La lettera aperta degli intellettuali albanesi: perché Edi Rama ha sbagliato a demolire il teatro
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di un gruppo di artisti e intellettuali albanesi per chiedere il sostegno della comunità internazionale contro le politiche culturali del Governo Edi Rama.
La demolizione del Teatro Nazionale di Tirana lo scorso 17 maggio 2020 ha sollevato polemiche in ambito internazionale e malcontento. A poco sono valse le spiegazioni delle istituzioni (Artribune aveva intervistato il Sindaco della città albanese qui). E ora un gruppo di artisti e intellettuali mandano una lettera aperta per protestare non solo in merito a questo evento, ma in senso più lato contro le politiche del premier e artista Edi Rama. Chiedendo il sostegno della comunità artistica internazionale….
LA LETTERA APERTA
Fermate l’art-washing delle politiche di Edi Rama
Per anni abbiamo assistito al modo in cui l’ascesa al potere di Edi Rama nel suo paese ha facilitato e consentito l’impennata del suo profilo di artista sulla scena artistica internazionale, in particolare da quando è diventato Primo Ministro nel 2013. Siamo consapevoli di quanto sia attraente l’immagine di un artista-politico in un momento in cui la politica tradizionale ha grandi difficoltà a immaginare un qualsiasi futuro. L’artista-politico vende – tanto il suo lavoro quanto le sue politiche. La nostra preoccupazione è quindi che l’ascesa del profilo di Edi Rama come artista in attività sulla scena artistica internazionale, sostenuto da un certo gruppo di artisti, curatori e collezionisti, invece di attirare maggiore attenzione sulle sue politiche, paradossalmente, le abbia completamente eclissate. È giunto il momento di guardare oltre l’onnipresente discorso delle facciate dei palazzi di Tirana ridipinte da Edi Rama nel 2001 e di volgere la nostra attenzione piuttosto sulle sue attuali e recenti politiche, in particolare nel contesto della sua risposta alla pandemia del Covid-19.
LETTERA APERTA: LE POLITICHE DI EDI RAMA
Il governo di Edi Rama ha sistematicamente osteggiato la libertà di parola e di espressione. I giornalisti vengono sistematicamente attaccati – sia verbalmente che fisicamente, minacciati e ricattati, licenziati per aver denunciato casi di corruzione e criminalità organizzata, o semplicemente per aver criticato il governo Rama. I programmi televisivi sono stati improvvisamente sospesi, incluso Públicus nel 2016, proprio prima di trasmettere un’inchiesta sulla morte di Ardit Gjoklaj, un lavoratore minorenne rimasto ucciso in un incidente sul lavoro in una discarica di proprietà del governo. Inoltre, canali televisivi sono stati chiusi, l’ultimo caso riguarda Ora News TV questo mese per una presunta violazione delle misure di distanziamento sociale, ma in realtà perché si tratta dell’unica rete televisiva ancora critica nei confronti del governo. Tutte le altre principali reti di informazione sono di proprietà di uomini d’affari vicini al governo di Edi Rama. D’altra parte, il Premier comunica principalmente attraverso i social media, incluso il suo canale video ERTV su Facebook, le cui ingenti risorse finanziarie rimangono tuttora sconosciute e non verificabili.
GOVERNO RAMA: LA SITUAZIONE DELLA STAMPA
Organizzazioni di monitoraggio dei media quali il Centro Europeo per la Stampa e la Libertà dei Media (ECPMF), la Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ), l’Istituto Internazionale della Stampa (IPI), Reporter Senza Frontiere (RSF) e il Comitato per la Tutela dei Giornalisti (CPJ) hanno ripetutamente denunciato il deterioramento della libertà di stampa in Albania. La loro condanna ha raggiunto l’apice tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, quando il governo albanese ha ripetutamente cercato di far passare in parlamento il cosiddetto disegno di legge “Anti-diffamazione“, che conferisce a un’agenzia che risponde al Consiglio dei Ministri il potere di multare e persino di chiudere i media online con prove minime e senza alcuna supervisione da parte della magistratura. Circa nello stesso periodo, il parlamento albanese ha anche approvato una legge ancora più preoccupante, la cosiddetta legge “Anti-KÇK”, spianando la strada alla creazione di una struttura di polizia “d’élite” che, tra le altre cose, può effettuare intercettazioni elettroniche e perquisizioni nelle abitazioni, nonché fermare e trattenere “sospettati” senza un ordinanza del tribunale.
