La Fase 2 dei Musei: Sergio Risaliti risponde dopo le dichiarazioni del Sindaco di Firenze
Il direttore del Museo d’arte contemporanea di Firenze ci racconta la sua Fase 2, dopo le dichiarazioni rilasciate da Dario Nardella. Il 18 maggio i Musei Civici e il Museo Novecento non riapriranno.
In questi giorni abbiamo attraverso le voci dei direttori e presidenti dei Musei di tutta Italia salutato con entusiasmo la possibilità di ritornare nei Musei a partire dal prossimo 18 maggio. A Firenze però, almeno nei musei civici, questo non avverrà. Sergio Risaliti spiega perché e lancia anche qualche proposta per il futuro…
Da giorni ormai si parla di riaprire i musei. Poi arriva il Sindaco Nardella e a Firenze gela tutti. Voi che farete?
Questo è un periodo di sensazioni contrapposte. Inutile negarlo. Dopo l’annuncio del Governo avevamo reagito con una certa dose di ottimismo, sebbene fossimo consci di dover camminare con i piedi per terra. Sapevamo di dover agire con estrema cautela. La situazione sanitaria, quella economica e di pari passo quella culturale sono troppo interconnesse e complesse. Le semplificazioni, come gli strappi o le accelerazioni, possono essere pericolose, tanto quanto la stasi, l’inedia, le rinunce, i rinvii. Non possiamo che interpretare quanto ci attende come un periodo di sperimentazione e di cambiamento che hanno al centro la salute di tutti, sia di chi lavora all’interno del museo, sia dei visitatori. Tuttavia, non possiamo permetterci di svalutare il ruolo e la funzione dei musei nelle città e per le comunità. Ovviamente sapere che i Musei Civici e il Museo Novecento non saranno riaperti a partire dal 18 fa molto male. Dal punto di vista sanitario eravamo pronti. Le dichiarazioni del Sindaco Dario Nardella risuonano come un ultimatum. Il Ministro Dario Franceschini, ne sono convinto, non tarderà a dare un segnale.. Ma deve essere un segnale concreto e deve arrivare velocemente. Servono risorse ingenti, non solo per riaprire i musei civici, che sono un servizio pubblico di primaria necessità, ma per l’intera città con tutte le sue filiere economiche duramente colpite dalla pandemia.
C’è il tema del turismo…
Esatto. Firenze è al collasso da questo punto di vista e questo ha ricadute enormi su tutta l’economia e la cultura della città, sulla vita dei cittadini, il benessere materiale e spirituale delle famiglie. Spero si tenga conto dei molti appelli rivolti al Governo affinché si prenda sul serio il sostegno per i musei civici e i musei minori. Penso ad esempio alle analisi e alle proposte di Cristina Acidini, massima esperta al mondo di gestione museale. Non ci si salva solo riaprendo i grandi musei del Mibact, e pensando a riattivare un circuito di grandi mostre che al momento non hanno un riscontro di sostenibilità ragionevole. E l’ultimatum lanciato dal sindaco rappresenta un atto estremo ma comprensibile in questa situazione. Mi immagino gli sia costato molto. In queste situazioni si mettono in gioco i valori fondamentali, si devono fare scelte e capire cosa è necessario o meno. Il tempo degli spot e delle scelte di comodo, di cui certe volte i politici al governo si ammantano, è finito. Non possiamo starcene da una parte a vedere come andrà a finire. Credo che in tanti dovremmo sostenere il Sindaco in questo momento. Soprattutto tutti quelli che adesso chiedono ascolto, aiuti, risoluzioni a favore della ripartenza. Penso al nostro mondo, al sistema dell’arte che ha bisogno dei musei e della loro funzione specifica.
Che intendi?
