Palazzo Odescalchi a Roma: depredato dai privati? Il caso finisce in Parlamento
Firmata dall’on. Bruno Bosso del PD, l’interrogazione parlamentare denuncia le numerose opere di Palazzo Odescalchi di interesse pubblico che da anni appaiono nelle aste internazionali e vengono esportate illegalmente. In tutta questa situazione, l’azione della Soprintendenza risulta assente.
Depauperamento della struttura, restauri selvaggi finalizzati alla vendita, smembramento delle collezioni ed esportazione illecita: sono i capi di imputazione che vedono al centro Palazzo Odescalchi di Roma, secondo un’interrogazione parlamentare firmata dall’onorevole Vincenza Bruno Bossio, deputata del Partito Democratico, che ha portato in Parlamento una lista di tutte le opere sparite dall’edificio e poi riapparse nelle aste internazionali negli ultimi anni, oltre a numerose altre frodi a danni di un patrimonio di interesse collettivo. Ma in cosa consiste il valore storico, artistico e architettonico di Palazzo Odescalchi?
LA STORIA DI PALAZZO ODESCALCHI A ROMA
La storia di Palazzo Odescalchi passa nei secoli per le più potenti famiglie romane, che intervengono gradualmente sulla sua struttura, includendo i più grandi architetti dell’epoca: l’edificio originario, rimaneggiato da Carlo Maderno, apparteneva alla famiglia Colonna, che nel 1622 lo vendette ai Ludovisi per poi riacquistarlo dopo qualche anno. A modificarlo sensibilmente con l’intervento di Gian Lorenzo Bernini, fu il cardinale Flavio Chigi, a cui il palazzo andò in usufrutto a metà del Seicento. La famiglia Odescalchi giunse il secolo successivo, tramite il principe Baldassare Odescalchi che ampliò l’edificio tramite Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli. Tuttavia, l’elemento più noto della struttura è la facciata, ideata dal Bernini, un prospetto secentesco considerato un modello del barocco. Lo stesso, fu addirittura proposto per il rifacimento del Louvre, anche se poi non fu selezionato come progetto vincitore.
IL CASO DI PALAZZO ODESCALCHI FINITO IN PARLAMENTO
Ciò che resta nascosto dalla luce del sole, però, è quello che è riposto all’interno di Palazzo Odescalchi, custode di capolavori dell’arte moderna italiana i quali non di rado sono stati ritrovati nelle aste internazionali e non solo. Un esempio è la Conversione di Saulo, tra le ultime opere di Caravaggio ad essere in mano a dei privati e tra le poche del palazzo sottoposte a vincolo (e per questo non andata dispersa). Secondo quanto riportato anche da Eco dai Palazzi, la proprietà è oggi di Giulia Odescalchi, che la gestisce assieme a Gabriele Baldini, quest’ultimo già apparso nelle cronache nel 2012 come evasore fiscale e capo della “Banda della firma digitale”, attraverso la quale era stata scippata l’azienda immobiliare all’imprenditore Dario Bozzetti. Al di là di queste sordide vicende, uno dei motivi per cui il caso di Palazzo Odescalchi è stato coinvolto in un’interrogazione parlamentare, è l’ambigua assenza della Soprintendenza, che non si è occupata di sorvegliare il patrimonio di questo luogo al pari di come accade nelle altre realtà capitoline limitrofe, come i palazzi di Colonna, Doria Pamphilj e Pallavicini. Un paradosso, per questa collezione che, seppur privata, andrebbe comunque promossa, valorizzata e aperta al pubblico.
LE OPERE DI PALAZZO ODESCALCHI CITATE NEL TESTO DELL’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE
“Premesso che: il Palazzo Odescalchi in piazza Santi Apostoli, del Bernini, cortile del Maderno con 10 colossali statue romane, è uno dei più importanti della Capitale; le preziose collezioni d’arte in esso detenute, sono rimaste, tranne qualche eccezione come il Caravaggio Conversione di Saulo sconosciute e nascoste, prive di vincolo unitario”, si legge nel testo dell’interrogazione, “da tempo diverse testate giornalistiche hanno denunciato lavori di restauro condotti in modo selvaggio, tanto da cancellare l’identità storica e contribuire alla dispersione all’estero di buona parte dei capolavori ivi custoditi sino ad oggi per 400 anni; a fianco dell’architettura della dispersione delle collezioni d’arte, vincolate e non, ci sono le opere d’arte dell’Odescalchi da anni disperse per il mondo, senza alcun controllo: 1) dipinto del monogrammista MO del 1566 Festival di corte in giardino di Villa italiana, venduto alla Trynity Fine Art, di Londra (29 Bruton Street); 2) La Resurrezione di Saturnino Gatti (1463- 1518) olio e tempera su tavola, da una camera da letto, privato dall’ingombrante cornice dorata per renderlo più agevolmente espatriabile, era in vendita da Christie’s New York, asta n. 8338 il 12 gennaio 1996 Important Old Master Paintings lotto 40; 3) Marcantonio Franceschini (1648- 1729) Scena campestre (the most important and congenial by the artist Dwight C. Miller 14 ag. 1988) disegnata da Fragonard (Londra, British Museum); 4) Gaudenzio Ferrari il Raffaello delle Alpi la Sacra Famiglia (unico quadro venduto a comparire nella denuncia di successione); 5) Vanvitelli Vedute di Tivoli e di Grottaferrata; 6) 31 taccuini di disegni della Regina Cristina di Svezia. Quello con 99 Atti Parlamentari disegni autografi di Pietro da Cortona e Ciro Ferri è stato sequestrato alla Dogana di Fiumicino dalla Guardia di finanza a seguito di tentativo di esportazione clandestina. Nel 1997 si chiuse la vicenda del taccuino di Giulia Odescalchi, essendo largamente trascorsi i termini previsti dalla legge senza che nessuno avesse intrapreso azioni per far valere il diritto alla restituzione del bene, furono assegnati all’istituto per la Grafica. Altro taccuino Odescalchi con i paesaggi di Francesco Allegrini è emerso di recente sul mercato antiquario londinese. Degli altri 29 preziosi taccuini non se ne sa più nulla; stanno per essere dispersi anche i dipinti di Lucio Massari (1569-1633) La Fede e Thamar (n. 38 inv.) e Susanna tra i vecchioni (n. 36 inv.) (tra i più grandi pittori bolognesi con sue opere ai Musei Capitolini, Uffizi e Louvre)”.
L’APPELLO DELL’ONOREVOLE BRUNO BOSSIO PER PALAZZO ODESCALCHI
L’interrogazione esposta da Bossio si conclude con la richiesta di sequestro preventivo, per tutelare un patrimonio già ampiamente vessato da una sconsiderata speculazione, come si legge, “avendo già venduto a Londra e New York diverse opere, il sequestro preventivo dei dipinti Odescalchi scongiurerebbe anche questa circostanza; tutti gli episodi relativi a palazzi e a collezioni storiche romane, scompaginando un insieme di altissimo profilo culturale e storico, infliggono un duro colpo alla cultura capitolina, quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere, alla luce dei fatti sopra esposti, a tutela del palazzo e delle importanti collezioni per scongiurare il danno irreversibile che si sta configurando sotto agli occhi di tutti da anni”.
-Giulia Ronchi
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