Un assessore leghista alla guida dei Beni Culturali in Sicilia. Intervista ad Alberto Samonà
Nominato tra le polemiche – in molti in Sicilia non hanno visto di buon occhio l’assegnazione dell’assessorato ai Beni Culturali alla Lega – Alberto Samonà si racconta in questa lunga intervista, parlandoci della sua storia, della sua visione politica, dei suoi progetti
A poche settimane dalla nomina abbiamo intervistato Alberto Samonà (Palermo, 1972), neoassessore ai Beni Culturali e all’Identità della Regione Siciliana. Una nomina arrivata tra le polemiche, scoppiate quando il governatore Nello Musumeci ha assegnato l’assessorato alla Lega: a quel punto si sono succedute contestazioni, petizioni, mobilitazioni sui social che si sono susseguite per giorni, alle quali poi si sono aggiunte quelle legate alla nomina di Samonà: con un passato di destra (negli anni Ottanta è stato dirigente palermitano del Fronte della Gioventù), una parentesi nel Movimento 5 Stelle fino all’approdo alla Lega. Giornalista e scrittore, Samonà si è raccontato in questa lunga intervista, a partire dalla sua visione politica fino allo spinoso tema del Disegno di Legge sui Beni Culturali discusso in queste ore nella Commissione Cultura della Regione Siciliana. Un’intervista diretta in cui non mancano le reticenze, con spunti interessanti sul sistema cultura in Sicilia e considerazioni che, siamo certi, alimenteranno ulteriori dibattiti.
La tua nomina ad assessore ai Beni Culturali ha suscitato molte contestazioni, sebbene numerose persone poi, anche della sinistra, abbiano accolto con plauso la notizia. Bisogna dire che le polemiche erano partite molto prima, quando il presidente della Regione Musumeci ha assegnato l’assessorato alla Lega…
Dobbiamo fare una distinzione, le polemiche erano già sorte a prescindere. Quando il presidente della Regione Musumeci ha assegnato l’assessorato ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana alla Lega, si è creato un fronte – soprattutto da parte di centri sociali, sardine e settori abbastanza individuabili e precisi ideologicamente –, una mobilitazione molto social contro questa decisione…
…Ma anche e soprattutto il mondo della cultura si era mosso contro l’assegnazione dell’assessorato alla Lega, non solo sardine e centri sociali…
…Vari ambienti, soprattutto centri sociali e sardine e alcuni esponenti del mondo della cultura. Detto questo, c’era già una mobilitazione in corso molto social che prescindeva dal nome dell’assessore. Tra l’altro erano circolati nomi anche fasulli proprio per gettare ulteriore benzina sul fuoco e in qualche modo aizzare ancora di più l’opinione pubblica nei confronti della scelta del presidente. Quando poi hanno saputo che la scelta è ricaduta su di me, da una parte consistente del mondo della cultura sono arrivati attestati di stima anche pubblici e sui social network. Nello stesso tempo, la reazione potrei definire quasi “rabbiosa” di quella parte più radicale che contestava la scelta già a monte dell’assessorato alla Lega si è fatta ancora più forte, proprio perché una parte del mondo culturale siciliano invece ha detto: “ah, se l’assessore è Samonà, allora faccio un passo indietro”. Figurati che ci sono stati casi di persone che hanno firmato la petizione online contro l’assegnazione dell’assessorato alla e Lega e che, appena saputo della mia nomina, hanno chiesto di ritirare la firma dalla petizione. La reazione è stata ancora più rabbiosa quando hanno visto che l’assessore nominato non è un veneto o un lombardo, ma un siciliano che fa il giornalista e che da tanti anni per tante ragioni si occupa di cultura.
Ma il problema non è nato perché sei giornalista e ti occupi di cultura…
Il problema è l’assegnazione dell’assessorato alla Lega.
Non solo…
Per quanto riguarda il mio passato politico, non vedo perché io debba rinnegarlo. Io vengo da una storia di destra, anche se con una parentesi nel Movimento 5 Stelle, come milioni di italiani che si erano illusi che il grillismo potesse rappresentare una novità per la politica del Paese, e che poi disillusi l’hanno abbandonato. Io non ho mai rinnegato di essere cresciuto politicamente a destra: un tempo vivaddio c’erano le scuole politiche di destra, sinistra, centro, in cui si cresceva con una struttura politico-culturale che formava le classi dirigenti del Paese. La cosa triste è che oggi sono in pochi a provenire da una formazione politica giovanile.
Data la tua solida struttura politico-culturale, in molti si chiedono: come mai Samonà è passato da un partito all’altro?