Voglio insistere su di un fatto: i musei sono istituzioni fondamentali alla crescita culturale del paese. Creano turismo è vero; intrattenimento è vero; ma la loro principale funzione sta nell’essere strumenti di conoscenza e di formazione, di sensibilizzazione estetica e di sviluppo creativo. Luoghi del sapere e della bellezza al centro del quale ci sono i bambini, poi gli studenti, i giovani artisti e gli studiosi, i cittadini. I musei pubblici, sia grandi che minori o civici, sono un bene pubblico, ed esercitano funzioni pubbliche. Sono strumenti di inclusione e d’integrazione, di uguaglianza culturale e di redistribuzione del piacere e del godimento artistico, sono incubatori e acceleratori per la crescita di nuovi talenti artistici. E sono pure strumenti di diplomazia culturale. Poi, certo, vengono anche i turisti. L’arte è un patrimonio universale. E noi dobbiamo essere generosi e accoglienti con i turisti, smettendola di considerarli massa, semplici numeri per alzare i bilanci e accumulare profitti. Ripartiamo da qui. Il resto si aggiusterà con il tempo dovuto e con grandi cambiamenti di mentalità e di pratiche.
Che fare dunque?
Ci aspettano grandi riforme altrimenti faremo la fine di chi non vuole capire e persevera negli errori. Il Ministro Franceschini risponda al Sindaco Nardella con fatti concreti e decisioni di valore. Un primo segnale importante mi sembra sia arrivato con il nuovo decreto, uscito in queste ore. Rimettiamo al centro la funzione originale dei musei e puntiamo con maggior impegno e risorse sui musei minori e civici. E soprattutto facciamo quel passo avanti nella contemporaneità che ancora manca al nostro paese, troppo sbilanciato sulla conservazione e tutela di un enorme patrimonio passato. E lo dico da studioso di Michelangelo e del rinascimento, oltre che dalla mia posizione di direzione artistica in un museo di arte moderna e contemporanea. Siamo una nazione che vive in una prospettiva rovesciata. Non possiamo continuare così. Siamo un paese che indirizza – giustamente – ogni risorsa e cura nella tutela e conservazione del passato ma poca, quasi nessuna preoccupazione verso la storia dell’arte attuale, che non investe sulla creazione artistica del nostro tempo; un disinteresse che si riscontra prima di tutto nelle istituzioni politiche ed è però da troppo tempo radicato nel mondo accademico, ancora troppo in ritardo sull’aggiornamento e l’innovazione storico artistica. I nostri musei sono ricolmi di segni e manufatti del passato. E ci stiamo perdendo per strada il presente così come in fondo abbiamo fatto con i grandi e piccoli capolavori del novecento e con quelli delle nuove avanguardie del dopoguerra.
Certo chiudere in una città come Firenze i musei civici pare un po’ un controsenso…
Nel confronto aspro tra ente locale e governo i musei civici sono diventati la posta in gioco principale. E tenere chiusi i musei a Firenze è come spegnere la luce in città, in Italia, nel mondo. Un segnale importante che punta ad esaltare il valore simbolico di queste istituzioni. E badate bene, il senso del confronto innescato da Nardella rivela un posizionamento culturale e istituzionale ben preciso. Perché per ragioni di cassa i musei civici potevano essere sacrificati nel nome della crisi. La città della arte e della bellezza inoltre potrebbe ripartire dal 18 maggio con le riaperture dei soli grandi musei. E allora potrebbe non farsi sentire il vuoto, fino a quando non si rimetterà in funzione tutto la rete di musei minori. Ma questo chissà quando avverrà, se la riapertura sarà condizionata al puro esercizio del conteggio dei visitatori. All’opportunità o meno di spendere per musei poco visitati. Se passasse questa logica sarebbe un disastro culturale. Infatti il sindaco ha voluto anticipare le mosse e far risuonare la parola “civici” con quella di “musei”. Ha volutamente messo sullo stesso piano musei minori e grandi musei, musi civici e statali. Si è fatto difensore estremo di questi valori da primo cittadino. Ha fatto bene. Il senso dello scontro sta in questa piccola parola che acquista nel contesto della contesa un grande peso politico. Un bel segno di politica culturale che non va dato per scontato.
