!” è un contenitore di ritratti di donne combattenti, tra passato e presente, realizzati da una ventina di artisti volontari, incluse alcune firme note della satira e dell’illustrazione italiane: da Makkox a Gianluca Costantini, da Mauro Biani a Manfredi Ciminale, da Irene Rinaldi a Vittorio Giacopini. Le storie sono quelle di donne come Ilaria Cucchi, il cui dolore di sorella trova oggi le scuse dello Stato, finalmente, e la verità scritta nero su bianco dentro un’aula di tribunale; o come Carola Rackete, comandante della Sea-Watch – laureata in scienza naturali, attivista umanitaria, novella Antigone e pasionaria – che a muso duro ha sfidato la legge dei porti chiusi e la propaganda di Matteo Salvini; o ancora come la partigiana Lucia Ottobrini, che coraggiosamente rischiò la vita, più e più volte, con le sue azioni di dissenso e di guerriglia contro il regima nazifascista.
IL NO AD ARTRIBUNE
C’è un motivo se nessuna immagine accompagna però quest’articolo. Parlare di figurine con un testo senza figure? La tristezza. Le attiviste di Lucha y Siesta ci hanno fatto sapere di non voler comparire sul nostro giornale. Niente foto (con relativi crediti e autorizzazioni) e comunicati stampa per Artribune. Piacevole come una porta sbattuta in faccia, manco fossi un venditore di aspirapolvere negli anni ’80 o un titolista di Libero con sindrome da sessismo spinto. Il motivo? Un articolo del direttore editoriale, Massimiliano Tonelli, che a settembre 2019 svelava la paternità di un misterioso progetto d’arte pubblica, comparso a sorpresa in una notte romana: sui monumenti della Capitale veniva proiettata la scritta VENDESI, con effetto onirico e straniante, mentre sui social esplodeva la curiosità: una performance? Una pubblicità? Un’opera d’arte? Per primi capimmo, nel giro di poche ore e grazie ad alcuni indizi incrociati, che dietro c’era proprio Lucha y Siesta. Lo scrivemmo. E bruciammo così i contenuti della conferenza prevista per l’indomani. È la stampa, bellezza. Le notizie si trovano, le anteprime si danno e – in assenza di embarghi – si procede. Ma fare bene il proprio mestiere a quanto pare è una colpa. Questo l’incredibile casus belli, di una guerra che nemmeno conoscevamo.
Nel pezzo non mancavano delle critiche (legittime, civili e assolutamente personali) nei confronti delle occupazioni abusive: starebbe qui il problema? Il concetto di “dibattito culturale”, allora, che contorni e che significato ha? Era tra l’altro evidenziato l’impegno sociale della Casa delle Donne e si lodava la qualità di una forma di protesta inedita, creativa, intrigante e rispettosa. Ma niente. L’intera testata (e tutti i suoi giornalisti) finisce nella lista nera, per così poco.
POPULISMI D’OGGI
Ovviamente dell’album abbiamo parlato lo stesso, ma che peccato. Peccato perché avremmo approfondito volentieri, con tutto l’interesse – coltivato da chi scrive – per i temi legati all’empowerment femminile e per un giornalismo fatto di storie, tra vicende umane, lettura politica e impegno sociale: su alcune biografie di donne ci saremmo soffermati, magari con dei virgolettati. Informazioni che avevamo chiesto, insieme a un po’ di foto. Invano.
Peccato perché un simile atteggiamento non fa bene a nessuno: a chi si impegna per un onesto e costante lavoro di informazione e a chi – come Lucha y Siesta – porta avanti battaglie di diritti e di democrazia. E fa male soprattutto ai lettori, che meritano di conoscerle certe iniziative utili, curiose, pensate bene (e chi se ne frega di bagatelle personali, forme di suscettibilità acuta, antipatie varie ed eventuali).
Intanto il nuovo progetto di Lucha y Siesta pare stia andando a ruba. Ci sono gruppi per scambiarsi i doppioni, lunghe code per prenotarne una copia, commenti entusiastici e condivisioni sui social. Che possano vendere tantissimi album, le donne di ‘Lucha alla città’, e che la cifra per riscattare l’immobile la trovino davvero, continuando a produrre buone idee e belle strategie di comunicazione. Magari lasciando ad altri l’insana diffidenza per la stampa e la voglia di toglierle la parola: roba a cui ci hanno abituati in questi anni le peggiori retoriche populiste. Niente di più lontano dallo spirito democratico e progressista che, di collettivi come Lucha y Siesta, è (o dovrebbe essere) entroterra naturale.
– Helga Marsala
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