Quando sarei passato da un partito all’altro? Quando ero ragazzo facevo parte di un partito che adesso non esiste più. Poi per tanti anni mi sono occupato di politica come giornalista e cultore, rimanendo di destra strutturalmente e culturalmente. L’unica parentesi che ho fatto e che si discosta dal mio percorso è stata quella grillina, per poi ricredermi come tanti altri italiani. Ho trovato poi nella Lega un interlocutore attento ai miei valori e alla mia visione del mondo, e quindi mi è sembrato assolutamente naturale aderirvi.
In un’intervista per un giornale locale però hai detto che “la Lega non è destra”. Se “non è destra” allora tu che ci fai al suo interno?
È vero, e preciso il mio pensiero: la Lega non nasce culturalmente e politicamente a destra, ma nasce nei movimenti indipendentisti di alcune regioni italiane. Negli anni è molto cambiata, soprattutto dal 2015 quando Matteo Salvini è diventato segretario del partito. Al suo interno ci sono persone che provengono dalle aree politiche più diverse, come il senatore Bagnai che viene dal Partito Comunista, ma anche persone che provengono dalla destra e dal centro. Sicuramente la Lega oggi è il partito che nel centrodestra accoglie più consensi. Ma dire che la Lega è “di destra” è un errore terminologico e ideologico.
Quindi oggi non sei più di destra?
Io continuo a essere un uomo di destra, e mi trovo in un progetto ampio con persone che provengono da diverse esperienze e con una visione che va oltre certi schemi settecenteschi di “destra” e “sinistra”. Ma io senza dubbio ho un DNA che non è di sinistra.
DNA che intanto si è geneticamente modificato?
Il DNA è DNA. Però bisogna essere anche concreti e guardare all’esperienza dell’oggi.
Allora aveva ragione Confucio quando diceva che “chi non cambia è solo il saggio più elevato o lo sciocco più ignorante”. Insomma, è stupido solo chi non cambia mai idea… O forse no?
Aveva ragione Confucio senza dubbio. I riferimenti universali ed esistenziali restano, però allo stesso tempo le idee cambiano.
A proposito di punti di riferimento e di ideologie che non cambiano e che non hai mai negato, in molti (anche quelli che hanno accolto con plauso la tua nomina) hanno contestato certe tue esternazioni sui social con post nostalgici rivolti a Stefano delle Chiaie, mentre in un articolo pubblicato nel giornale che dirigevi hai scritto che “ogni città italiana dovrebbe avere una strada intitolata a Giorgio Almirante”…
Almirante per me è stato un grande uomo politico italiano, come lo sono stati Enrico Berlinguer, De Gasperi e altri…
E Delle Chiaie? In un post Facebook lo hai chiamato “comandante”, e Delle Chiaie è stato un esponente del neofascimo.
Non era un post di saluto nostalgico, era morta una persona che avevo conosciuto.
E lo chiami “comandante”? Il post Facebook è poi stato rimosso…
È una cosa accaduta anni fa e non ha niente a che fare con l’assessorato ai Beni Culturali. Sul tema non ho altro da dire.
Insomma, un assessore alla cultura che ha inneggiato a personaggi discutibili…
Almirante non è stato un personaggio discutibile.
Parlavamo di Delle Chiaie.
Su questo tema non ho altro da aggiungere.
Cambiamo argomento. In questi giorni in Commissione Cultura si discute un DDL sui Beni Culturali (a firma, tra gli altri, del deputato Sammartino di Italia Viva) che è stato contestato da numerosi accademici, direttori di musei, archeologi, architetti, operatori del settore e ambientalisti siciliani ma anche del resto d’Italia che ne hanno chiesto il ritiro. Tra i punti più controversi è quello che prevede il passaggio dei compiti di tutela e valorizzazione dei Beni Culturali e Paesaggistici dalle Soprintendenze all’assessorato Territorio e Ambiente e ai Comuni per snellirne la burocrazia. Nei giorni scorsi sei stato criticato perché, in una fase delicata come quella di discussione del DDL, non hai partecipato a una seduta della Commissione…
Non ero presente alla seduta perché impegnato in una riunione operativa per organizzare la riapertura ordinaria dei parchi archeologici siciliani, dopo la settimana di apertura straordinaria a ingresso gratuito. In quella occasione ho delegato un nostro funzionario, il dott. La Rocca, che ha esposto il pensiero dell’assessorato ai Beni Culturali circa il DDL in esame.
E qual è il pensiero?