Tra i temi di cui parli spesso ci sono poi il problema della sostenibilità economica e quello della meritocrazia…
Musei e mostre dovranno essere giudicate sulla base di qualità scientifica, sostenibilità, grado di aggiornamento e di innovazione, in quanto strumenti di sviluppo della creatività e dell’apertura concettuale, della sperimentazione di nuovi modelli e pratiche critiche e storico artistiche in modo da sbloccare nuove energie e potenzialità in un mondo accademico troppe volte arroccato sulla difesa del proprio sapere. La museologia deve essere fluida, nel rispetto della funzione originale dell’istituzione museo che è cosa diversa da un puro e semplice spazio espositivo. È questo un punto su cui riflettere e che ritengo sia imprescindibile affrontare, in una fase come questa, dal momento che le risorse nel paese sono poche, mentre tutti, e dico tutti, saremo costretti a fare i conti con nuovi modelli di gestione sia dal punto di vista dei visitatori sia da quelli dei finanziamenti.
Come?
Credo che certi modelli di gestione di spazi espositivi condizionati dai numeri e sottomessi ai dati della spesa in rapporto alle frequenze debbano essere rivisti e rinegoziati da adesso. La sostenibilità sarà una questione dirimente per un esercizio democratico della funzione e per una sana concorrenza. Quei musei che rischiano pratiche espositive e scelte su temi e autori non ‘spettacolari’ dovranno essere premiate, soprattutto se gestiti in modo sostenibile. Dobbiamo sfruttare in senso positivo cambiamenti traumatici come questi. Dobbiamo tornare a considerare la funzione originaria dell’arte e quella dei musei. Senza negare il fatto che arte e musei siano fonte di ricchezza per questo paese, un motore di sviluppo che non si limita agli addetti ai lavori, agli specialisti. Vorrei però ripetere come un mantra quanto sia necessario un cambio di prospettiva: l’arte del novecento come l’arte delle nuove generazioni è parte di quel grande patrimonio di beni storico-artistici su cui si è costruita nei secoli l’identità italiana, il nostro “Made in Italy” di cui siamo responsabili secondo i buoni principi della conservazione e della valorizzazione.
Se dovessi riaprire quali sarebbero le prime azioni che porteresti avanti?
Intanto restituiremo la possibilità di vistare le mostre e stiamo elaborando progetti speciali di accompagnamento alla visita per singoli visitatori, famiglie, gruppi ristrettissimi. Proroghiamo la mostra di Allan Kaprow fino a tutto settembre. Sarebbe stato un vero peccato non poterlo fare. Si tratta della mostra più importante realizzata in Italia e Kaprow è un maestro indiscusso del contemporaneo. Poi si potranno visitare per un paio di settimane le mostre di Elena Mazzi e di Emanuele Becheri e quella di Fabio Mauri. A luglio saremo in grado di installare alcune nuove mostre tra cui la prima in un museo italiano di Francesca Banchelli. Oltre a un sorprendente progetto filmico di due giovanissimi fiorentini, Irene Montini e Rocco Gurrieri. Infine lanceremo un progetto inedito, ARTDIARY, i visitatori potranno portare al museo foto, disegni, collage, realizzati nei giorni della quarantena. Un racconto collettivo che poi vorremmo trasformare in carta da parati da acquistare a metri. Insomma il programma che distingue il Museo Novecento che combina temi, artisti e opere del XX secolo con gli artisti emergenti del nostro tempo. E poi c’è la Collezione Permanente che non manca mai di stupire, che può essere sempre riscoperta e riletta.
Come pensi che cambierà il rapporto tra museo e spettatore?
Spero nasca un desiderio fortissimo di guardare l’arte e di sentirla come un’esperienza fondamentale per vivere meglio con se stessi e gli altri, per essere migliori e più aperti in senso cognitivo e spirituale. C’è molto da fare, tantissimo. Dobbiamo reagire con un dispendio di energia e fiducia immensa. Altrimenti perché avremmo tanto a cuore l’arte e questo lavoro.
–Santa Nastro
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