Mentre la violazione dei diritti umani da parte e sotto l’egida del governo di Edi Rama non è certo una novità, la creazione di un quadro giuridico per l’abolizione o la sospensione dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini albanesi da parte dell’esecutivo in toto risulta oggi particolarmente allarmante. Edi Rama ha spietatamente sfruttato quattro momenti chiave per raggiungere tale obiettivo. Vale a dire, il vuoto istituzionale e di potere creato dalla cosiddetta “riforma della giustizia” a partire dal 2016, a seguito della quale l’Albania non ha né una Corte costituzionale pienamente funzionante né una Corte Suprema funzionale; la decisione dei parlamentari dei due principali partiti di opposizione di rimetter i mandati all’inizio del 2019, lasciando l’Albania senza un parlamento funzionale; le elezioni amministrative anticostituzionali con un solo partito in gara tenutesi nel giugno del 2019, che hanno consentito al Partito Socialista di Rama di ottenere il controllo di praticamente tutti i comuni del paese; e, infine, il disastroso terremoto del 26 novembre 2019 e la pandemia del Covid-19 a seguito della quale l’Albania ha dichiarato e continua ad estendere lo stato di emergenza, più o meno legalmente, parallelamente all’attivazione di una serie di draconiane misure di sicurezza.
GOVERNO RAMA: LA VITA CULTURALE IN ALBANIA
Non dovrebbe sorprendere quindi che, in netto contrasto con la carriera artistica del suo Premier, in Albania la vita culturale sia diventata sempre più precaria. Le fonti di finanziamento per i produttori culturali indipendenti scarseggiano e tutto quello che non è finanziamento statale viene principalmente incanalato nei progetti di vanità del governo. Pertanto, mentre somme di denaro mai dichiarate sono state utilizzate per l’apertura di un centro di arte contemporanea all’interno palazzo della Presidenza del Consiglio, tutte le altre istituzioni culturali nazionali sono sistematicamente sottofinanziate e mal gestite. Anche il patrimonio culturale è sotto minaccia, in particolare il patrimonio archeologico romano e bizantino dell’Albania. Allo stesso modo, la maggior parte dei monumenti culturali di Tirana risalenti al periodo ottomano è già stato demolito per fare spazio a progetti di edilizia sostenuti dal governo, mentre è stata lanciata anche l’idea di demolire la Galleria Nazionale delle Arti, un altro punto di riferimento architettonico e parte del patrimonio culturale della capitale.
GOVERNO RAMA: LA DEMOLIZIONE DEL TEATRO NAZIONALE
La demolizione dello storico edificio del Teatro Nazionale il 17 maggio scorso, appena due giorni prima che le gravi restrizioni attivate in Albania a causa del COVID-19 fossero revocate, segna un punto di non ritorno. Costruito dal regime fascista italiano nel 1939, l’edificio è stato anche un importante promemoria del dominio comunista in Albania, avendo ospitato il primo “show trail” nel 1945. La recente demolizione del teatro giunge dopo due anni di resistenza da parte di attori, scrittori, artisti e attivisti e solo poche settimane dopo che l’edificio è stato inserito tra i sette siti del patrimonio culturale più a rischio in Europa da parte dell’Associazione Europa Nostra e dopo che la Commissione europea ha fatto appello al dialogo circa la sua conservazione. Tale azione è stata preceduta da numerosi atti incostituzionali e illegali in vari livelli dell’amministrazione pubblica, mentre erano ancora in corso un ricorso presso la Corte Costituzionale e un’inchiesta anticorruzione riguardo al trasferimento della proprietà del teatro dall’amministrazione centrale a quella locale. Gran parte del terreno pubblico su cui sorgeva il Teatro Nazionale sarà destinato ad essere trasformato in grattacieli e centri commerciali di proprietà privata, situati ovviamente sulla zona immobiliare più costosa di Tirana. Il governo ha ammesso pubblicamente di non avere il budget per ricostruire il teatro. Questo edificio, e tutto ciò che era custodito al suo interno – costumi, oggetti di scena e archivi di oltre ottant’anni di storia del teatro albanese – è stato demolito nel cuore della notte di domenica 17 maggio 2020, accompagnato da atti di gratuita violenza da parte della polizia, che ha bloccato tutte le comunicazioni elettroniche nell’area e effettuato arresti a caso.