Il governo regionale nella persona dell’assessore ai Beni Culturali non è interessato a emendare questo DDL perché è nato in un modo, con la firma dell’onorevole Sammartino, e ha già ricevuto centinaia di emendamenti, il che vuol dire che è un DDL che fa acqua da tutte le parti. Il governo sta preparando un disegno di legge, cui sta lavorando il Dipartimento dei Beni Culturali. Alla Commissione va il mio rispetto, ne apprezzo le buone intenzioni. A una prima lettura del DDL però avevo notato alcuni profili di criticità, ma adesso posso dire, avendolo approfondito, che è un DDL superato, che non tiene conto delle normative che intanto sono entrate in vigore a livello nazionale e regionale, non tiene conto delle disposizioni in materia di norme sui parchi, e poi lascia irrisolti quei problemi in cui si annidano i ritardi della pubblica amministrazione. Insomma, si parla di semplificazione ma in realtà si creano ulteriori lacci.
E poi c’è il tema delle Soprintendenze…
Non è possibile spogliare le Soprintendenze del proprio ruolo, che è un ruolo fondamentale: sono fatte da studiosi, da addetti ai lavori, da persone sensibili alla cultura e al paesaggio. Non si possono spostare le competenze della Soprintendenza a un Comune che poi magari approva un piano regolatore in cui può fare il bello e il cattivo tempo. Il rischio concreto sarebbe quello di dare il via libera al cemento in aree che invece dovremmo tutelare come custodi di bellezza.
Quali sono le criticità del DDL in esame?
Il DDL Sammartino sostiene di recepire la legge Franceschini, in realtà numerose associazioni (tra cui Italia Nostra e Legambiente) hanno sottolineato come un recepimento di fatto non c’è. Tra l’altro la normativa statale, in base alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, trova applicazione in ambito regionale con pieno diritto e con efficacia suppletiva. Quindi tutto quello che dice il DDL è sbagliato a monte. La Regione dal 1975 ha esercitato la sua potestà amministrativa anche in ambito settoriale, ma non ha emanato una propria disciplina organica in ambito di Beni Culturali, a eccezione di alcune riforme (1977, 1980, 2000), quindi in Sicilia trova diretta applicazione il Decreto Legislativo del 2004, il cosiddetto Codice Urbani. Il Codice Urbani non può essere disatteso, vorrebbe dire non tenere conto della normativa nazionale che è un faro, un riferimento. In Commissione, Sammartino in merito al titolo sesto del DDL – ovvero quello sulle Soprintendenze – ha detto che è stata “una provocazione”. Il sistema dei Beni Culturali non va stravolto, semmai va incrementato. Non ci sarà mai lo smantellamento delle Soprintendenze, semmai devono essere potenziate per rendere le procedure più veloci.
Come pensi di procedere per potenziare le Soprintendenze?
Un tema fondamentale in testa alla mia agenda è quello dei lavoratori dei Beni Culturali. A medio termine dovremmo risolvere la questione dei catalogatori, un piccolo esercito di lavoratori che da anni attende risposte. Un altro problema è il ricambio generazionale: molti dirigenti mi dicono che c’è carenza di personale a causa dei pensionamenti, e molte figure non vengono poi sostituite.
L’anno scorso Musumeci anticipava che ci sarebbero stati bandi per i Beni Culturali…
I bandi per il nuovo personale sono un tema di interesse del governo, ne ho già parlato con Musumeci. In tempi relativamente brevi daremo notizie.
Per i ruoli dirigenziali potrebbe essere declinata, in chiave siciliana, la linea adottata da Franceschini con i bandi internazionali per la selezione dei “superdirettori” dei musei statali?
Ne stiamo parlando, in effetti l’idea è quella di lanciare bandi europei rivolti a persone altamente qualificate, e sono previsti in un ambito anche più ampio dal 2021. I lavori sono in corso.
Oltre ai parchi archeologici, la Regione Siciliana ha anche luoghi deputati al contemporaneo. Mi viene in mente il Museo Riso di Palermo, che dovrebbe essere il punto di riferimento del contemporaneo in Sicilia ma negli ultimi anni pare abbia perso di vista questa missione…
Riso per un certo periodo è stato per i palermitani un luogo per confrontarsi con linguaggi del contemporaneo molto interessanti. Su Riso abbiamo un’idea che presto potrebbe diventare un progetto. Ne ho parlato con il presidente Musumeci e anche con il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, perché Riso non è solo palazzo ma anche museo. Io penso a un museo del contemporaneo siciliano che sia aperto ai linguaggi europei e internazionali, a un museo che rientri in un grande progetto del contemporaneo siciliano che leghi le esperienze artistiche di Palermo, della Scuola di Scicli, di Gibellina e tutte quelle realtà anche private che finora sono rimaste lontane dalle politiche culturali delle pubbliche amministrazioni. Penso a Farm Cultural Park a Favara, o alle intuizioni di Antonio Presti con la Fiumara d’Arte. Non possiamo pensare che ci siano tante isole dentro l’Isola, ma che la politica si faccia carico di legare realtà diverse tra loro che possano guardare insieme a un grande progetto del contemporaneo siciliano.
E Museo Riso, in particolare?
