Dateci un museo. Il grido per la riqualificazione delle Vele di Scampia
Non solo Gomorra: gli abitanti delle Vele di Scampia, struttura in fase di demolizione, chiedono a gran voce che un luogo così complesso possa diventare terreno in cui far fiorire la cultura e la bellezza. Il racconto di un blogger che conosce da vicino la situazione.
Si intitola Restart Scampia il nuovo progetto urbanistico che, attraverso l’abbattimento di tre edifici, le famigerate Vele di Scampia, si propone di riqualificare l’area della periferia nord di Napoli, la stessa che fa da sfondo alle vicende criminali della serie Gomorra.
A pochi giorni dai primi interventi di demolizione della cosiddetta “Vela verde”, una bomboletta spray rosa imbratta la barriera Jersey in cemento, posta a recinzione del cantiere. Una mano ignota ha sentito il bisogno di lanciare in questo modo un grido di aiuto a grandi lettere: DATECI UN MUSEO. E immediatamente il pensiero va all’urgenza di quel FATE PRESTO, il titolo di Roberto Ciuni scritto a caratteri cubitali sulla prima pagina del Mattino dell’‘80 all’indomani del terremoto che devastò Napoli, e di cui Andy Warhol realizzerà una colossale opera per una collettiva del gallerista napoletano Lucio Amelio.
STREET ART FRA PROTESTA E POLITICA
Ma Scampia non è nuova a questo genere di comunicazione, lo dimostrano alcuni vecchi murales di metà degli Anni Novanta, ben prima che il “murale d’autore” si trasformasse in una risorsa per riqualificare sobborghi come Ponticelli e i Quartieri Spagnoli.
“El sueño de la razon produce monstros”. È da questa frase della Quinta del Sordo, la casa di Francisco Goya nella periferia ovest di Madrid, che l’Associazione locale GRIDAS, già dagli Anni Ottanta, si propone di svegliare la ragione degli abitanti di Scampia anche attraverso una Street Art a metà fra protesta-politica e decorazione degli spazi, lanciando messaggi alla società colorando i muri dell’hinterland napoletano.
Questa volta è il terremoto della giustizia a far tremare idealmente la terra, a sbrindellare lentamente i palazzi, a far crollare le case, a scardinare la coscienza sociale; ed eccola qui di nuovo, l’urgenza, il grido d’aiuto di ciuniana memoria: DATECI UN MUSEO, date una casa alla nostra anima ancor prima di un tetto sulla nostra testa.
UN MESSAGGIO DI SPERANZA
“Scampia non solo Gomorra” si legge sui muri della facciata esterna della Vela che sta venendo giù. “Formare cittadini liberi e consapevoli” è scritto più in alto. È come se questo edificio si fosse trasformato, per alcuni dei suoi abitanti, in un diario di pietra dove scrivere o rappresentare paure e speranze. Perché se c’è una cosa che manca a Scampia è soprattutto l’attitudine alla bellezza, l’abitudine alla cultura, la consuetudine a pensare che, al di là di quei palazzi di cemento, possa esserci un mondo migliore da costruire partendo non dalla forma degli edifici, ma dall’animo delle persone che li abitano.
‒ Mariano Cervone
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