I “valori” e i “colori” del lavoro di Edi Rama come artista, i suoi discorsi e le sue interviste sulla scena artistica internazionale e il meccanismo promozionale che circonda la sua carriera differiscono come il giorno e la notte dalle politiche che il suo regime sta attuando in Albania. Pertanto, noi sottoscritti, facciamo appello alla comunità artistica internazionale, le cui pratiche si rifanno a politiche progressiste, pratiche di lavoro etico e un critico impegno con la società civile, di rivedere il loro sostegno – e la validità e l’onestà di quell’impegno – quando si trovano a collaborare e promuovere il lavoro di un artista-politico la cui attività va contro tali impegni e che ha dimostrato di essere un oppositore di ideali progressisti, democratici e inclusivi nel proprio paese. Noi facciamo un appello di solidarietà della scena artistica internazionale nei confronti dei cittadini, degli attivisti e degli artisti albanesi, chiediamo di condannare le azioni del governo di Edi Rama e una profonda riflessione sulle implicazioni etiche e artistiche dell’esibizione e del sostegno del suo lavoro e, per estensione, delle sue politiche.
I firmatari:
Jonida Gashi, academic, cultural theorist, and co-founder of DebatikCenter of Contemporary Art, Tirana
Vincent W.J. van Gerven Oei, journalist and publisher, The Hague/Tirana/Santa Barbara
Armando Lulaj, artist and filmmaker, co-founder of DebatikCenter of Contemporary Art, Tirana
Adela Halo, public policy analyst and anti-corruption expert, researcher in 18th century history of ideas at Queen Mary’s, London
Elvis Hoxhaj, human rights activist, The Hague/Tirana
Raino Isto, editor, ARTMargins Online
Dritan Hyska, artist, Tirana/Berlin
Alketa Ramaj, artist, Tirana
Ergin Zaloshnja, artist and founder of SPUTNIK fanzine, Tirana
Pleurad Xhafa, artist and co-founder of DebatikCenter of Contemporary Art, Tirana
Wendy Morava, scriptwriter and editor, Tirana
Xheni Karaj, LGBT activist and director of Aleanca LGBT, Tirana
Eriola Pira, curator, Vera List Center for Art and Politics, The New School, New York
Sonila Meço, producer, journalist and TV anchor, Tirana
Adi Krasta, producer, journalist and TV anchor, Tirana/Prishtina
Wolfgang Staehle, artist, New York
Katerina Kolozova, Director of the Institute of Social Sciences and Humanities Skopje, Professor of Philosophy, Epistemology and Gender Studies at ISSH and University American College, Skopje
Elvira Dones, novelist and documentary filmmaker, Switzerland
Vasco Dones, journalist, Switzerland
Marco Mazzi, photographer and painter, Florence
Neritan Sejamini, editor-in-chief, Exit Albania, Tirana
Elidor Mëhilli, Associate Professor, City University of New York, New York
Silvana Toska, Assistant Professor, Davidson College, North Carolina
Adrian Paci, artist, director of Art House, Shkodër/Milan
Eni Derhemi, artist, art historian, and researcher in post-dictatorship Albanian art, Bologna/Tirana
Alice Elizabeth Taylor, journalist and media freedom activist, Tirana
Vjosa Musliu, postdoctoral fellow, Free University of Brussels, Belgium
Barbara Halla, assistant editor, Asymptote Journal, Tirana/Paris
Fatos Lubonja, writer and journalist, Tirana
Diana Malaj, writer and co-founder of activist group ATA, Kamza
Vasilika Laçi, civil rights activist and feminist, Tirana
Lori Lako, visual artist, Florence/Tirana
Besar Likmeta, editor, BIRN Albania
Gjergji Erëbara, journalist, BIRN Albania
Hana Qena, artist and co-founder of HAVEIT, Tirana
Alketa Sylaj, artist and co-founder of HAVEIT, Prishtina
Arbërore Sylaj, artist and co-founder of HAVEIT, Prishtina
Sofia Kalo, anthropologist and researcher, Chicago
Erion Gjatolli, translator, Tirana
Sonja Lau, curator and writer, Berlin
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