Dobbiamo ripensare Riso come un polo attrattivo, un luogo aperto: immagino quanto possa essere bello fare dialogare il contemporaneo con il Cassaro, con il patrimonio Unesco, pensando a un’offerta che metta insieme antico e moderno.
Hai in mente progetti mirati agli artisti del territorio?
Quando ti ho parlato del progetto su Riso e il contemporaneo, mi riferivo anche a loro: Riso può diventare quel luogo di sintesi e di ricerca degli artisti del territorio che possono avere nel museo quell’interlocutore che possa farli dialogare con l’arte internazionale. Quando mi sono insediato ho detto che vorrei ascoltare le voci di chi vive di cultura e nella cultura. Già sono partite alcune interlocuzioni con artisti siciliani che mi hanno detto: “noi ci siamo!”.
Tra le persone che ti hanno detto “noi ci siamo!”, ce ne stanno alcune tra quelle che hanno contestato l’assegnazione dell’assessorato alla Lega?
(Ride) Come sai alcune di queste persone, appena saputo della mia nomina, hanno sospeso il giudizio o comunque non hanno proseguito nella polemica. Alcune persone che in un primo momento hanno contestato l’assessorato alla Lega poi hanno detto: “beh adesso che c’è lei”…
Alle proteste che hai ricevuto hai risposto: “trasformatele in proposte”. Come sai il mondo della cultura e dell’arte gira spessissimo a sinistra…
C’è un’immagine stereotipata diffusa che vuole la cultura come una cosa di sinistra, mentre a destra ci stanno solo ignoranti. Detto ciò, la Sicilia è una terra che appartiene a tutti. E tutti siamo chiamati a consegnarla a chi verrà dopo di noi. Poi è chiaro che abbiamo tutti sensibilità e visioni diverse, ma non farò mai preferenze o preclusioni. Ti ricordo che un artista a cui sono molto legato è Pupino Samonà, ed era comunista. Del contemporaneo però non mi piacciono i cliché.
In che senso?
Senza mezzi termini dico che ci siamo rotti le scatole di una cultura che parla sempre di migranti, con tutto il rispetto per il tema. Da giornalista mi sono accorto che arte e cinema e tante altre forme d’arte trattano spesso temi che fanno molta presa popolare, e quello dei migranti è di facilissima divulgazione narrativa. Qualsiasi tema però se diventa fine a se stesso diventa anche stantio. E di temi ce ne stanno tanti.
Eh, però hai preso proprio quello dei migranti…
Sì, perché è quello più battuto e di facile presa. Non uso mezzi termini, di fare il buonista a me non importa. Mi indigna sapere di gente che viene dall’Africa e poi viene sfruttata a lavorare nei campi, vuol dire nascondersi dietro a un finto progressismo buonista, e si finge di non accorgersi che a due passi da casa tua ci sono centinaia di persone che vivono sotto i ponti o lavorano senza diritti. Quando si parla di migranti si dovrebbe parlare anche di chi ha interesse a sfruttarli. In Italia abbiamo avuto anni di lotte sindacali per ottenere diritti nel lavoro, e questa cosa è un’involuzione di cento anni. E lo dice uno che ha amici extracomunitari. Tra l’altro in Italia l’unico parlamentare di colore è della Lega, il senatore Toni Iwobi, che è stato invitato lo scorso anno a Palermo per partecipare al convegno da me organizzato “Il futuro della Sicilia si chiama identità”, portando la sua testimonianza di immigrato regolare dalla Nigeria. Al convegno abbiamo anche parlato di cosa fare per le comunità della città.
Visto che parli spesso di identità… Cos’è per te l’identità siciliana?
È il DNA di un popolo che ancora oggi testimonia la sua storia. È tutto ciò che è in Sicilia, le testimonianze delle culture che si sono sovrapposte: penso all’architettura arabo-normanna, alla tradizione bizantina, al barocco di Noto, penso alle colture, ai grani siciliani, tutte cose che ci rendono unici al mondo. L’identità siciliana passa per una specificità che allo stesso tempo è universalità.
Progetti futuri?
Dopo l’estate vorrei organizzare gli Stati Generali della Cultura, un momento di riflessione, come si faceva una volta con i luoghi di pensiero. Ma che siano anche Stati Generali dei Beni Culturali, parlandone con gli vive i Beni Culturali e con chi vive i mestieri della cultura per metterli al centro dell’azione politica amministrativa. E poi il tema del sacro, con un grande progetto che si intitolerà “Ierofanie”, che guarda alla Sicilia a 360 gradi in tutti i suoi territori, linguaggi creativi e memoria. E poi un progetto per valorizzare i borghi, mettendoli nelle condizioni di parlare con i propri linguaggi, quello delle comunità e delle piccole cose.
– Desirée Maida
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